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  • Mercoledì 8 marzo 2017

Avete presente quella storia del fratellastro di Kim Jong-un ucciso in Malesia?

Non è finita: è venuto fuori un video del figlio di Kim Jong-nam che dice di essere stato portato in un posto sicuro, ma se ne sa poco

Kim Han-sol, figlio di Kim Jong-nam, nel video diffuso su YouTube.
Kim Han-sol, figlio di Kim Jong-nam, nel video diffuso su YouTube.

Martedì è stato pubblicato su YouTube un video che dice di mostrare il figlio di Kim Jong-nam, il fratellastro del dittatore nordcoreano Kim Jong-un ucciso il 13 febbraio in Malesia. Nel video, che dura 40 secondi, Kim Han-sol parla in inglese: dice di essere il figlio di Kim Jong-nam, mostra il suo passaporto e fa dei ringraziamenti per essere stato portato in un posto sicuro dopo l’assassinio del padre. Il gruppo che ha pubblicato il video, che si chiama Cheollima Civil Defense e di cui non si conosce praticamente nulla, ha oscurato l’immagine della pagina interna del passaporto Kim Han-sol (quella del nome e della foto identificativa) e ha tolto l’audio sulla parte dei ringraziamenti, probabilmente per questioni di sicurezza. Il Wall Street Journal ha scritto però che un portavoce della principale agenzia di intelligence sudcoreana ha confermato che l’uomo nel video è Kim Han-sol, anche se non sono stati diffusi altri dettagli su dove si trovi.

Il video su YouTube linka al sito di Cheollima Civil Defense, un gruppo che sostiene di essere specializzato in “richieste urgenti di protezione”. Sul sito c’è un comunicato che dice che in risposta a una richiesta di aiuto arrivata dalla famiglia di Kim Jong-nam, il gruppo si è incaricato di portare Kim Han-sol, sua madre e sua sorella in un posto sicuro. Il ministro per l’Unificazione della Corea del Sud ha detto di non conoscere Cheollima. Nel comunicato si ringraziano quattro governi, apparentemente coinvolti nell’operazione che avrebbe garantito la sicurezza di Kim Han-sol e della sua famiglia: quello olandese, cinese, statunitense e un quarto che però è rimasto segreto; è stato citato anche l’ambasciatore olandese in Corea del Sud, AJA Embrechts, «per la sua risposta decisa e tempestiva alla nostra richiesta di assistenza». Il Wall Street Journal ha provato a contattare un portavoce di Embrechts, che però non ha risposto alla richiesta di commenti, così come l’ambasciata statunitense e il vicecapo della missione diplomatica olandese a Seul.

La polizia malese, che sta ancora indagando su quanto accaduto, ha detto che la famiglia di Kim Jong-nam non ha ancora identificato il corpo e che le autorità non hanno nemmeno ricevuto dei campioni di DNA utili per la sua identificazione (al momento della morte, Kim aveva con sé un passaporto con il nome Kim Chol). Il capo della polizia malese ha detto di non avere avuto finora alcun tipo di contatto con i membri della famiglia di Kim Jong-nam.

Prima della sua uccisione, Kim Jong-nam viveva a Macau, in Cina, si crede insieme alla sua famiglia. Non è chiaro però dove si trovassero i suoi famigliari al momento dell’omicidio. Kim Jong-nam è stato aggredito il 13 febbraio da due donne all’aeroporto di Kuala Lumpur. Grazie all’autopsia, si è scoperto che la morte è avvenuta per effetto dell’agente nervino VX, cioè una sostanza usata come arma chimica: la Corea del Sud ha detto di credere che Kim sia stato assassinato per ordine della leadership nordcoreana, per via di rivalità interne alla famiglia che gestisce il potere, ma finora non sono emerse prove definitive che confermino le accuse. L’intera vicenda ha creato anche una crisi diplomatica piuttosto grave tra Corea del Nord e Malesia. Il governo nordcoreano non è rimasto soddisfatto del modo in cui la Malesia sta gestendo le indagini sulla morte di Kim Jong-nam e la situazione si è complicata nei giorni scorsi quando i due paesi hanno espulso i rispettivi ambasciatori e hanno annunciato che avrebbero impedito ai cittadini dell’altro paese di lasciare il territorio nazionale. Il primo ministro malese Najib Razak ha detto però che l’ambasciata nordcoreana non verrà chiusa e che Malesia e Corea del Nord continueranno ad avere relazioni diplomatiche.

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