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  • Martedì 16 maggio 2017

C’è un’altra accusa pesantissima contro Trump

Secondo il New York Times, a febbraio avrebbe chiesto all'allora capo dell'FBI di abbandonare l'indagine sui rapporti tra il suo consigliere Michael Flynn e la Russia

Donald Trump e Michael Flynn. (Alex Wong/Getty Images)
Donald Trump e Michael Flynn. (Alex Wong/Getty Images)

Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, ora è accusato anche di aver chiesto al capo dell’FBI di chiudere l’inchiesta federale in corso su Michael Flynn. Questa accusa è arrivata al termine di una giornata già complicatissima per la sua amministrazione, durante la quale Trump era stato accusato di aver rivelato alla Russia informazioni altamente riservate che gli erano state fornite da Israele, con conseguenze potenzialmente molto gravi. La Casa Bianca aveva inizialmente negato quanto raccontato dai giornali ma poi Trump lo ha ammesso.

Michael Flynn è un ex generale, amico personale e stretto collaboratore che Trump aveva scelto come consigliere per la sicurezza nazionale subito dopo il suo insediamento, nonostante certe sue idee estremiste e nonostante lo stesso ex presidente Barack Obama lo avesse invitato informalmente a evitare. Flynn si era dimesso quando i giornali americani avevano scoperto suoi incontri e telefonate con l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, su cui aveva mentito proprio all’FBI e al vicepresidente Mike Pence, e suoi rapporti personali e commerciali mai dichiarati col governo russo e quello turco. Secondo il New York Times, che dice di aver letto un documento scritto da James Comey, l’ex capo dell’FBI licenziato la settimana scorsa, Trump a febbraio ha chiesto a Comey di chiudere l’inchiesta su Flynn. Il New York Times non ha visto il documento, che è stato letto al telefono a un giornalista da una fonte vicina a Comey; altre testate americane, consultando altre loro fonti, hanno confermato l’esistenza e il contenuto del documento.

Comey avrebbe scritto il documento il 14 febbraio per tenere traccia di quanto Trump gli aveva detto durante un incontro nello Studio Ovale. Stando al documento, Trump ha detto a Comey: «Spero che tu possa lasciar perdere questa cosa, e liberare Flynn. È un brav’uomo. Spero che tu possa lasciar perdere». Secondo una fonte di CNN, che dice di avere una copia dello stesso documento, poco prima di fare la sua richiesta Trump aveva chiesto al vicepresidente Mike Pence e al procuratore generale Jeff Sessions di lasciare la stanza. La Casa Bianca ha negato la ricostruzione del documento pubblicata dal New York Times, spiegando che Trump «non ha mai chiesto a Comey o ad altre persone di abbandonare un’indagine».

Comey è stato licenziato da Trump quattro giorni fa, in un altro gesto senza precedenti e che gli aveva attirato molte accuse di voler manipolare o interferire con le indagini in corso sul ruolo della Russia in campagna elettorale e la presunta collaborazione tra il suo comitato elettorale e il governo russo. Dopo il controverso licenziamento i giornali avevano raccontato di una cena dello scorso gennaio durante la quale Trump aveva chiesto «fedeltà» a Comey, che aveva risposto di potergli promettere soltanto «onestà». Trump allora aveva scritto su Twitter una specie di minaccia, alludendo alla possibilità che potesse aver registrato i suoi incontri con Comey. Era Comey, invece, a tenere traccia dei loro incontri, e in modo legale.

Secondo il New York Times, infatti, da quella cena Comey avrebbe scritto diversi documenti del genere: tutte le volte che secondo lui il presidente Trump si sarebbe comportato in maniera “inappropriata”, avrebbe trascritto le loro conversazioni. Documenti di questo genere scritti da agenti dell’FBI sono ampiamente usati in sede processuale negli Stati Uniti e considerati prove affidabili dell’esistenza e del contenuto di incontri e conversazioni.

Il 14 febbraio, il giorno della richiesta di Trump, non è casuale: è il giorno successivo alle dimissioni di Flynn da consigliere per la sicurezza nazionale, arrivate solo dopo che la storia sui suoi incontri con l’ambasciatore russo era venuta fuori sui giornali, quando in realtà la Casa Bianca era stata allertata dall’FBI e dal dipartimento della Giustizia due settimane prima sul fatto che Flynn fosse ricattabile dai russi. Flynn è sotto indagine per aver parlato al telefono con l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergey Kislyak, discutendo con lui le sanzioni contro la Russia prima che Trump si insediasse da presidente, di aver nascosto quelle telefonate all’FBI e a Mike Pence, di aver ricevuto – senza dichiararli, come avrebbe dovuto – un pagamento in denaro da RT, una televisione controllata dal governo russo, e un incarico di lobbying per conto del governo turco.

L’inchiesta su Flynn è separata dall’indagine sull’interferenza russa nella campagna elettorale e la presunta collaborazione tra il comitato elettorale di Trump e il governo russo; è andata avanti in questi mesi e ha portato già all’emissione di alcuni mandati di comparizione da parte di un tribunale federale in Virginia. Sapremo presto più cose sulle trascrizioni di Comey e sul loro contenuto: sia la commissione intelligence della Camera dei deputati che quella che supervisiona le attività del governo hanno detto di essere pronte ad acquisire i documenti. Jason Chaffetz, deputato Repubblicano a capo della commissione sulla supervisione delle attività del governo, ha già chiesto formalmente all’FBI di trasmettere alla Camera tutti i documenti che riguardano le conversazioni tra Trump e Comey.

A differenza del passato, diversi parlamentari Repubblicani stavolta hanno usato toni duri per commentare le accuse contro Trump, sottolineando che devono essere ancora confermate, ma che se confermate sarebbero molto gravi. Il tentativo di un presidente in carica di ostacolare un’indagine in corso – per di più così delicata – è senza precedenti nella storia moderna degli Stati Uniti: e qualcuno sta già parlando del fatto che il primo capo di accusa della procedura di impeachment contro l’allora presidente americano Richard Nixon riguardava proprio l’avere ostruito una indagine in corso (quella nei confronti suoi e delle persone che erano entrate illegalmente nella sede del partito Democratico durante la campagna elettorale del 1972: l’inizio del caso Watergate).

I Democratici invece stanno cominciando a parlare di impeachment, cioè il processo legale con cui si può teoricamente deporre un presidente degli Stati Uniti, ma rimane una prospettiva remotissima. Mai nella storia degli Stati Uniti un presidente è stato rimosso con la procedura di impeachment e mai la procedura è anche solo cominciata quando il Congresso era controllato dallo stesso partito del presidente. La procedura richiede un voto a maggioranza semplice della Camera (oggi saldamente in mano ai Repubblicani) e poi un voto dei due terzi del Senato (sempre con i Repubblicani oggi in maggioranza). Inoltre per il momento Trump non è accusato di nessun reato, per quel che è noto.