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  • Domenica 13 novembre 2016

Continuano le proteste contro Trump

Si tengono dal 9 novembre in molte città americane, tra cui New York, Los Angeles e Chicago: sono perlopiù pacifiche, ma ci sono stati alcuni arresti

Proteste contro l'elezione di Donald Trump a Chicago, il 12 novembre 2016, davanti a un edificio della Trump Organization (NOVA SAFO/AFP/Getty Images)
Proteste contro l'elezione di Donald Trump a Chicago, il 12 novembre 2016, davanti a un edificio della Trump Organization (NOVA SAFO/AFP/Getty Images)

Sabato 13 novembre negli Stati Uniti sono continuate le proteste contro l’elezione a presidente di Donald Trump, organizzate in alcune delle maggiori città fin dal 9 novembre, giorno successivo alle elezioni presidenziali in cui Trump ha battuto la candidata Democratica Hillary Clinton. La manifestazione più grossa della giornata si è tenuta a New York: a mezzogiorno migliaia di persone hanno camminato da Union Square alla Trump Tower, l’edificio in cui Trump vive e dove ha sede la Trump Organization. All’inizio sembravano esserci solo duemila persone, ma sembra che verso la fine della manifestazione il numero dei partecipanti fosse salito a circa 10mila. Secondo le stime della polizia invece partecipanti erano 25mila. La polizia ha bloccato i manifestanti davanti alla Trump Tower, residenza e ufficio di Trump: due persone sono state arrestate per aver provato a superare una barriera, ma non ci sono stati scontri. Negli ultimi giorni il numero di visitatori dell’edificio, fra l’altro, è molto cresciuto per la curiosità nei confronti di Trump.

Tra le altre città dove sono state organizzate delle proteste ci sono Los Angeles, dove sabato si è svolta una manifestazione con circa 8.000 partecipanti, e Oakland, in California; Chicago, in Illinois, dove la manifestazione ha raggiunto un edificio di proprietà di Trump; Baltimora, nel Maryland; Kansas City, in Missouri; Milwaukee, nel Wisconsin, e a Miami, in Florida. Sono perlopiù stati a maggioranza Democratica e in cui è stata la candidata Hillary Clinton a ottenere più voti alle elezioni: per molte persone queste proteste sono un modo per affrontare un risultato elettorale inatteso, una specie di terapia di gruppo per riprendersi dall’elezione di Trump, che non era stata prevista dai sondaggi e dai media. Diversi leader Democratici – fra cui Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts e molto popolare fra gli attivisti dell’ala sinistra del partito – hanno invitato le persone che stanno protestando a indirizzare la loro rabbia per dedicarsi all’attivismo politico.

Le manifestazioni di questi giorni sono state perlopiù pacifiche, con alcune eccezioni. L’11 novembre, a Portland, in Oregon, un manifestante è stato ferito da un colpo di pistola in modo non grave; la polizia ha detto di aver arrestato quattro persone, che probabilmente fanno parte di una gang criminale. Nella stessa città sono stati arrestati 19 manifestanti durante le proteste del 12 novembre. Le proteste non sono state del tutto pacifiche nemmeno a Oakland, dove il 9 novembre alcuni manifestanti hanno dato fuoco a cassonetti della spazzatura e hanno cercato di bloccare una superstrada. A Los Angeles invece nelle prime proteste organizzate sono state arrestate decine di persone che a loro volta avevano bloccato il traffico su una strada.

Sono in corso di organizzazione anche delle proteste in occasione dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, che sarà il 20 gennaio 2017. In particolare è previsto un corteo di «un milione di donne» a Washington per protestare contro l’atteggiamento di Trump nei confronti delle donne.

Trump ha commentato due volte le proteste su Twitter: prima se ne è lamentato, dicendo che i manifestanti sono «professionisti della protesta, aizzati dai media»; poche ore dopo, invece, ha espresso apprezzamento per la «passione» dimostrata dai manifestanti.