Forse sul sale sappiamo cose sbagliate

Una nuova ricerca, durata anni, dice che assumerne molto non fa aumentare la sete e fa dimagrire (ma c'è una fregatura)

Nella foto, sale che scende.
Nella foto, sale che scende.

Una nuova ricerca da poco pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Clinical Investigation ha messo in dubbio alcune delle conoscenze sul sale da cucina (cloruro di sodio), suggerendo che i suoi effetti sul nostro organismo siano sensibilmente diversi da quelli ipotizzati finora dai medici. Lo studio ha rilevato, per esempio, che mangiare cibi molto salati non fa aumentare necessariamente la sete e che in alcune circostanze può aiutare a dimagrire. Il lavoro di ricerca, durato anni e coordinato da Jens Titze dell’Università Vanderbilt (Tennessee), ha attirato l’interesse di nutrizionisti e ricercatori, che invitano comunque a non sottovalutare gli effetti dannosi derivanti da un consumo eccessivo di sale.

Titze ha iniziato a interessarsi agli effetti del sale da cucina sulla salute nel 1991, quando durante un corso universitario vide alcuni dati su una simulazione effettuata dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), per la quale un equipaggio aveva vissuto per 28 giorni all’interno di una piccola capsula, simile a quelle inviate in orbita. Il test aveva lo scopo di comprendere le reazioni psicologiche dei partecipanti e la loro capacità di mantenere buoni rapporti, in una condizione sociale anomala. Oltre alla salute mentale dell’equipaggio, i medici pensarono anche a quella fisica raccogliendo campioni di urine e sangue. Osservando i dati, Titze notò che i volumi di urina cambiavano sensibilmente e con una certa ciclicità ogni 7 giorni, invece di essere pressoché costanti come ci si sarebbe aspettato.

Qualche anno dopo Titze ebbe l’opportunità di seguire un esperimento simile, questa volta condotto dall’Agenzia Spaziale Russa, nell’ambito di una simulazione sulla vita nella MIR, la grande base spaziale orbitale rimasta in servizio dal 1986 al 2001. Il test di coabitazione era molto più lungo rispetto a quello dell’ESA e prevedeva una permanenza di 135 giorni di un equipaggio negli spazi angusti di un modello della MIR. Titze studiò l’andamento dei volumi di urina dell’equipaggio e il loro rapporto con la quantità di sale assunta con l’alimentazione. Con sua sorpresa, notò che la quantità di urina prodotta non era legata all’ammontare di sodio ingerito, a differenza di quanto sempre immaginato, e cioè che un’alta assunzione di sale porta a bere di più per mantenerne una giusta concentrazione nel sangue, con la conseguenza di espellere poi una maggiore quantità di pipì. Era un risultato “da eretici”, ha spiegato Titze al New York Times, che richiedeva nuovi approfondimenti.

L’opportunità di capirci qualcosa di più arrivò nel 2006, quando l’ente spaziale russo organizzò due nuove simulazioni, una da 105 e un’altra da 520 giorni, per valutare gli effetti di una lunga missione spaziale su un equipaggio. Nella simulazione da 105 giorni, ai partecipanti furono date ogni 28 giorni quantità diverse di sale: 12 grammi al giorno nel primo periodo, poi 9, poi 6, quindi di nuovo 12, a ripetizione. In quella da 520 giorni i ricercatori avevano aggiunto un ulteriore ciclo da 12 grammi di sale al giorno.

Analizzando la quantità di sodio presente nel sangue e nelle urine, e il loro volume, Titze notò qualcosa di diverso dallo studio precedente. Continuavano a esserci le cicliche oscillazioni nella quantità di urina prodotta, ma per il resto tutto procedeva secondo le aspettative: quando i partecipanti assumevano maggiori quantità di sale, ne espellevano di più con la pipì, con livelli stabili di sodio nel sangue.

Titze e i suoi colleghi notarono però che l’equipaggio tendeva a bere meno nei periodi in cui assumeva più sale. Non era quindi chiaro da dove provenisse l’acqua prodotta con l’urina: l’unica spiegazione possibile è che il metabolismo si fosse adattato per produrne dall’organismo, sottraendola ad alcuni dei suoi tessuti. L’equipaggio segnalò inoltre di avere un maggiore senso di fame nei periodi in cui la dieta prevedeva più sale, nonostante l’apporto calorico giornaliero fosse sempre uguale. Analizzando i campioni di urina, i ricercatori notarono un aumento dei glucocorticoidi, ormoni che influenzano il metabolismo.

I dati raccolti suggerivano che stesse succedendo qualcosa di imprevisto e spinsero Titze ad approfondire ulteriormente il tema organizzando alcuni esperimenti di laboratorio, questa volta utilizzando topi. Notò che aumentando le quantità di sale dopo qualche tempo tendevano a bere meno: gli aumentati livelli di glucocorticoidi avevano portato il loro metabolismo ad aggredire grasso e muscoli, ottenendo da questi l’acqua necessaria per l’organismo. Questo processo richiede notevoli quantità di energia e portava i topi a mangiare circa il 25 per cento in più rispetto al solito, cosa che spiega perché l’equipaggio nelle simulazioni segnalasse di avere più fame nei periodi con un’alta assunzione di sale. Gli stessi ormoni, avrebbe scoperto in seguito Titze, erano i responsabili della produzione di volumi di urina variabili a seconda delle giornate.

È noto da tempo (ed è anche piuttosto intuibile) che in mancanza di un’alimentazione equilibrata l’organismo brucia i grassi e i muscoli per ottenere le energie di cui ha bisogno. Non era invece noto che la stessa cosa potesse accadere nel caso di una dieta ricca di sale, anche perché si era sempre ipotizzato che una maggiore assunzione di sale portasse a bere molto di più, con un possibile aumento del peso (se per esempio si bevono alcolici, succhi di frutta e bibite invece di semplice acqua).

Lo studio di Titze è stato accolto con grande interesse perché è basato su ricerche sul campo durate anni, su persone che i ricercatori hanno potuto osservare facilmente e in un ambiente controllato come quello di una simulazione di lungo periodo. La ricerca indica che a oggi non sono ancora pienamente noti gli effetti del sale sul nostro organismo, e che probabilmente sono molto più complessi e articolati di quanto ipotizzato.

Titze sconsiglia comunque di improvvisare diete fai-da-te basate su un aumento dell’assunzione di sale per provare a dimagrire. Un consumo eccessivo di sodio può avere effetti pericolosi sulla salute, soprattutto nelle persone predisposte e con particolari problemi cardiovascolari. Quantità superiori alla dose giornaliera (5 grammi, consiglia l’OMS) possono portare all’ipertensione arteriosa. Inoltre, il maggiore senso di fame potrebbe indurre a mangiare molto di più, portando a un aumento del peso.