Le terribili chat dei genitori su WhatsApp

Potrebbero essere un mezzo utile per scambiarsi informazioni sulla scuola e i figli, ma spesso diventano uno spazio rissoso e di critica agli insegnanti, racconta Repubblica

(Wolfram Kastl/picture-alliance/dpa/AP Images)
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Marco Lodoli, giornalista e insegnante di Italiano in una scuola di Roma, ha raccontato su Repubblica come l’uso delle chat di WhatsApp da parte dei genitori di bambini o ragazzi che frequentano la stessa classe stia cambiando il rapporto tra genitori e insegnanti. Secondo Lodoli, le chat di Whatsapp – inizialmente create per facilitare le comunicazioni tra genitori – stanno diventando sempre più spesso una «cassa di risonanza di un sentimento incontrollato», rabbia o risentimento nei confronti degli insegnanti o verso altri genitori. Lodoli ha commentato un articolo uscito martedì, sempre su Repubblica, nel quale la giornalista Tiziana De Giorgio raccontava diversi casi di conversazioni tra genitori finite in litigi e insulti e magari iniziate con una domanda del genere: «Marco è tornato a casa e mi ha detto che la maestra Elena ha risposto ad almeno due sms durante la lezione di matematica. È successo anche ieri. A voi risulta?».

Per molti decenni il conflitto nella scuola è stato tra studenti e insegnanti, tra la giovinezza e l’autorità, tra il desiderio fisiologico di libertà e il richiamo all’ordine, al dovere, alla responsabilità. Pinocchio contro la scuola, la spensieratezza contro la pesantezza. Poi, negli Anni 70, questo contrasto generazionale ha preso una dimensione politica. Gli studenti sentivano di incarnare istanze rivoluzionarie, di essere protagonisti di un mondo nuovo e percepivano gli insegnanti come difensori dell’ordine costituito, della conservazione, di un passato ingiusto e decrepito.

Ma anche questo periodo è ormai finito, oggi viviamo nell’epoca della competizione, della lotta durissima per emergere dalla palude. E così il conflitto ha cambiato gli schieramenti: oggi da una parte della barricata ci sono gli insegnanti e dall’altra i genitori, che pretendono per i loro figlioli trattamenti di riguardo, ottimi voti, medaglie che scintilleranno fuori della scuola, nel mercato del lavoro. I genitori intuiscono che la selezione sarà feroce e dunque cercano in ogni modo di proteggere i loro ragazzi, di far guadagnare loro crediti e punteggi buoni da spendere più avanti.

Chi parte male rischia di finire peggio. Così gli insegnanti vengono pressati, a volte criticati o addirittura contestati. E la piazza della ribellione è WhatsApp, un mezzo che doveva unire, favorire gli scambi, allargare l’informazione e che invece diventa la cassa di risonanza di un risentimento incontrollato. Madri e padri si fomentano reciprocamente, la palla che rotola in breve diventa una valanga, il primo disappunto si trasforma in rancorosa ostilità verso l’insegnante che mette voti troppo bassi o che non sta svolgendo il programma così come i genitori pretendono.

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