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  • Mercoledì 8 marzo 2017

La proposta dei Repubblicani su Obamacare non piace a nessuno

Né ai Democratici (e OK), né ai Repubblicani moderati o a quelli radicali: di cosa si parla, spiegato

(Win McNamee/Getty Images)
(Win McNamee/Getty Images)

Due giorni fa i Repubblicani americani hanno presentato la loro proposta di modifica per la riforma sanitaria introdotta nel 2014 dall’amministrazione Obama, attesa da diversi mesi. La riforma è stata considerata di portata storica per aver coperto milioni di persone che prima erano sprovviste di assicurazione sanitaria, ma ha avuto diversi inciampi e storture ed è stata duramente criticata dai Repubblicani, con rarissime eccezioni (l’abolizione di Obamacare, fra l’altro, era una delle poche cose su cui Donald Trump concordava pienamente con i dirigenti del partito Repubblicano). Ora però, al momento di presentare un piano per sostituirla, sono sorti diversi guai: la riforma proposta non piace né all’ala radicale dei Repubblicani – secondo cui è troppo simile a quella vecchia – né a quella dei moderati perché troppo drastica, per non parlare dei Democratici e delle compagnie assicurative (che ci avevano messo un po’ ma si erano ormai adattate al vecchio sistema).

In sintesi, i cambiamenti introdotti dalla riforma proposta dai Repubblicani sono tre; abolizione dell’obbligo di procurarsi una copertura sanitaria, sostituzione dei sussidi federali con detrazioni sulle tasse (per un massimo però di circa 4.000 dollari a persona all’anno), e modifica dei criteri con cui assegnare le detrazioni. La prima modifica era quantomeno scontata: quasi tutti i Repubblicani – e con loro anche molti americani – la ritenevano un’ingerenza non necessaria del governo nella gestione privata dei propri soldi; la seconda e la terza erano meno scontate, anche se in linea con le teorie economiche dei Repubblicani, e potrebbero avere effetti notevoli. Con Obamacare, i sussidi sono distribuiti sulla base della dichiarazione dei redditi e di quanto costa in media un’assicurazione sanitaria in un certo stato: meno guadagni e meno potere d’acquisto hai, e più il governo ti aiuta a pagare l’assicurazione sanitaria, con aiuti economici o grazie all’espansione del programma governativo Medicaid (pensato per le fasce più povere della popolazione). Se la proposta dei Repubblicani diventasse legge, sarebbe introdotto un altro criterio: quello dell’età. Più sei anziano, e più detrazioni ottieni (dato che hai più probabilità di dover mantenere una famiglia, mentre se sei più giovane sei libero di non farlo). Al contempo però, di solito, più sei anziano e più è probabile che tu sia acciaccato: e quindi in certi casi la detrazione di 4.000 dollari non basterebbe a coprire le spese mediche necessarie.

Secondo il New York Times, la fascia di persone più danneggiate dall’eventuale introduzione della nuova riforma saranno appunto gli “anziani” a basso reddito che vivono in zone piuttosto “benestanti” (che invece era stata la categoria di persone a beneficiare maggiormente di Obamacare). Il New York Times fa l’esempio di una donna di 55 anni che vive in North Carolina ed ha problemi al fegato: attualmente riceve un sussidio di 724 dollari al mese – quindi complessivamente di 8688 dollari all’anno – per pagare l’assicurazione necessaria per ricevere le sue cure, che costa 984 dollari al mese (quasi 12mila all’anno). Con la nuova riforma, al posto di 8688 dollari all’anno ne otterrebbe solamente 3.500 in detrazioni fiscali.

Viceversa, beneficerebbero della nuova riforma tutta una fascia di giovani o medio-giovani piuttosto benestanti che possono sia scegliere di non avere nessuna copertura perché si ritengono sani, oppure ricevere una detrazione fiscale più alta dei sussidi che avrebbero ricevuto con Obamacare. Il New York Times fa l’esempio di un fotografo freelance 40enne che vive a Washington: con Obama guadagnava poco di più del limite necessario per accedere ai sussidi, e se desiderava un’assicurazione doveva pagarsela da sé. Con la nuova riforma otterrebbe invece una detrazione di circa 3.000 dollari all’anno (per i redditi più alti non esistono detrazioni, come previsto anche da Obamacare).

La nuova riforma, in tutto questo, mantiene anche alcuni degli aspetti più popolari di Obamacare: cioè il fatto che nessuna compagnia assicurativa possa negare di vendere un’assicurazione a una persona che sia predisposta ad ammalarsi di nuovo, oppure che i ragazzi fino a una certa età siano compresi nell’assicurazione dei genitori, e ancora che le compagnie assicurative non possano decidere un limite massimo entro cui smettere di erogare rimborsi per le cure.

Date queste premesse, quasi tutti hanno trovato una base per criticare la riforma proposta da Trump: i Democratici perché dal loro punto di vista è un passo indietro rispetto ad Obamacare, i Repubblicani più intransigenti perché è troppo simile ad Obamacare – «questa non è l’abolizione di Obamacare che ci aspettavamo», ha detto ai giornalisti il rispettato senatore Repubblicano Mike Lee – mentre i Repubblicani moderati perché ancora non hanno chiaro quante persone effettivamente subiranno cambi drastici alla propria copertura sanitaria. Come ha spiegato Politico, infatti, «l’ufficio del Congresso che si occupa del bilancio deve ancora stimare quante persone perderanno la propria copertura sanitaria con la nuova riforma», e non è nemmeno chiaro quanti soldi farà risparmiare allo stato (i suoi costi enormi sono da sempre criticati dai Repubblicani). Al momento circola solamente una stima di Standard & Poor’s secondo cui fra i due e i quattro milioni di persone rinunceranno ad avere un’assicurazione sanitaria perché non potranno più permettersela: ma sono stime da prendere davvero con le molle.

La risposta dei Repubblicani a tutte queste critiche è stata specificare che la loro proposta è una “base” e che potrà subire modifiche (anche perché al Senato i Repubblicani hanno una maggioranza di appena 4 voti, e per approvare la legge dovranno votare in maniera compatta). Il vicepresidente americano Mike Pence, parlando coi giornalisti dopo un incontro con alcuni senatori Repubblicani, ha spiegato che la legge è la “struttura di base per una riforma”, implicando quindi che da qui alla sua approvazione potrà subire qualche modifica.

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