Ci siamo persi pure la Pixar?
Ha fatto e ha in programma diversi sequel, e sembra aver finito un po' le idee: secondo l'Atlantic è cominciato tutto quando l'ha comprata Disney
A settembre uscirà in Italia Cars 3, il prossimo film della Pixar, la più importante e apprezzata casa di produzione di film di animazione al mondo, di proprietà di Disney. Come ha scritto Christopher Orr sull’Atlantic «potreste ricordarvi che il primo, uscito nel 2006, fu giudicato il peggiore fatto fino a quel momento dalla Pixar» – il cui primo film fu Toy Story, del 1995 – e che «Cars 2, uscito cinque anni dopo fu giudicato persino peggiore». Tim Grierson e Will Leitch di Vulture hanno scritto che «il film mostra che nemmeno la Pixar può superare il problema di fondo dei sequel: puoi fare tutto più grande, ma raramente riesci a replicare quello che nell’originale era nuovo e affascinante». Nel caso di Cars 2 e Cars 3 l’originale era sì «nuovo e affascinante», ma di certo meno di altri film del periodo d’oro della Pixar, che secondo Orr è iniziato con Toy Story ed è andato avanti fino a WALL•E, Up e, forse, Toy Story 3, che sempre secondo Orr «è sì un sequel, ma è un grande sequel», pensato come giusta conclusione di una ragionata trilogia. Il fatto è che ora la Pixar sta facendo molti sequel. Troppi, secondo Orr: oltre a Cars 3 ha da poco realizzato Alla ricerca di Dory (cioè “Alla ricerca di Nemo 2”) e nei prossimi due anni farà anche Gli incredibili 2 e Toy Story 4. Da qui al 2019 l’unico film nuovo-nuovo della Pixar sarà infatti Coco, che uscirà a fine anno.
La tesi di Orr, in breve, è: la Pixar non ha più la grande fantasia che le aveva permesso di fare film innovativi e apprezzatissimi perché, tra le altre cose, proponevano sempre qualcosa di nuovo. È diventata pigra e si sta accontentando di vivere sfruttando i successi passati, adattandosi alla moda generale di riprendere, proseguire, citare vecchi film e fare saghe cinematografiche. Nel frattempo ci sono altre società che fanno film d’animazione che stanno guadagnando terreno: come Laika, che ha fatto Coraline e la porta magica e Kubo e la spada magica (in entrambi i casi “magica” è stato aggiunto nella traduzione italiana), e soprattutto come i Walt Disney Animation Studios, che hanno infilato una serie di successi tra cui Frozen, Big Hero 6, Zootropolis e Oceania. C’entra anche il fatto che dal 2006 la Pixar sia diventata della Disney: ora ci arriviamo.
Il successo della Pixar è stato costruito sull’originalità delle storie e, scrive Orr, sul fatto che parlassero spesso dell’essere genitori – «veri come in Alla Ricerca di Nemo e in Gli incredibili o impliciti come in Monsters & Co. e Up» – e che lo facessero raccontando due storie in una: «una rivolta ai bambini e una più moralmente complessa per gli adulti». E fin qui ci siamo. Orr ha però anche aggiunto che la Pixar è diventata così grande e apprezzata anche perché ha evitato di fare sequel, e per dimostrarlo ha citato un aneddoto, raccontato nel 2014 da Ed Catmull, uno dei fondatori della Pixar. Catmull spiegò che dopo il successo di Toy Story la Disney – che allora distribuiva i film della Pixar – propose di fare subito un sequel, uno di quelli da non far passare nei cinema ma da mandare direttamente in videocassetta, come si faceva allora e come la Disney aveva fatto per film come La sirenetta e Il re leone. La Pixar disse no, e il seguito di Toy Story lo fece uscire quattro anni dopo nei cinema, dopo averci dedicato molto tempo. Catmull parlò di quella scelta come del «momento in cui nacque la vera identità della Pixar». Sempre nel 2014 Catmull scrisse anche che i sequel sono «una specie di bancarotta della creatività», e che se la Pixar si fosse messa a fare solo sequel sarebbe «appassita e poi morta».
Nel 2006 – poco prima che finisse il periodo d’oro della Pixar – la Disney comprò la Pixar (pagandola oltre 7 miliardi di dollari e diventandone proprietaria, non solo società di distribuzione) e Catmull diventò presidente della nuova divisione della Disney dedicata ai film d’animazione, che comprendeva anche la Pixar. Allo stesso tempo John Lasseter, che aveva avuto un grande ruolo nella Pixar, divenne direttore creativo della Disney. Il periodo d’oro della Pixar, quindi, è finito (e quello della Disney è iniziato) un paio d’anni dopo che la Disney comprasse la Pixar, dando importanti ruoli a Catmull e Lasseter, che erano stati determinanti nel successo della Pixar.
L’idea di Orr è quindi che Lasseter e Catmull debbano distribuire il proprio tempo e le proprie idee tra Pixar e Disney, e che non c’è da stupirsi se la Disney ha avuto la precedenza. Come spiegò anche Nicole Laporte su Fast Company, «Lasseter e Catmull ristrutturarono il modo in cui la Disney Animation funzionava, aprendo nuovi canali comunicativi, dando più poteri ai registi» e creando un gruppo di registi, scrittori e illustratori di fiducia, simile a quello molto noto da loro creato alla Pixar, conosciuto come Braintrust (“gruppo di consulenti”). Un gruppo di poche persone esperte e creative, a cui affidare la maggior parte delle decisioni.
Secondo Orr, l’acquisizione da parte della Disney ha costretto la Pixar a pensare di più ai soldi. Fa due esempi: i DisneyToon Studios (una delle tante divisioni Disney, quella che tra le altre cose faceva i sequel che non passavano al cinema, come Il re leone II – Il regno di Simba) nel 2013 e nel 2014 hanno prodotto Planes e Planes 2 – Missione antincendio, due spin-off di Cars. Due film che Orr ha definito «senza pudore, derivativi e acchiappa soldi». Orr ha anche parlato di giocattoli, parchi a tema e merchindising di vario tipo: «Quando diventi una parte del più grande conglomerato dell’intrattenimento nella storia del mondo, le opportunità commerciali aumentano in modo esponenziale». A proposito di parchi a tema, Orr ha scritto che un’attrazione su un film di 10 anni prima rischia di essere vecchia e quasi incomprensibile per un bambino magari di otto anni, motivo per cui conviene fare sequel, per rinfrescare la memoria a tutti.
Orr dice poi che «la Pixar ha promesso che dopo questa serie di sequel si dedicherà a film originali», ma che secondo lui i film migliori della Pixar – Up e WALL•E – lo sono anche perché si prestano poco ad avere dei sequel, in quanto pensati come storie a sé e non come inizio di saghe. Finisce il suo articolo scrivendo che «sono film inadatti ad avere un’attrazione dedicata in un parco a tema» e chiedendo: «la Pixar si impegnerà mai per fare di nuovo film così?».
Se però preferite continuare a sperare, è pur sempre vero che giusto un paio d’anni fa la Pixar ha fatto Inside Out, che ha vinto l’Oscar come Miglior film d’animazione, che è stato generalmente molto apprezzato. Tim Grierson e Will Leitch di Vulture hanno scritto che «è il più intelligente e il più emozionalmente puro film Pixar degli ultimi anni, e offre molti momenti d’apprendimento sia ai figli che ai genitori». Nella sua analisi Orr ne ha parlato molto di sfuggita, dicendo però che subito dopo è uscito Il viaggio di Arlo, un film decisamente inferiore, anche se non un sequel.