• Mondo
  • Giovedì 20 aprile 2017

E se la Corea del Nord lanciasse la bomba?

Come si potrebbero difendere gli Stati Uniti se Kim Jong-un decidesse di usare il suo arsenale nucleare

(AP Photo/Ahn Young-joon)
(AP Photo/Ahn Young-joon)

Questo articolo è stato aggiornato il 29 novembre 2017

Ieri, alle 19.20 ora italiana, la Corea del Nord ha testato un nuovo missile balistico intercontinentale (ICBM). Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti James Mattis ha detto che l’altezza massima raggiunta dal missile – il suo “apogeo” – è la più alta a cui sia mai arrivato un missile nordcoreano, cosa che dimostra che la tecnologia militare della Corea del Nord continua ad avanzare: Mattis ha anche detto che la Corea del Nord ha la capacità di colpire «praticamente in tutto il mondo». L’apogeo del missile è stato di 4.500 chilometri. Per dare un’idea: la Stazione Spaziale Internazionale orbita a 408 chilometri sopra la superficie terrestre.

Si tratta di un’importante novità nella storia dell’arsenale missilistico nordcoreano. Significa che molto probabilmente la Corea del Nord è entrata in possesso di un missile con una gittata sufficiente a colpire praticamente tutto il territorio degli Stati Uniti. Rimangono però ancora molti dubbi sulle effettive capacità dell’arsenale: ad esempio,  i nordcoreani non hanno mai dimostrato di essere in grado di costruire bombe nucleari abbastanza piccole da potere essere caricate a bordo di un missile. Non si tratta però di un traguardo tecnologico particolarmente difficile da raggiungere. Secondo la maggior parte degli esperti la Corea del Nord riuscirà ad avere armi nucleari e missili intercontinentali affidabili entro 5-10 anni. Nel marzo del 2016 l’ammiraglio Bill Gortney, responsabile della difesa missilistica americana, ha detto al Senato che sarebbe stato «prudente» comportarsi come se la Corea del Nord avesse già questa capacità.

Ma cosa accadrebbe se la Corea del Nord avesse davvero questo tipo di armi e decidesse di utilizzarle? Un simile attacco comincerebbe nelle basi missilistiche fortificate sotto le montagne del paese, dove centinaia di metri di terra e roccia proteggono i TEL, i sistemi di lancio mobili per missili nucleari intercontinentali. Alla parata dello scorso 15 aprile i nordcoreani hanno mostrato alcuni di questi enormi veicoli lunghi venti metri, in grado di trasportare un missile nucleare e di lanciarlo nel giro di pochi minuti.

Gli esperti dubitano che quelli mostrati fossero dispositivi pronti all’uso: probabilmente gli involucri cilindrici destinati a contenere i missili erano vuoti. In un prossimo futuro, però, saranno questi veicoli a trasportare i missili intercontinentali nordcoreani, poiché qualsiasi installazione fissa sarebbe un facile bersaglio per un attacco preventivo americano.

Un TEL di fabbricazione russa durante un test di lancio

Dal momento dell’ordine al lancio «è sufficiente un’ora per muovere il missile fuori dal suo tunnel protetto, prepararlo e lanciarlo», ha spiegato a Vice Rodger Baker, analista specializzato in Corea del Nord di Stratfor, uno dei principali centri studi di intelligence militare. In questi sessanta minuti si concentrano le migliori speranze di fermare l’attacco nordcoreano. Secondo Baker, sarebbe relativamente facile individuare i TEL prima del lancio. Sono veicoli ingombranti, in grado transitare su un numero limitato di strade e ospitati in poche basi fortificate, tenute sotto costante sorveglianza. È molto probabile, quindi, che le basi che ospitano i TEL vengano controllate e ogni attività sospetta venga segnalata per tempo. In un momento di grande tensione internazionale è possibile che ci siano costantemente pronti al decollo aerei in grado di colpire i TEL non appena si affaccino fuori dai tunnel. Se questo non fosse possibile, o se solo alcuni dei missili venissero colpiti, sarebbe il turno della difesa antimissile.

Una volta in aria, l’unico modo di distruggere un ICBM è colpirlo con un altro missile: una cosa che gli esperti paragonano a colpire un proiettile con un altro proiettile. Un missile intercontinentale viaggia a circa dieci volte la velocità del suono, più o meno tre chilometri al secondo. Nella prima fase del lancio segue una traiettoria molto ripida fino a che non esce dall’atmosfera. A quel punto la testata del missile si separa ed inizia una rapidissima corsa di rientro nell’atmosfera, fino al suo bersaglio.

I primi “proiettili” che verrebbero sparati per fermare la corsa di un ICBM nordcoreano sarebbero i missili anti-missile di base in Corea del Sud e nel Mar del Giappone. Il THAAD, che i sudcoreani stanno installando sulla terraferma, e il sistema Aegis a bordo delle navi giapponesi e americane, dovrebbero fermare gli ICBM nordcoreani nella fase di ascesa. Decine di missili verrebbero sparati in serie. I risultati che potranno ottenere, però, sono molto dubbi. Il THAAD è un sistema pensato per fermare missili a medio raggio diretti verso la Corea del Sud, non per distruggere ICBM diretti verso gli Stati Uniti. L’Aegis ha il compito di fermare missili diretti contro una nave. Nessuno dei due è mai stato testato contro un missile intercontinentale.

Una volta nello spazio la testata nucleare, più piccola di un’utilitaria, si separa dal resto del missile e quando inizia il suo rapidissimo rientro nell’atmosfera è oramai troppo piccola e veloce per essere fermata. Se falliscono THAAD e Aegis, l’ultima speranza per gli Stati Uniti è fermare i missili mentre si trovano ancora nello spazio. Questo compito spetta al Ground-Based Midcourse Defense (GMD), un sistema composto da radar, sensori e 30 missili intercettori (che dovrebbero diventare 40 entro la fine del 2017). A essere impegnati in caso di attacco nordcoreano saranno probabilmente i 15-20 missili di base in Alaska (quelli in California sono probabilmente troppo lontani per essere usati in questa circostanza).

Un test di lancio di un missile intercettore del GBMD.

Questo complesso sistema di difesa, formato da THAAD e GMD, ha un’ottima possibilità di intercettare un singolo missile lanciato dalla Corea del Nord e neutralizzarlo prima che divenga pericoloso. Se i missili fossero dieci, però, le cose cambierebbero parecchio. Colpire in volo un oggetto poco più grande di un frigorifero che si muove a dieci volte la velocità del suono è un compito difficile: fermarne un intero stormo è quasi impossibile. Non si conosce quale sia la soglia di bersagli che il sistema THAAD può tracciare, ma una singola batteria da 8-10 missili dovrebbero avere una percentuale di centri vicina al cento per cento per fermare un attacco simile: cioè ogni missile anti-missile dovrebbe colpire il suo bersaglio (il che è ritenuto praticamente impossibile). I THAAD, inoltre, si troveranno a operare in condizioni sfavorevoli. Lanciati dal sud, dovranno inseguire dei missili in volo verso nord e questo limiterà molto la loro capacità di intercettazione.

L’unica difesa che invece è esplicitamente pensata per fermare gli ICBM è iI GMD dell’Alaska, che lancerà probabilmente venti missili. I test, svolti in condizioni ottimali, hanno mostrato che gli intercettori hanno una percentuale di successo del 53 per cento. Significa che (problemi tecnici permettendo) venti intercettori dovrebbero essere in grado di centrare una decina di bersagli diversi. Il problema è che a quel punto nei cieli sopra gli Stati Uniti gli oggetti da colpire saranno probabilmente diventati centinaia. Qualsiasi paese in grado di costruire un ICBM, infatti, è perfettamente in grado di costruire una serie di contromisure che rendono l’intercettazione del missile estremamente complicata. Uno dei più efficaci è il pallone Mylar, una sfera di poliestere che si gonfia nello spazio come un airbag. Ogni missile ne può portare dozzine e rilasciarli non appena la testata si distacca dal missile. I missili intercettori americani si troverebbero così a dover scegliere il loro bersaglio tra decine di oggetti quasi indistinguibili da una testata nucleare e con soltanto pochissime frazioni di secondo per decidere chi colpire.

Come funzionano le contromisure degli ICBM

È molto probabile che se la Corea del Nord, o qualsiasi altra potenza nucleare, riuscisse a mettere in aria una decina di missili nucleari intercontinentali gli Stati Uniti subirebbero la perdita di una o più grandi città e di milioni dei loro abitanti. Per fortuna nel caso della Corea del Nord questo rimane un grande “se”, anche proiettando le sue capacità un decennio nel futuro. Il programma nucleare e missilistico nordcoreano ha mostrato parecchie mancanze, incidenti e fallimenti si sono seguiti con molta più frequenza dei lanci riusciti. Se i nordcoreani non riusciranno a impostare diversamente e con maggiore professionalità il loro programma missilistico, i malfunzionamenti e la scarsa qualità nella produzione delle armi rimarranno ancora a lungo una delle migliori difese degli Stati Uniti.