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  • Giovedì 27 luglio 2017

La storia di un ragazzo di 16 anni minacciato su Facebook per aver ucciso una balena

Per la sua comunità – 700 persone che vivono su un'isola dell'Alaska, e cacciano per sussistenza – è considerata una grande impresa, per alcuni ambientalisti è «omicidio»

Il post su Facebook (poi cancellato) dell'ambientalista Paul Watson contro Chris Apassingok
Il post su Facebook (poi cancellato) dell'ambientalista Paul Watson contro Chris Apassingok

Lo scorso 17 aprile nel piccolo paese di Gambell, in Alaska, un ragazzo di 16 anni ha ucciso la sua prima balena. Dopo che i giornali locali hanno raccontato in termini positivi il suo successo di cacciatore, un gran numero di insulti e minacce hanno cominciato ad arrivargli da varie parti del mondo attraverso Facebook. Tutto è cominciato da un post molto critico e offensivo del famoso attivista ambientalista canadese Paul Watson, che iniziava con la frase «Ma che cazzo, tu piccolo bastardo assassino sedicenne!». Per Watson le balene non dovrebbero essere uccise per nessun motivo, nemmeno quando vengono cacciate nel rispetto delle regole internazionali e per valide ragioni, come è successo in questo caso. La sua opinione è tenuta in gran conto da molte persone in tutto il mondo e per questo in tanti, dopo aver letto il suo post, si sono sentiti motivati a scrivere al ragazzo e alla sua famiglia con toni molto minacciosi e aggressivi. Tutta la storia è stata raccontata di recente da Julia O’Malley sulla rivista High Country News.

Il ragazzo che ha ucciso la balena si chiama Chris Apassingok e il suo paese è molto isolato dal resto degli Stati Uniti: Gambell si trova sull’estremità settentrionale dell’isola di San Lorenzo, nel mare di Bering, più vicino alla costa russa che a quella americana. La comunità di Gambell, che è formata da persone di etnia Yupik (insieme agli Inuit sono quelli che vengono comunemente chiamati eschimesi), fa grande affidamento sulla caccia per il proprio sostentamento dato che è molto difficile far arrivare da quelle parti cibo e altri prodotti dall’Alaska continentale: nell’emporio del paese il cibo costa fino a tre volte di più di quanto costi ad Anchorage, la più grande città dello stato, e a volte gli scaffali sono vuoti perché i prodotti finiscono prima che arrivino i rifornimenti; l’acqua minerale costa più delle bibite.

Gli animali che vengono cacciati di più sono foche e trichechi, ma durante la stagione delle migrazioni è legale cacciare anche le balena della Groenlandia (Balaena mysticetus). La caccia alle balene fatta dalla popolazione di Gambell (che conta circa settecento abitanti) e dalle comunità vicine non è caccia a scopi commerciali, ma di sussistenza: la carne e gli altri prodotti ottenuti dai corpi delle balene non vengono venduti ma condivisi tra i membri della comunità. La carne di balena è mangiata bollita, arrosto, cruda e congelata.

Con l’articolo di O’Malley sono state pubblicate le fotografie di Ash Adams. In questa si vede Chris Apassingok, il cui nome Yupik è Agragiiq, con il suo arpione, fuori da casa sua:

Le comunità native dell’Alaska cacciano la balene della Groenlandia da duemila anni. A causa della caccia intensiva praticata dalle baleniere russe e americane, tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la popolazione delle balene fu decimata, ma oggi il numero di questi animali è tornato a crescere: nel 2015 la National Oceanic and Atmospheric Administration, l’agenzia federale statunitense che si occupa di meteorologia, ha stimato che ce ne fossero 16mila, cioè tre volte quante ce n’erano nel 1985. I cacciatori di Gambell e del resto dell’Alaska sono tenuti a rispettare le quote stabilite dalla Commissione internazionale per la caccia alle balene (IWC) e in un anno possono uccidere circa cinquanta balene. Le quote dell’IWC vengono fatte rispettare dall’Alaska Eskimo Whaling Commission (AEWC), che rappresenta i cacciatori Inuit e Yupik. La sottoquota di Gambell per la stagione primaverile è di otto balene e quella uccisa da Apassingok era la seconda della stagione, ragione per cui la sua uccisione era del tutto legittima.

La balena uccisa da Apassingok era un esemplare femmina, era lunga diciassette metri, pesava circa 50 tonnellate e aveva più di cento anni. Tecnicamente non è stato lui a ucciderla, almeno non da solo: la caccia alla balena avviene in gruppo e spesso partecipa più di una barca. Nel caso della balena uccisa il 17 aprile, Apassingok è stato il primo cacciatore a colpirla, ma l’animale è stato abbattuto grazie alla collaborazione tra lui e suo padre e un gruppo di cacciatori che si trovavano su altre barche. Apassingok ha raccontato la battuta di caccia così: «Le ragazze che si trovavano sulla spiaggia hanno visto una balena e hanno pensato che ce ne fossero due. Siamo usciti in mare e l’abbiamo inseguita per un’ora e mezzo, direi. Avrebbero potuto prenderla le altre barche, ma non si è mai avvicinata abbastanza da essere colpita. Alla fine è arrivata proprio davanti a noi e l’ho colpita». Secondo la sua famiglia, Chris Apassingok ha molto talento come cacciatore e la comunità di Gambell è molto fiera di lui: il ragazzo ha imparato a sparare con il fucile a cinque anni e ha cominciato ad allenarsi per la caccia alle balene a undici.

Ciò che resta della carcassa della balena uccisa da Chris Apassingok:

Pochi giorni dopo l’uccisione della balena, la storia della caccia di Apassingok è stata raccontata da una radio di Nome, un centro abitato più grande sulla costa dell’Alaska, e poi è stata ripresa dall’Alaska Dispatch News, il più grande quotidiano locale dello stato. In questo modo la storia è arrivata a Paul Watson. Per capire le sue idee e la sua influenza tra gli ambientalisti bisogna sapere che Watson fu tra i fondatori di Greenpeace ma lasciò l’organizzazione perché era contrario ai suoi metodi non violenti. Nel 1977 fondò un’altra organizzazione ambientalista per la difesa degli animali marini, la Sea Shepherd Conservation Society, che da allora conduce attacchi e sabotaggi contro le imbarcazioni che cacciano balene, ad esempio. Grazie alle azioni di Sea Shepherd, nel 2014 la Corte internazionale di giustizia ha ordinato al Giappone di interrompere la caccia alla balena nel mare Antartico, che veniva fatta dicendo che fosse per scopi scientifici. Watson e la sua organizzazione sono molto famosi anche perché il canale televisivo americano Animal Planet ha dedicato ai loro scontri con i balenieri giapponesi il reality Whale Wars (2008-2015). La pagina di Watson su Facebook è seguita da più di 700mila persone.

Watson ha raccontato la storia della caccia di Apassingok il 24 aprile scrivendo: «Un ragazzo di 16 anni viene considerato un cazzo di “eroe” per aver spento la vita di questo essere vivente unico, un essere cosciente di sé, intelligente e sociale, ma, ehi, è okay perché uccidere le balene fa parte della sua cultura, della sua tradizione. A me non frega nulla della cazzo della storia politicamente corretta secondo cui alcuni gruppi di persone avrebbero il “diritto” di uccidere una balena». Dopo il post di Watson moltissime persone hanno scritto messaggi privati ad Apassingok, insultandolo e augurandogli di morire; in un giorno ne sono arrivati più di quattrocento, dal resto degli Stati Uniti e dall’Europa. Uno dei messaggi augurava la morte all’intera comunità di Gambell. Sei settimane dopo l’uccisione della balena Apassingok ha smesso di andare a scuola perché i messaggi continuavano ad arrivare.

Una casa di Gambell:

Ragazzi di Gambell che giocano a basket:

Successivamente altre persone si sono messe a difendere Apassingok, sia scrivendo commenti sotto il post di Watson, sia con messaggi privati di sostegno al ragazzo. L’Alaska Eskimo Whaling Commission ha segnalato a Facebook il post di Watson, che alla fine è stato cancellato. Watson ha scritto quindi un nuovo post, rifiutandosi di chiedere scusa ad Apassingok: «Questa è stata la mia opinione per 50 anni e continuerà a esserlo». La giornalista Julia O’Malley ha chiesto a Watson e a Sea Shepherd un’intervista su tutta la storia per l’articolo uscito di recente, ma l’organizzazione ha rifiutato la richiesta, dicendo semplicemente: «Paul Watson non ha incoraggiato né chiesto a nessuno di minacciare qualcun altro. Anche Paul Watson riceve numerose minacce di morte e messaggi d’odio. La nostra opinione è che l’uccisione di ogni cetaceo senziente e intelligente sia equivalente all’omicidio».

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