È morto Paolo Villaggio
Aveva 84 anni ed era stato moltissime cose, anche se tutti ne ricordano soprattutto una
Questa mattina è morto a Roma Paolo Villaggio, uno dei più popolari e apprezzati attori e comici italiani. Nato a Genova il 30 dicembre 1932, Villaggio aveva 84 anni ed era ricoverato da qualche giorno, probabilmente a causa del suo diabete. Villaggio è stato attore di decine di film – non solo quelli in cui ha interpretato Ugo Fantozzi e non solo film comici – ma anche sceneggiatore, scrittore e autore di alcune canzoni: aveva recitato per Federico Fellini e scritto testi per Fabrizio De André, tra le altre cose.
Villaggio aveva studiato al classico e aveva poi iniziato la facoltà di Giurisprudenza di Genova, senza mai laurearsi. A metà degli anni Cinquanta si unì alla Compagnia goliardica Mario Baistrocchi, una compagnia teatrale di Genova, e negli anni successivi si esibì in alcuni famosi cabaret: per esempio al “Sette per otto” di Roma o al Derby Club di Milano. Verso la fine degli anni Cinquanta, Villaggio sposò Maura Albites, insieme alla quale ha avuto due figli: Elisabetta e Pierfrancesco.
Negli anni Sessanta fece il suo debutto in radio, in “Il sabato del Villaggio”, in cui – basandosi su esperienze precedenti durante un suo lavoro da impiegato –parlò per le prime volte di un personaggio simile a quello che sarebbe poi diventato Ugo Fantozzi. La sua prima volta in tv fu nel 1968, nel programma “Quelli della domenica”. Il suo primo film al cinema fu Eat It!, del 1969. L’anno successivo recitò in Brancaleone alle Crociate di Mario Monicelli.
Ugo Fantozzi
Paolo Villaggio era famoso soprattutto per il personaggio di Ugo Fantozzi, un goffo e sfortunatissimo ragioniere dalla vita mediocre al quale capitava ogni genere di disgrazia e umiliazione, da lui creato prima per articoli e libri satirici e poi diventato il protagonista di una serie di dieci film e il simbolo della sua comicità grottesca; ma aveva avuto anche ruoli drammatici in film di registi importanti come Mario Monicelli, Ermanno Olmi e Federico Fellini, per il quale recitò in La voce della Luna, insieme a Roberto Benigni. Nel 1992 aveva ricevuto il Leone d’oro alla carriera al festival del cinema di Venezia.
Le prime storie su Ugo Fantozzi furono raccontate da Villaggio in alcuni monologhi comici i cui testi furono poi pubblicati sulla rivista L’Europeo; quei testi diventarono nel 1971 un primo libro, Fantozzi, che vendette oltre un milione di copie. Ci furono degli altri libri della serie, mentre il primo film, Fantozzi, uscì nel 1975. Un anno dopo uscì Il secondo tragico Fantozzi, anche questo diretto da Luciano Salce. I due film di Salce sono considerati i migliori e per l’epoca anche i più completi e innovativi: il personaggio del ragionier Fantozzi era particolarmente attuale – un uomo medio continuamente vessato dalla vita, dalla società e dai colleghi, consapevole dell’essere continuamente sopraffatto, i cui tentativi di riscatto falliscono inesorabilmente – e Villaggio utilizzò registri molto diversi, giocando sia con la lingua (le storpiature del cognome di Fantozzi e delle coniugazioni verbali) che con il corpo, e usando una serie di frasi ed espressioni destinate a entrare nella cultura popolare italiana.
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Su Internazionale c’è un estratto del saggio “Diventare Fantozzi”, scritto da Claudio Giunta e contenuto nel libro del 2013 Una sterminata domenica. Saggi sul paese che amo. Parla della lingua di Fantozzi, diventata poi anche un piccolo pezzo di lingua italiana:
Merdaccia, coglionazzo, vadi, venghi, dichi, fogna di Calcutta, puccettone, salivazione azzerata, mani due spugne, fronte imperlata di sudore, la poltrona in pelle umana, la nuvola da impiegato, il direttore galattico, il megadirettore naturale, il Dir. Gen. Lup. Mann. Gran Farabut: tutto questo lessico della disperazione e del sopruso, il lessico usato e subito da chi sopravvive non solo ai piani bassi dell’organigramma aziendale ma ai piani bassi della vita, è diventato ormai – e stabilmente – lessico famigliare degli italiani, quasi senza distinzioni di ceto, istruzione, provenienza geografica.
Intervistato da Repubblica, Villaggio spiegò come era nato il personaggio di Fantozzi:
Lavorai per alcuni anni come impiegato all’Italsider di Genova. Impiegato per modo di dire: non si faceva un cazzo. Meraviglia assoluta. Una gara a chi produceva di meno. C’era gente, durante l’anno, che si chiudeva per ore nel cesso a leggere La Gazzetta dello Sport. In agosto, un caldo ripugnante, alcuni di noi fuggivano per i cornicioni, andando al mare. L’archivio era il nostro dormitorio. Impiegati che si pigiamavano. L’archivista Poggio aveva la funzione del cane da guardia. Tutti dormivano: non per stanchezza, ma per noia. In questo clima nacque Fantozzi, il vicino di scrivania. L’uomo in grado di attrarre su di sé le peggiori sventure.
Villaggio e De André
Villaggio fu amico fraterno di Fabrizio De André. Erano entrambi genovesi – anche se De André fu gran tifoso del Genoa e Villaggio della Sampdoria – e si conobbero giovanissimi, negli anni dopo la Seconda guerra mondiale: lavorarono come intrattenitori sulle navi della Costa Crociere e, più avanti, Villaggio scrisse per De André i testi di “Il fannullone” e “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers”.
Villaggio disse, del suo rapporto con De André: «Facevamo una vita dissennata, andavamo a caccia di amici terribili». De André disse di lui:
L’ho incontrato per la prima volta a Pocol, sopra Cortina; io ero un ragazzino incazzato che parlava sporco; gli piacevo perché ero tormentato, inquieto ed egli lo era altrettanto, solo che era più controllato, forse perché era più grande di me e allora subito si investì della parte del fratello maggiore e mi diceva: “Guarda, tu le parolacce non le devi dire, tu dici le parolacce per essere al centro dell’attenzione, sei uno stronzo”.
Fracchia e il professor Kranz
Villaggio è famoso anche per questi due personaggi. Il personaggio di Fracchia comparve per la prima volta nel 1968 in Quelli della domenica e di lui Villaggio disse: «C’era uno che si chiamava Fracchia, Giandomenico Fracchia. Ed era un nevrotico, uno che di fronte ad una ragazza che gli piaceva non riusciva a spiccicar parola, e di fronte al capufficio si cagava addosso. Ed è una malattia molto comune, cioè un eccesso di paura, di timidezza». Fracchia è single, lavora in un’azienda che produce merendine, ha un direttore che lo tratta malissimo, e ha un sosia, il criminale – tutto il contrario di lui – La belva umana. Oltre che in vari sketch comici, Fracchia è stato protagonista di due film: Fracchia la belva umana e Fracchia contro Dracula, degli anni Ottanta.
Un altro noto personaggio di Villaggio è il professor Otto von Kranz: Villaggio lo pensò e interpretò ancor prima di Fracchia e Fantozzi: è un prestigiatore piuttosto scarso, con marcato accento tedesco che coinvolge il pubblico in giochi di magia per nulla complicati e con un tono esageratamente autoritario. Anche il professor Kranz si vide per la prima volta in Quelli della domenica. La sua frase più nota, da leggere con accento tedesco è :«Chi viene voi adesso?».
Villaggio al cinema, quando non faceva Fantozzi
Finiti tutti i Fantozzi e tutti i video di Villaggio su YouTube, ci sono molti altri interessanti suoi film da vedere: Che c’entriamo noi con la rivoluzione?, un western di Sergio Corbucci; Sistemo l’America e torno di Nanni Loy e Cari fottutissimi amici, un film di Mario Monicelli in cui interpretò il capo di una compagnia itinerante di pugili che gira la Toscana del 1944. Il suo film più notevole è però considerato La voce della Luna.
Hanno detto di lui
Nel 2015, Goffredo Fofi scrisse sull’Avvenire che «quello di Fantozzi è uno dei pochi personaggi comici inventato dal cinema e non solo dal cinema negli ultimi decenni», dicendo che poteva essere assimilato a personaggio «come Charlot, come Buster, come Stanlio e Ollio». Fofi scrisse che «Fantozzi era l’invenzione di un misantropo intelligente che sapeva di appartenere anche lui alla famiglia umana di cui detesta i limiti e i riti» e che per creare il personaggio Villaggio prese «qualcosa da Paperino, qualcosa dai personaggi più spinti di Sordi e da quelli di Peppino De Filippo, ma ne ha fatto un personaggio nuovo». Il critico Paolo Mereghetti scrisse: «Fantozzi, come la maggioranza dell’umanità, non ha talento. E lo sa. Non si batte né per vincere né per perdere ma per sopravvivere. E questo gli permette di essere indistruttibile. La gente lo vede, ci si riconosce, ne ride, si sente meglio e continua a comportarsi come Fantozzi». Villaggio disse, più sinteticamente, che «Fantozzi è il prototipo del tapino, la quintessenza della nullità».
Villaggio su se stesso
Un estratto di una sua recente intervista, ad aprile, con Malcom Pagani del Messaggero:
Ma pensa sia ingiusto che non la chiamino più a recitare?
«Non lo penso e non ho nessuna voglia di lamentarmi. È così noioso, il lamento. Così deprimente. Così inutile. La vita ha i suoi tempi e così anche il cinema».L’età anagrafica è una fregatura?
«Può giurarci, può scommetterci».E la vecchiaia?
«È un crepuscolo. Un tramonto. Una luce che si rabbuia all’improvviso».Le dispiace?
«Non brindo. Mi salva l’ironia. Mi salva la ferocia. Mi salva il cinismo. Doti che mi aiutavano ai tempi in cui lavoravo sulle navi da crociera con De André e che mi salvano ancora oggi».