Leonardo DiCaprio contro la pesca di frodo

La sua fondazione ha contributo a creare Global Fishing Watch, un'iniziativa che coinvolge anche Google per controllare che i pescherecci di tutto il mondo non sgarrino

Leonardo DiCaprio alla presentazione dell'iniziativa Global Fishing Watch a Washington, DC, 15 settembre 2016 (Chip Somodevilla/Getty Images)
Leonardo DiCaprio alla presentazione dell'iniziativa Global Fishing Watch a Washington, DC, 15 settembre 2016 (Chip Somodevilla/Getty Images)

L’attore statunitense Leonardo DiCaprio è stufo della pesca di frodo, una delle principali cause del rapido esaurimento di alcune delle più grandi aree pescose del pianeta, nelle quali i banchi di pesci non riescono a riprodursi a un ritmo sostenibile rispetto a quello con cui vengono pescati. Invece di limitarsi a finanziare qualche campagna di informazione per sensibilizzare sul tema, DiCaprio ha partecipato con la sua fondazione alla creazione del progetto Global Fishing Watch, con l’obiettivo di fornire tecnologie e strumenti per monitorare le attività di pesca in tutto il mondo, semplificando la ricerca delle navi che praticano la pesca di frodo.

Oltre alla Leonardo DiCaprio Foundation, tra i finanziatori ed esecutori di Global Fishing Watch ci sono Google, l’organizzazione non-profit SkyTruth, specializzata nell’utilizzo di tecnologie satellitari, e Oceana, grande organizzazione internazionale che si occupa di sensibilizzare sulla conservazione degli ambienti marini. Global Fishing Watch prevede varie iniziative, ma al centro ha un sistema per tenere sotto controllo i pescherecci, analizzare i loro spostamenti e ricostruire le loro attività in mare per scoprire eventuali irregolarità. Il sito dell’iniziativa offre a tutti la possibilità di visualizzare una mappa, che mostra in tempo reale la posizione delle navi e dei porti in cui hanno attraccato, con la possibilità di tornare indietro nel tempo fino al 2012.

La mappa viene aggiornata sulla base dell’Automatic Identification System (AIS), il sistema che utilizzano le navi per segnalare la loro posizione, e i cui dati sono pubblici. Le informazioni sono raccolte da satelliti e da sistemi radio a terra: comprendono i dati di registrazione di ogni nave, quindi incrociando queste informazioni con un database è possibile sapere dove si trova l’imbarcazione X e che tipo di attività svolge (nave da trasporto, traghetto, peschereccio e via discorrendo). Naturalmente non tutte le navi segnalano con l’AIS la loro posizione, soprattutto se svolgono attività illecite come la pesca di frodo, oppure spengono i sistemi per farlo nelle ore in cui seguono rotte non consentite verso aree dove è vietato pescare. Utilizzando le registrazioni degli spostamenti anche degli anni passati, Global Fishing Watch riesce ad arginare in parte il problema, perché in molti casi per potere raggiungere alcune destinazioni le imbarcazioni sono costrette a usare l’AIS. Alcuni paesi, inoltre, obbligano le navi più grandi a utilizzare sempre il sistema di localizzazione come misura di sicurezza.

L’idea è che istituzioni, organizzazioni non governative, società e singoli privati utilizzino la mappa in tempo reale e il suo archivio per controllare l’attività di un peschereccio, quando notano qualcosa di sospetto o ricevono indicazioni su potenziali illeciti. A questo controllo diretto di una nave si aggiunge un sistema più generalizzato, che si basa su un algoritmo che valuta velocità e rotte seguite dalle navi per identificare attività sospette legate alla pesca di frodo (i pescherecci si muovono più lentamente quando gettano le reti, seguono percorsi circolari e restano più a lungo nella stessa zona). Queste vengono mostrate sulla mappa con una serie di filtri, per avere un quadro globale della pesca nel mondo e monitorare meglio le aree dove è proibito pescare. Grazie alla collaborazione di pescherecci che comunicano volontariamente la loro attività a Global Fishing Watch, l’algoritmo viene affinato per ridurre il numero di segnalazioni errate mostrate dal sistema.

Global Fishing Watch ha impiegato un paio di anni per creare i suoi strumenti di monitoraggio, che da qualche giorno sono a disposizione di tutti. Il sistema era già stato sperimentato con particolari istituzioni con risultati incoraggianti. Il governo di Kiribati, uno stato insulare dell’Oceania, per esempio, è riuscito a scoprire l’attività illegale di un peschereccio nell’area protetta delle Isole della Fenice, un gruppo di atolli nei quali dal 2015 non si può più pescare tonno. I responsabili della nave hanno ricevuto una multa da un milione di dollari per pesca di frodo, una cifra considerevole per un piccolo stato sperduto nell’oceano e che conta poco più di 100mila abitanti.

La pesca di frodo è un problema molto serio e tra le principali cause dell’impoverimento delle aree più pescose degli oceani. Per arginarla, a inizio giugno è entrato in vigore il Port State Measures Agreement, un trattato promosso dalla FAO e che ha richiesto sette anni di lavoro per essere ratificato da un numero sufficiente di paesi, compresi gli Stati Uniti e gli stati membri dell’Unione Europea. Il trattato dà la possibilità a un paese di negare l’ingresso nei suoi porti alle navi sospettate di pesca di frodo, oppure di negare i permessi per sbarcare il loro carico. Ai grandi pescherecci è inoltre richiesto un permesso in anticipo per l’ingresso nei porti, specificando che tipo di pescato ha a bordo e i luoghi in cui lo ha recuperato.