I reali sauditi continuano a spendere moltissimo
Nonostante il calo nel prezzo del petrolio e l'austerità imposta al paese, la dinastia regnante non ha tagliato le sue enormi rendite: è anche un modo per mantenere il potere
Mentre l’Arabia Saudita si trova in crisi economica per il calo del prezzo del petrolio e il governo ha imposto severe misure di austerità, una lunga inchiesta del New York Times ha dimostrato come la famiglia reale che governa il paese in maniera assoluta continua a spendere enormi cifre in lussi stravaganti. Tra le altre spese documentate dal quotidiano c’è un palazzo terminato la scorsa estate sulla costa atlantica del Marocco, vicino a Tangeri; appartamenti prestigiosi in tutte le principali capitali europee e borse di coccodrillo tempestate di diamanti. Secondo alcuni, queste non sono soltanto le spese ingiustificate di una famiglia reale distaccata dal mondo, ma il prezzo che i suoi capi devono pagare al resto della dinastia per restare al potere e garantire la stabilità del paese.
Le spese della famiglia reale saudita, così come molti altri particolari che la riguardano, sono piuttosto misteriose. Per realizzare la sua inchiesta, il New York Times ha parlato con decine di agenti immobiliari, consulenti finanziari, dipendenti e membri dissidenti della famiglia reale. Ha consultato documenti pubblici e riservati, compresi quelli rivelati dallo scandalo Panama Papers. Il risultato è un quadro soltanto approssimativo delle enormi fortune della famiglia saudita, la cui esatta entità è uno dei segreti meglio custoditi di tutto il paese.
Uno dei problemi principali nel determinare esattamente quali sono le entrate della dinastia regnante è che «la linea che separa le proprietà della famiglia da quelle dello stato non è demarcata in maniera chiara», spiega l’articolo. La maggior parte dei proventi del governo arriva dai dividendi della Aramco, la compagnia petrolifera che gestisce le immense riserve di petrolio del paese. Con il crollo del prezzo del petrolio degli ultimi anni questi fondi si sono ridotti, costringendo il governo a varare un vasto piano di riforme e a tagliare progetti pubblici per 250 miliardi di dollari.
Ma la fetta che la famiglia reale preleva da questa fonte non sembra essersi ridotta in maniera sensibile, spiega il New York Times. Ufficialmente il fondo da cui può attingere la famiglia reale ammonta a 2,7 miliardi di dollari l’anno di cui, secondo il governo saudita, la maggior parte viene utilizzata per finanziare i leader tribali alleati della dinastia al Saud. La cifra è in parte confermata da alcuni documenti di Wikileaks, secondo cui il fondo destinato alla famiglia sarebbe pari a circa 2 miliardi, sui 40 del bilancio annuale del governo saudita.
La cerchia ristretta intorno al re, però, avrebbe a disposizione anche un altro fondo da cui attingere per finanziare progetti e spese personali. Questo fondo contiene i proventi derivanti dalla vendita di uno o due milioni di barili di petrolio al giorno, sui dieci prodotti nel paese. Oggi un barile di petrolio vale circa 50 dollari. Alcune di queste stime provengono da un principe dissidente che nel corso degli ultimi anni ha pubblicato due lettere anonime di denuncia nei confronti del re e di suo figlio, il vice-erede al trono. La terza fonte di introiti arriva dagli stipendi che ottengono i suoi componenti che ricoprono incarichi pubblici e dalle vere e proprie tangenti che ricevono per fare da tramiti ed agenti per società e imprenditori che decidono di fare affari nel regno.
Tutto questo denaro serve a finanziare i palazzi reali sulle rive del Marocco, i jet privati, i castelli sulla Costa Azzurra e le altre spese dei membri più vicini al re, così come le operazioni diplomatiche più spericolate, e serve anche a fornire una rendita alla numerosissima famiglia reale allargata. Il fondatore dell’Arabia Saudita moderna, Abdul Aziz al Saud, padre dell’attuale re, ebbe 53 figli ufficialmente riconosciuti: i suoi discendenti sono stati quasi tutti altrettanto prolifici. Oggi la famiglia reale riconosce ufficialmente circa 5 mila membri, ma contando tutti i rami le stime più ampie arrivano a 15 mila persone.
Non tutti i membri della dinastia condividono lo stile di vita dei principi e i familiari più vicini al re: moltissimi devono “accontentarsi” di ricchi appartamenti, invece di interi palazzi, e di Mercedes e SUV al posto di Bugatti e Maserati. Seconde le stime fatte da un diplomatico americano, i figli del fondatore del regno Abdul Aziz godono di una rendita di circa 270 mila dollari al mese, mentre i suoi pronipoti ricevono 8 mila dollari al mese. Da queste cifre sono esclusi i regali di nozze o per costruire la propria abitazione, che possono arrivare anche a diversi milioni di dollari. Secondo lo stesso diplomatico, il ministero delle Finanze saudita è «un via vai continuo di servitori che vengono a ritirare le rendite dei loro padroni».
Ma questo livello di spesa è difficile da sostenere con le rendite del petrolio che calano e con una famiglia reale che continua a ingrandirsi a ogni generazione. Secondo Jean-François Seznec, ricercatore presso il Global Energy Center, i capi della famiglia «sanno bene che devono lasciare qualcosa anche al resto del paese, in caso contrario finiranno cacciati dal trono. Se chiedi alla popolazione di fare sacrifici in nome della solidità del bilancio pubblico, non puoi permettere a una parte della società di trarre vantaggio da questa situazione».
D’altro canto, è difficile per un re saudita governare senza l’appoggio della famiglia reale. L’Arabia Saudita, in teoria, è una monarchia assoluta, dove il re non deve rendere conto a nessuno. In realtà il potere poggia su due pilastri che hanno spesso una relazione conflittuale: da un lato il potente clero wahabita, una corrente di Islam particolarmente puritano diffusa nella penisola arabica; dall’altro la vasta famiglia reale, fatta di lontani familiari, ma anche di potenti principi che è meglio non contrariare. E il consenso della famiglia sarà sempre più importante nei prossimi anni. L’anziano re Salman, da tempo malato, ha nominato suo figlio Muhammad bin Salman vice-erede al trono.
MBS, come viene spesso chiamato dai giornali internazionali, è l’autore del grande piano di riforme approvato quest’anno, nonché ministro della Difesa e persona più forte del governo saudita. Anche se al momento è solo il secondo in linea di successione, dopo suo zio Muhammad bin Nayef, molti credono che il suo obiettivo sia arrivare rapidamente al trono. Ma come racconta un altro membro della famiglia intervistato dal New York Times – il principe Khalid, che vive in esilio in Germania – MBS dovrà fare molta attenzione a colpire le rendite dei suoi familiari: «Non sarà mai re senza il sostegno della famiglia reale».