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  • Giovedì 29 settembre 2016

Il Partito socialista spagnolo cade a pezzi

Dopo mesi di sconfitte elettorali, metà dei membri dell'organo di governo del PSOE si sono dimessi per cacciare il segretario Pedro Sánchez

Pedro Sanchez (PIERRE-PHILIPPE MARCOU/AFP/Getty Images)
Pedro Sanchez (PIERRE-PHILIPPE MARCOU/AFP/Getty Images)

Il Partito socialista spagnolo di Pedro Sánchez sta attraversando da mesi una profonda crisi e dopo le sei sconfitte elettorali in poco più di un anno – quelle delle elezioni locali del maggio 2015, quelle in Galizia e nei Paesi Baschi dello scorso 25 settembre 2016 e poi quelle delle ultime due elezioni politiche dove il PSOE ha ottenuto i peggiori risultati della sua storia – ora sembra si sia arrivati a un punto di rottura: diciassette dei trentacinque membri dell’organo di governo del partito si sono dimessi per forzare le dimissioni del segretario, che invece sta cercando una nuova elezione.

Qualche giorno fa, dopo la sconfitta in Galizia e nei Paesi Baschi, Pedro Sánchez, segretario del PSOE, aveva annunciato la sua volontà di convocare un congresso straordinario aperto agli iscritti e di organizzare delle elezioni primarie per scegliere il nuovo segretario del partito, nel tentativo di rafforzare la propria posizione con una nuova legittimazione elettorale. Nei piani di Sánchez, sia le primarie che il congresso si sarebbero dovuti tenere il 23 ottobre, a una settimana dalla scadenza prevista per la formazione del nuovo governo nazionale che potrebbe portare a nuove elezioni politiche nel caso il Parlamento non dia la fiducia al governo di minoranza guidato dal Partito Popolare (PP).

Sánchez è molto criticato da tempo, anche all’interno del suo stesso partito: in diversi credono che la sua strategia – rifiutare qualsiasi accordo di governo con il PP e cercare invece un qualche accordo con Podemos – si sia rivelata ormai fallimentare. Per contrastarlo, mercoledì 28 settembre diciassette dei trentacinque membri della Commissione esecutiva federale del PSOE, l’organo di governo del partito stesso, hanno presentato le dimissioni nel tentativo di destituire Sánchez e di arrivare con una direzione ad interim al congresso straordinario.

Dopo le dimissioni dei membri della Commissione esucutiva federale, Sánchez ha fatto però sapere che non intende dimettersi. El País scrive che il segretario si ritiene ancora nel pieno delle sue funzioni e che intende convocare per oggi, giovedì 29 settembre, i membri della Commissione che ancora lo sostengono per poi riunire sabato il Comitato federale responsabile della convocazione di congresso e primarie. I dimissionari e i critici di Sánchez vorrebbero invece riunire nelle prossime ore la Commissione di garanzia per analizzare la situazione e, di fatto, per dichiarare decaduta tutta la direzione del partito, compresa la segreteria.

Le due opposte posizioni, quella dell’attuale segretario e quella di chi se ne è andato, sono basate su due diverse interpretazioni del regolamento dello statuto del partito. All’articolo 36 non è presente la specifica situazione in cui a dimettersi sia la metà della direzione del partito e Sanchez sta usando a suo favore questa situazione. I critici dicono invece che anche se nello statuto non si dice esplicitamente che le dimissioni della metà della direzione del partito portano a una direzione ad interim, esistono dei precedenti in questo senso. Per esempio nel 2000 quando venne destituito il segretario Joaquín Almunia.

Nel suo editoriale di oggi El País critica pesantemente Sánchez dicendo che dopo le ripetute sconfitte elettorali degli ultimi mesi si sarebbe dovuto dimettere «senza esitazioni» e che invece «si è rivelato essere un leader senza scrupoli» che sta distruggendo il partito di cui fa parte. Durante la conferenza stampa dopo le sconfitte di Galizia e Paesi Baschi Sánchez non si è assunto «con umiltà la sconfitta» e non si è «democraticamente congratulato con i vincitori», ma ha preso di mira i suoi critici «accusandoli di aver lavorato a vantaggio dei loro principali rivali, il Partito Popolare». El País conclude dicendo che è proprio l’ostinazione di Sánchez a rafforzare il Partito Popolare, a indebolire il PSOE e a rendere molto complicato per gli elettori immaginare che possa governare in un prossimo futuro la Spagna.