• Mondo
  • Venerdì 4 agosto 2017

Cosa vuol dire che ora c’è un gran giurì a indagare su Trump e la Russia

Lo ha convocato il procuratore speciale Robert Mueller, indica che si comincia a fare sul serio

(SAUL LOEB/AFP/Getty Images)
(SAUL LOEB/AFP/Getty Images)

Giovedì il Wall Street Journal ha dato la notizia che il procuratore speciale statunitense Robert Mueller ha convocato un gran giurì per indagare sulle interferenze russe nella campagna elettorale del 2016, sui presunti legami tra il comitato elettorale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il governo russo, e sulla presunta ostruzione alla giustizia del presidente Trump: è una notizia importante e che segnala una svolta per l’inchiesta. La convocazione del gran giurì, che è una giuria con poteri speciali prevista negli ordinamenti giuridici di alcuni stati, significa che l’indagine potrebbe diventare più grossa e concreta, e che d’ora in poi gli investigatori avranno a disposizione uno strumento molto potente per portarla avanti.

Di che indagine stiamo parlando?
Di quella «sulla natura di qualsiasi legame tra persone collegate al comitato elettorale di Trump e il governo russo, e sul fatto se ci sia stato un coordinamento tra il comitato e le azioni della Russia». L’indagine cominciò nell’estate del 2016, quando l’FBI cominciò a investigare sulle email trafugate al Partito Democratico americano. Da allora si è ingigantita e complicata parecchio, arrivando a coinvolgere un gran numero di persone, finché lo scorso maggio Trump ha licenziato il capo dell’FBI, James Comey. Una settimana dopo il vice procuratore generale Rod Rosenstein – che aveva l’autorità sull’indagine, visto che il suo superiore Jeff Sessions aveva deciso di non occuparsene perché coinvolto direttamente – aveva nominato Mueller come procuratore speciale per supervisionare l’indagine. Mueller è stato l’apprezzato e rispettato capo dell’FBI tra il 2001 e il 2013 e la sua nomina era stata applaudita sia dai Democratici che dai Repubblicani, in quanto super partes e autorevole. Dopo il licenziamento di Comey, e dopo la scoperta che Trump gli aveva chiesto di essergli “fedele” e di lasciar stare l’indagine, l’inchiesta di Mueller si è concentrata anche sulla possibilità che Trump abbia ostruito le indagini.

Cos’è un gran giurì?
Il gran giurì è un tipo speciale di giuria previsto negli ordinamenti giuridici di quei paesi che hanno le giurie nei processi. Consiste in una giuria “allargata”: dai 16 ai 23 membri invece che 12, sempre normali cittadini (non sono commissioni di politici, insomma). Attualmente è un organo che esiste soltanto negli Stati Uniti e in Liberia. I gran giurì vengono convocati in segreto (poi lo si scopre per vie non ufficiali, come in questo caso). Secondo il New York Times, Mueller ha deciso di utilizzare un gran giurì già esistente di un tribunale federale di Washington, e di non convocarne uno speciale.

Cosa fa un gran giurì, in concreto?
Il gran giurì può emettere dei mandati di comparizione per i testimoni e obbligare persone coinvolte nell’indagine a presentare documenti rilevanti: entrambi strumenti molto importanti per i procuratori. I gran giurì vengono anche usati dai procuratori come strumento investigativo: durante le udienze davanti al gran giurì i testimoni devono deporre senza la presenza di un avvocato. Se vogliono parlarci, devono uscire dall’aula prima di rispondere alla domanda: gli avvocati consigliano ai propri assistiti di farlo sempre, anche per le domande apparentemente più semplici. Le udienze di fronte al gran giurì durano spesso molte ore, perché i procuratori cercano di stancare i testimoni e ottenere delle contraddizioni nelle loro testimonianze. Oltre ai procuratori, anche i membri del gran giurì possono fare domande ai testimoni, diversamente da quanto accade con le normali giurie. Ai gran giurì spetta poi il compito di decidere se presentare accuse formali, concluse le indagini, che possono durare mesi e perfino anni.

Perché è una svolta importante per l’indagine?
Perché tradizionalmente quando viene convocato un gran giurì significa che le autorità che stanno conducendo l’indagine – in questo caso la squadra di Mueller – ritengono ci siano basi solide per andare avanti. In Italia questa cosa può sembrare scontata, vista la facilità con cui i pm ottengono proroghe nelle indagini e rinvii a giudizio anche in mancanza di prove particolarmente solide, ma negli Stati Uniti non è così: i procuratori vanno avanti solo se pensano che ci sia davvero la possibilità di ottenere rinvii a giudizio e condanne. Questo non vuol dire che siano imminenti o probabili accuse formali – il gran giurì segnala l’inizio e non la fine della fase importante di un’indagine – ma vuol dire che i procuratori sono convinti che possano essere trovate delle prove: se l’indagine non stesse andando da nessuna parte, non sarebbe stato convocato un gran giurì. In questo caso, scrivono i media americani, si crede che Mueller abbia fatto scoperte rilevanti per l’indagine soprattutto per quanto riguarda i legami finanziari tra il comitato di Trump e la Russia. Come scrive il Washington Post, in ogni caso, la convocazione del gran giurì era prevedibile: è il naturale sviluppo di un’indagine che ha richiesto la nomina di un procuratore speciale.

Trump potrebbe essere chiamato a testimoniare?
Sì, ed è già successo: nel 1975 con Richard Nixon – anche se si era dimesso l’anno precedente – nell’inchiesta Watergate, e nel 1994 con Bill Clinton nell’inchiesta Whitewater.

E può fare qualcosa per opporsi?
Sia il Washington Post sia il New York Times hanno scritto che l’amministrazione Trump sta cercando “scheletri nell’armadio” su Mueller per screditare lui e la sua indagine. Trump potrebbe anche licenziare Mueller, o comunque provarci: ma è opinione condivisa tra giornalisti e osservatori che facendolo si metterebbe in un guaio ancora peggiore, soprattutto dopo che ha già licenziato Comey. Soprattutto non potrebbe farlo direttamente: Mueller risponde a Rosenstein, visto che Sessions ha deciso di non occuparsi dell’indagine.

Questo significa che, come ha detto lo stesso Rosenstein, è solo lui a poterlo licenziare: ma ha specificato che non lo farà senza una buona causa. Trump, per sbarazzarsi di Mueller, dovrebbe prima licenziare Rosenstein, o costringerlo alle dimissioni: a quel punto la decisione su Mueller passerebbe a Rachel Brand, la terza carica nel Dipartimento di Giustizia. E così via, finché non arriva un dirigente del Dipartimento disposto a licenziare Mueller. Ma un’operazione del genere sarebbe spregiudicata anche per un’amministrazione spregiudicata come quella Trump, e avrebbe costi enormi in termini di immagine pubblica. Senza contare che il Congresso sta lavorando a una legge che prevede che un’eventuale rimozione di un procuratore speciale – Mueller e chi dovesse venire dopo di lui – richieda un passaggio parlamentare.