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  • Mercoledì 12 aprile 2017

La persecuzione degli omosessuali in Cecenia

Si parla di campi di reclusione, torture, estorsioni, arresti e anche di omicidi: diverse testimonianze confermano quello che è stato definito "uno sterminio"

La foto delle conseguenze delle torture su un uomo omosessuale pubblicata da Novaya Gazeta.
La foto delle conseguenze delle torture su un uomo omosessuale pubblicata da Novaya Gazeta.

Da qualche giorno sui principali giornali internazionali si parla della Cecenia e della persecuzione in atto contro le persone omosessuali: secondo vari racconti e testimonianze circa cento uomini negli ultimi mesi sono stati arrestati, rinchiusi in ex caserme, torturati e qualcuno di loro anche ucciso, a causa del loro orientamento sessuale. A riportare per primo la notizia è stato un quotidiano russo d’opposizione, la Novaya Gazeta, riprendendo una storia già in circolazione tra gli attivisti per i diritti umani e delle persone LGBTI. Nelle ultime ore sono arrivate nuove testimonianze che confermano la storia.

Dall’inizio
Il 2 aprile il New York Times, il Guardian e molti altri autorevoli giornali hanno scritto che in Cecenia è iniziata un’operazione contro le persone omosessuali. La Cecenia è una repubblica della Federazione Russa governata in maniera molto autoritaria da Ramzan Kadyrov, alleato di Vladimir Putin: da diverso tempo questa regione ha grossi problemi con l’estremismo islamista e i leader religiosi locali – spesso molto conservatori – continuano ad avere grande influenza sul governo ceceno. Sabato 1 aprile il quotidiano russo Novaya Gazeta ha parlato della scomparsa avvenuta nelle ultime settimane di un centinaio di uomini di età compresa tra i 16 e i 50 anni, che sarebbero stati arrestati per «il loro – presunto o accertato – orientamento sessuale non tradizionale». Il quotidiano ha pubblicato anche i nomi di tre uomini che sarebbero stati uccisi senza nemmeno un processo, precisando che c’è il sospetto che i morti siano molti di più. Novaya Gazeta citava funzionari di polizia russi che accusavano le autorità cecene.

Alvi Karimov, portavoce di Kadyrov, ha negato all’agenzia di stampa russa Interfax ogni accusa parlando di «bugie assolute e di disinformazione», ma basando le proprie argomentazioni sul fatto che in Cecenia non esistono omosessuali: «Non puoi arrestare o reprimere persone che semplicemente non esistono nella repubblica. Se queste persone esistessero in Cecenia, le forze dell’ordine non dovrebbero preoccuparsi perché le loro stesse famiglie li manderebbero in luoghi da cui non potrebbero più tornare». Un portavoce del ministero degli Interni ceceno ha poi detto al giornale russo RBC che l’articolo di Novaya Gazeta era «un pesce d’aprile».

Novaya Gazeta ha scritto che l’operazione cecena è cominciata dopo che un gruppo di attivisti che fa riferimento al sito GayRussia.ru aveva chiesto alcuni permessi per organizzare delle parate dell’orgoglio LGBTI in quattro città nella regione del Caucaso settentrionale a prevalenza musulmana, e di cui fa parte anche la Cecenia. La richiesta degli attivisti locali guidati da Nikolai Alekseev faceva parte di una precisa strategia: prevedeva che ovviamente i permessi venissero negati e che questo avrebbe permesso di ricorrere alla Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo. L’intenzione non era insomma organizzare dei gay pride non autorizzati. Nessun permesso, comunque, era stato richiesto in particolare per la Cenenia.

Il fatto di avere presentato le richieste, però, ha causato manifestazioni di protesta; Vladimir Putin avrebbe spinto allora i leader locali dei vari stati federati a reagire e a enfatizzare i valori tradizionali. Secondo Novaya Gazeta a quel punto sarebbe iniziata la persecuzione, attraverso una ricerca delle persone da individuare nelle app di appuntamenti frequentate da omosessuali e sui social network. «Naturalmente nessuna di queste persone ha mai, in alcun modo, mostrato pubblicamente il proprio orientamento sessuale», si dice. «Nel Caucaso equivale a una condanna a morte».

Ekaterina Sokirianskaia, direttrice della sezione russa dell’International Crisis Group, organizzazione non governativa e non profit, ha spiegato di aver ricevuto informazioni preoccupanti da varie fonti nel corso degli ultimi 10 giorni, e ha aggiunto che il tabù così radicato nel paese intorno all’omosessualità aveva fatto sì che gran parte delle informazioni arrivassero di seconda o terza mano e che dunque non fossero completamente verificabili: «Ottenere informazioni dalle vittime o dalle loro famiglie è quasi impossibile, ma il numero di segnali identici che sto ricevendo da persone diverse rende difficile non credere che le detenzioni e le violenze non stiano accadendo».

Nuove informazioni
Dopo un primo articolo Novaya Gazeta ha pubblicato un nuovo aggiornamento molto preciso, con foto e testimonianze: il giornale dice che da tutta la Cecenia stanno arrivando i racconti di persone che sono riuscite a scappare o che si stanno nascondendo da quello che è stato definito «lo sterminio degli omosessuali». Il giornale ha collaborato alla creazione di una linea telefonica, insieme ad alcuni attivisti, allo scopo di raccogliere testimonianze e storie sulla detenzione di tossicodipendenti e di uomini omosessuali o considerati tali in alcune ex caserme militari della Cecenia. Le testimonianze sono state pubblicate per intero e naturalmente in forma anonima.

Una di queste caserme è stata individuata: si trova ad Argun, città a circa 15 chilometri a est della capitale Groznyj. Al suo interno i prigionieri vengono torturati, umiliati, sottoposti ad elettroshock, picchiati con tubi di acciaio. Un uomo rilasciato e che è riuscito a scappare all’estero ha detto che alcuni detenuti vengono torturati perché facciano i nomi di altre persone LGBTI. Più di un testimone ha raccontato infatti come le autorità cecene abbiano sequestrato i loro telefoni e usato i contatti per effettuare controlli, intimidazioni e nuovi arresti. Novaya Gazeta dice che all’interno di questi campi finiscono anche «vittime casuali», detenute e torturate anch’esse e poi rilasciate su cauzione solo perché presenti tra i contatti telefonici dei detenuti.

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Altre testimonianze parlano di stanze sovraffollate, di torture che durano settimane o mesi, di condizioni di detenzione terrificanti che si concludono, nel migliore dei casi, con la consegna dei detenuto alle famiglie. Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL), organizzazione per le comunicazioni ed emittente radiofonica fondata dal Congresso degli Stati Uniti, ha pubblicato altri racconti: un uomo rinominato Said che abitava a Grozny ha detto che lo scorso ottobre era stato ricattato da due conoscenti che gli avevano chiesto di pagare 2,5 milioni di rubli, minacciandolo che se non lo avesse fatto avrebbero pubblicato prove audio e video della sua omosessualità. Lui si è rifiutato e ha lasciato il paese. I ricattatori erano in contatto con la polizia, che ha cominciato a minacciare la sua famiglia: Said ha detto che gli agenti hanno preso in ostaggio suo fratello e hanno fatto sapere che non lo avrebbero liberato finché lui non fosse tornato a Grozny. Said non è più tornato a casa e ora vive in Europa: non ha più contatti con la sua famiglia perché teme che i loro telefoni siano sotto controllo. Ha detto anche che riceve loro notizie da altri conoscenti di Grozny e che ha saputo di un amico che è stato arrestato e restituito alla famiglia a condizione che la sua stessa famiglia lo uccidesse: «Suo zio lo ha ucciso. Lo so per certo. Aveva 20 o 21 anni».

Malik, un’altra persona che ha raccontato la sua storia a RFE/RL, ha detto di essere stato arrestato a marzo dopo aver scambiato qualche messaggio con un conoscente gay. Ha trascorso 10 giorni in un carcere segreto: «C’erano 15 gay e altri 20 tossicodipendenti, ma quando siamo arrivati lo status dei tossicodipendenti è migliorato in modo significativo. Avevano il permesso di tormentarci». Ogni giorno nel carcere Malik e gli altri detenuti gay sono stati picchiati e umiliati. Sono stati dati loro dei nomi da donna e sono stati costretti a danzare. Malik dice anche di essere stato preso a calci e picchiato con dei bastoni, di essere stato torturato con le scosse elettriche e di aver dormito nudo sul pavimento. Gli è stato chiesto di consegnare i recapiti di altri omosessuali, ma lui ha avuto il tempo di eliminare tutte le informazioni dal suo telefono e non ha dunque fornito alcun nome. A Malik è stata anche offerta la possibilità di comprare la sua libertà per 1 milione di rubli, soldi che non aveva. Ha anche detto di credere che l’obiettivo principale dei suoi carcerieri non fosse l’estorsione: «Discutevano tra loro come fermare la gente come noi». Dieci giorni dopo l’arresto i detenuti omosessuali sono stati messi in fila nella caserma e umiliati, uno per uno, di fronte ai loro parenti. Poi sono stati riconsegnati alle famiglie. Malik è tornato a casa ed è stato picchiato dal padre. Dopo essere guarito dalle ferite è scappato da Grozny.

La Cecenia
La Cecenia è formalmente parte della Russia, ma funziona come uno stato quasi-indipendente governato da una dittatura: quella di Ramzan Kadyrov, che è il presidente della repubblica e che è arrivato al potere nel 2007, dopo aver sconfitto in una sanguinosa lotta per il potere diversi comandanti militari e politici ceceni. Nel settembre del 2016 è stato rieletto presidente della Cecenia con il 98 per cento dei voti. Il potere di Ramzan Kadyrov è garantito dall’appoggio e dalla protezione russa, e specialmente di Vladimir Putin. La fine degli scontri armati negli anni Novanta e la successiva ricostruzione hanno portato a una stabilità che gran parte dei ceceni ha vissuto con grande sollievo, e che ha fondato la legittimazione del regime di Kadyrov.

Oggi in Cecenia non si combatte più: ma se la Cecenia è sparita dai notiziari, il paese continua a essere oggetto di indagini da parte delle organizzazioni per i diritti umani. Le ONG denunciano da anni decine di sequestri e arresti illegali: uomini armati vanno con frequenza nelle case degli oppositori o dei parenti di chi si unisce alla resistenza. Le persone sequestrate spariscono, con casi di torture ed esecuzioni. A volte, dopo mesi, contro di loro si aprono dei processi presso la giustizia ordinaria. Kadyrov è stato spesso accusato di aver violato i diritti umani e di aver ordinato l’assassinio di membri dell’opposizione e di giornalisti che lo criticavano (l’ultimo caso in cui sembra essere coinvolto è l’omicidio dell’oppositore politico russo Boris Nemtsov).

La società cecena è molto conservatrice e questo ha contribuito a creare un’alleanza tra la società cosiddetta civile e il governo. A differenza di altri luoghi in cui le famiglie o gli attivisti possono fare pressione sulle autorità, i sospettati di qualsiasi comportamento che si allontani da quella che è considerata la norma in Cecenia rischiano di essere perseguiti ed emarginati. Novaya Gazeta, nella sua inchiesta sulla persecuzione degli omosessuali, ha dedicato un intero articolo al “delitto d’onore”: dove non arriva il governo arrivano insomma le famiglie, e Ramzan Kadyrov nelle ultime settimane ha più volte incitato all’odio e all’omicidio di ogni omosessuale.