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  • Mercoledì 14 settembre 2016

La fondazione di Trump è sotto indagine

La procura di New York ha aperto un'inchiesta sulla principale fondazione filantropica di Trump, accusandola di movimenti "sospetti"

(Mark Makela/Getty Images)
(Mark Makela/Getty Images)

Durante un’intervista televisiva con CNN, il procuratore generale dello stato di New York Eric Schneiderman ha detto che il suo ufficio ha aperto un’inchiesta sulla Trump Foundation, la principale organizzazione filantropica del candidato Repubblicano alla presidenza Donald Trump. Schneiderman non ha precisato a cosa si riferisca l’inchiesta, limitandosi a dire: «Temiamo che la Trump Foundation sia stata coinvolta in qualche attività sconveniente». Una fonte vicina alle indagini ha spiegato a Politico che l’inchiesta si concentra su «transazioni sospette venute alla luce solo di recente».

Diversi giornalisti sospettano che l’origine dell’indagine siano i diversi articoli usciti negli scorsi mesi sulle attività della Trump Foundation, che ne hanno contestato la regolarità e l’opportunità: fra le tante storie che sono venute fuori, per esempio, sembra che la fondazione filantropica di Trump abbia pagato 20mila dollari per comprare un ritratto dello stesso Trump alto quasi due metri, e soprattutto che abbia dato dei soldi a un procuratore generale che doveva decidere se aprire o no un’inchiesta sul caso della Trump University. Trump ha sempre negato tutte le accuse, e i suoi portavoce hanno fatto notare che Schneiderman è un Democratico – negli Stati Uniti i procuratori generali devono essere eletti, e quasi sempre appartengono a uno dei due partiti più grossi – e che è la stessa persona che nel 2013 ha citato in giudizio la cosiddetta Trump University chiedendo 40 milioni di dollari di danni (il processo è ancora in corso).

Cos’è la Trump Foundation
Negli Stati Uniti non è raro che un imprenditore, un politico o un personaggio molto in vista abbia una fondazione benefica intitolata a suo nome, con cui di solito finanzia cause “buone”: la costruzione di un’ala dell’ospedale della propria città natale, la ricerca sulla malattia che ha colpito un suo parente stretto e così via. Oprah Winfrey, forse la più famosa presentatrice televisiva americana, ha una fondazione dal patrimonio di 242 milioni di dollari. La Clinton Foundation, la fondazione di Bill e Hillary Clinton, nel 2014 aveva 440 milioni di dollari di asset e negli ultimi anni ha finanziato fra le altre cose progetti di ricerca sul cambiamento climatico, sulla cura per la malaria e l’HIV – garantendo cure a milioni di malati – e di sostegno alle donne in paesi in difficoltà.

Insomma, per certi versi sarebbe strano se una persona ricca e famosa come Trump non avesse una sua fondazione benefica. Il problema è che la Donald J. Trump Foundation «non è come le altre fondazioni di beneficenza», ha sintetizzato il Washington Post in una lunga inchiesta pubblicata il 10 settembre, aggiungendo che «riceve e spende soldi in una maniera molto insolita».

Cosa gli viene contestato
La Trump Foundation è stata creata da Trump nel 1987 per destinare in beneficenza parte dei ricavi di The Art of the Deal, la sua autobiografia – scritta in realtà dal giornalista Tony Schwartz – e sostanzialmente il libro che ha definito l’immagine pubblica di Trump. La fondazione ha funzionato “normalmente” almeno fino al 2008, sebbene con cifre molto ridotte: il Washington Post ha calcolato che fino al 2006 Trump ha donato alla propria fondazione un totale di 5,4 milioni di dollari, quasi tutti poi donati ad altri enti. In seguito sono successe due cose: Trump ha smesso di versare soldi – la sua ultima donazione è di 30mila dollari e risale al 2008 – e sono iniziate una serie di donazioni in entrata e in uscita quantomeno sospette.

Tralasciando le donazioni da qualche migliaio di dollari, che il Washington Post definisce «regali che sembrano causati più dalle esigenze della vita sociale e imprenditoriale di Trump, più che da un desiderio di appoggiare buone cause», ci sono diverse altre attività strane. Nel 2012 la Trump Foundation ha ricevuto una donazione di 500mila dollari dalla NBC Universal, la società che possiede la tv su cui andava in onda lo show televisivo di Trump, The ApprenticeIl Washington Post fa notare che i 500mila dollari della donazione sono più che sufficienti per coprire le donazioni e i regali che Trump annunciava di voler fare di tasca propria durante alcune puntante dello show.

Altre volte sembra che Trump abbia usato i soldi della sua fondazione – che dal 2008 non erano più formalmente soldi “suoi” – per comprare cose per sé (cosa illegale, secondo le regole del fisco americano). Nel 2007, per esempio, Melania e Donald Trump parteciparono a un’asta di beneficenza dell’artista Michael Israel, che in quell’occasione dipinse e mise all’asta un ritratto di Trump. Melania Trump fu l’unica a fare un’offerta, prima di 10mila e poi di 20mila dollari. Il quadro fu pagato tramite la Trump Foundation. In un’altra occasione, nel 2012, Trump vinse a un’asta di beneficenza un casco da football autografato dall’allora quarterback dei Denver Broncos, Tim Tebow. Trump vinse l’asta offrendo 12mila dollari, pagati poi dalla Trump Foundation.

La donazione più controversa di tutte è avvenuta nel 2013, anche se si è scoperta solo durante questa campagna elettorale. Il 25 agosto di quell’anno la procura generale di New York fece causa alla Trump University per truffa, citando i casi di più di cinquemila ex studenti. Circa un mese dopo la procura generale della Florida decise di non occuparsi del caso, nonostante la causa presentata a New York contenesse i casi di 827 ex studenti originari della Florida. Il 17 settembre la Trump Foundation fece una donazione di 25mila dollari a “And Justice For All”, un gruppo politico controllato proprio dalla procuratrice generale della Florida, Pamela Bondi (che fra le altre cose è un’amica personale di Trump). La portavoce di Trump, Hope Hicks, sostiene che la donazione e il caso della Trump University non siano collegati, anche se Associated Press ha ricostruito che Bondi chiese a Trump una donazione nello stesso periodo in cui il suo ufficio stava esaminando la causa di New York contro la Trump University. NBC News ha scritto che per ora Trump se l’è cavata con una multa da 2.500 dollari dall’agenzia dell’entrate, causata esclusivamente dal fatto che nel dichiararla alle tasse Trump aveva attribuito la donazione a un’altra fondazione omonima con sede in Kansas.

Altre donazioni, invece, risultano nei libri contabili della Trump Foundation ma gli enti destinatari non le hanno mai ricevute: in un recente articolo il Washington Post ne cita soprattutto due, una piccola fondazione per veterani di guerra e un consorzio di associazioni di beneficenza di Los Angeles.

Nessuno dei “grossi” donatori della Trump Foundation ha voluto parlare con il Washington Post: né Vince McMahon, CEO della World Wrestling Entertainment e amico personale di Trump, che assieme a sua moglie Linda ha donato in tutto l’equivalente di 5 milioni di euro, né Richard Ebers, un bizzarro rivenditore di biglietti di grandi eventi, che dal 2011 ha donato l’equivalente di circa 1,9 milioni di euro. A oggi la Trump Foundation non ha nessun dipendente e un cda composto da quattro membri, che non prendono uno stipendio: Donald Trump e i suoi figli Ivanka, Eric e Donald Jr.

Cosa rischia Trump?
Non è chiaro, dato che il procuratore di New York non ha diffuso dettagli sulla possibile incriminazione di Trump. In ogni caso è difficile che questa indagine sposti concretamente qualcosa nella campagna elettorale statunitense: le accuse alla fondazione di Trump circolano ormai da mesi, e un processo portato avanti da un procuratore Democratico finirebbe per avvantaggiare l’argomento di Trump che “il sistema” sta cercando di danneggiarlo. Inoltre, secondo molti osservatori i molti guai in cui è stato coinvolto Donald Trump hanno ottenuto tra le altre cose l’effetto di abituare l’opinione pubblica americana a questo genere di storie; le critiche contro Hillary Clinton per le accuse attorno alla sua fondazione filantropica – molto meno gravi, e non giudiziarie – sono state ben più forti e discusse.