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  • Mercoledì 27 luglio 2016

Hillary Clinton è ufficialmente la candidata del Partito Democratico

Cosa è successo martedì alla convention di Philadelphia, dove per la prima volta nella storia degli Stati Uniti un grande partito ha candidato una donna alla presidenza

di Francesco Costa – @francescocosta

Tre delegate commosse dopo la nomination di Hillary Clinton. (AP Photo/John Locher)
Tre delegate commosse dopo la nomination di Hillary Clinton. (AP Photo/John Locher)

Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti d’America, un grande partito ha candidato ufficialmente una donna alla presidenza: i delegati del Partito Democratico eletti con le primarie degli scorsi mesi, riuniti nella convention che si sta tenendo a Philadelphia, hanno votato per scegliere Hillary Clinton come candidata del partito alle elezioni del prossimo 8 novembre. Anche se si trattava di una notizia attesa – Clinton ha vinto le primarie ottenendo oltre 16 milioni di voti – la platea di Philadelphia l’ha accolta con molto entusiasmo: e questo anche per come è arrivata.

Nel pomeriggio di martedì si è tenuto il cosiddetto “roll call”: il momento teatrale in cui le delegazioni di tutti gli stati, una per una, prendono la parola e dichiarano come voteranno i loro membri in base ai risultati delle primarie. Tra gli altri ha preso la parola Larry Sanders, fratello del senatore Bernie Sanders sconfitto alle primarie e delegato dei Democratici all’estero, che si è commosso esprimendo il suo voto.

Alla fine della conta dei voti, quando Hillary Clinton aveva ottenuto la maggioranza assoluta, lo stesso Bernie Sanders ha preso la parola proponendo di interrompere le successive procedure di verifica e mettere direttamente al voto dell’aula l’elezione di Clinton per acclamazione. L’aula non se lo è fatto ripetere due volte e in quel momento Hillary Clinton è diventata la candidata del Partito Democratico.

La grandissima parte dei delegati di Bernie Sanders ha partecipato alla festa – c’erano moltissimi delegati commossi – ma circa 200 su 1.800 sono usciti dal palazzetto per protesta: prima alcune decine di loro hanno occupato parzialmente la sala stampa della convention, attirando immediatamente le attenzioni di decine e decine di giornalisti (a un certo punto c’erano forse più giornalisti che manifestanti) e provocando la chiusura della sala stampa da parte della polizia. Poi sono usciti dall’area della Wells Fargo Arena, il palazzetto che ospita la convention, per manifestare per strada.

Per le strade di Philadelphia le proteste si sono fatte più agitate, anche perché si sono congiunte con altre due manifestazioni, una pro-Palestina e una di Black Lives Matter. Alcuni passanti hanno contestato i manifestanti, qualcuno ha bruciato una bandiera americana, ci sono stati un po’ di insulti e tensione e una piccola rissa, ma nessun arresto né nessuno scontro con la polizia. Più in generale, dopo le proteste di lunedì durante i lavori della convention, i giornalisti presenti a Philadelphia hanno passato l’intera giornata o quasi a sentire i delegati di Sanders: e il quadro che ne è venuto fuori è che la stragrande maggioranza non ha partecipato alle contestazioni e ha intenzione di votare Hillary Clinton a novembre. Politico li ha chiamati i “Sarah Silverman Democrats”, perché Sarah Silverman è la comica americana molto pro-Sanders che lunedì dal palco ha detto ai contestatori che stavano facendo «una figura ridicola».

Forse anche perché i contestatori erano tutti fuori, dentro la Wells Fargo Arena il clima invece era tranquillissimo: al contrario di lunedì, quella di martedì è stata una tradizionale giornata da convention americana, con molti discorsi uno dietro l’altro tutti volti a presentare Hillary Clinton, a ricordare cosa ha fatto nella sua vita e a promuovere la sua candidatura. Anche in questo, comunque, si è vista una differenza rispetto alla convention dei Repubblicani. Gli speaker di Cleveland non avevano fatto riferimento quasi mai a cose concrete che il loro candidato, Donald Trump, avesse fatto effettivamente per loro o per il paese: l’unica cosa simile a un aneddoto è arrivato quando sua figlia Tiffany ha raccontato che quando un suo amico è morto Trump le ha telefonato. Tutti gli speaker di Philadelphia, invece, hanno raccontato una o più storie su Hillary Clinton, il suo lavoro di attivista e avvocato per i diritti civili negli anni Settanta, le battaglie politiche per la sanità e l’istruzione, il lavoro da senatrice di New York per ottenere fondi per le vittime e i soccorritori degli attentati dell’11 settembre 2001.

Il momento più toccante del pomeriggio è stato l’intervento del movimento delle madri dei ragazzi neri uccisi dalla polizia.

Hanno parlato tra gli altri un po’ di pezzi grossi del Partito Democratico (Nancy Pelosi, per esempio), alcune persone della società civile (per esempio la capo di Planned Parenthood, le cliniche che tra le altre cose offrono alle donne la possibilità di abortire, e per questo sono contestatissime dai conservatori) e un po’ di celebrities: Elizabeth Banks, Lena Dunham, America Ferrera di Ugly Betty, Tony Goldwyn di Scandal, Debra Messing di Will & Grace, Erika Alexander dei Robinson.

Il momento più divertente è arrivato però con un politico, e cioè quando Howard Dean, una specie di Bernie Sanders degli anni Novanta, ha citato il suo famigerato “Dean’s scream”, l’urlo esagerato che fece esultando per il terzo posto in un’elezione primaria, così esagerato che si pensa che da lì cominciò il suo rapido declino.

Il “Dean’s scream” originale, in Iowa, nel 2004:

Il “Dean’s scream” del 2016 a Philadelphia:

Il discorso più importante e atteso della serata era quello dell’ex presidente Bill Clinton, marito di Hillary Clinton e noto formidabile oratore: il suo discorso a favore di Barack Obama alla convention dei Democratici del 2012 è ricordato ancora come un momento decisivo di quella campagna elettorale.

Il discorso di Bill Clinton – che come fa spesso è andato a braccio più volte, trascurando il gobbo elettronico, ed era un po’ dimagrito e tremolante – è stato un lungo tentativo di “ripresentare” sua moglie agli americani: per due terzi del discorso ha raccontato la storia della loro vita, anche a costo di essere un po’ noioso, ma enfatizzando con storie e aneddoti concreti come Hillary abbia sempre cercato di migliorare le cose attorno a lei, in Illinois, in Arkansas e poi a New York e a Washington. Un esempio che Bill Clinton fa spesso riguarda un programma di istruzione sperimentale che Hillary portò vent’anni fa in Arkansas dopo aver sentito parlare della sua applicazione in Israele: quel programma esiste ancora e ha dato ottimi frutti. «Ci sono moltissimi giovani in America che non hanno la più minima idea che Hillary abbia avuto un ruolo nella loro istruzione, eppure le loro vite sono migliori perché hanno partecipato a quel programma».

Dopo aver costruito il suo argomento raccontando le cose fatte e ottenute da Hillary Clinton, scendendo anche nei particolari delle riforme e delle politiche, nella parte finale del suo discorso Bill Clinton ha affrontato la questione politica.

«Ora, i conti non tornano. Come fanno a tornare i conti tra le cose che vi ho raccontato e quelle che avete sentito alla convention dei Repubblicani? Qual è la differenza tra queste e quelle? Come facciamo a far tornare i conti tra queste e quelle? Non si può. Perché alcune sono vere, e altre sono inventate. Voi dovete semplicemente decidere chi ha detto quelle vere e chi quelle inventate. […] La Hillary vera è la più grande produttrice di cambiamento che io abbia incontrato in tutta la mia vita. […] Sapete qual è il punto? Se pensi di vincere le elezioni dicendo alla gente che il governo fa sempre schifo e fa sempre danni, un agente di cambiamento per te è una vera minaccia. Quindi devi creare una macchietta, devi dipingere il tuo avversario come una macchietta, un fumetto. I fumetti hanno due dimensioni, sono facili da leggere. La vita nel mondo vero è complicata, e il cambiamento è difficile. Alcuni pensano persino che sia noioso. Ma in ogni caso, buon per voi: oggi avete nominato la Hillary vera»

«Durante le primarie Hillary mi ha mandato in West Virginia, dove sapeva che avremmo perso. Mi ci ha mandato chiedendomi di guardare in faccia i minatori dello stato e dire loro: sono qui perché Hillary mi ha detto di dirvi che se pensate davvero di poter riavere indietro l’economia di cinquant’anni fa, fate pure, votate per chi vi pare. Ma che quando vincerà le elezioni, tornerà a prendervi e vi porterà con lei nell’America del futuro»

«Hillary ci renderà più forti insieme. Lo sapete, perché ha passato tutta la vita a farlo. Spero che voi la eleggiate. Chi tra noi ha ormai più ieri che domani, tende ad avere più a cuore soprattutto i nostri figli e i nostri nipoti. La ragione per cui dovreste eleggerla, è che nella più grande nazione del mondo tutte le cose riguardano sempre il domani. I vostri figli e i vostri nipoti vi ringrazieranno»

A quel punto la serata era praticamente finita, ma ci sono state altre tre cose notevoli:

– l’arrivo di Meryl Streep, che ha fatto un breve discorso sul valore della candidatura di Hillary Clinton;

– la presentazione di una canzone pro-Hillary che ha dentro un bel po’ di celebrities (Jane Fonda, tipo);

un’apparizione a sorpresa di Hillary Clinton, in diretta da New York, in compagnia di un gruppo di ragazzine e con un messaggio per le ragazzine americane: «Io forse diventerò la prima presidente degli Stati Uniti, ma una di voi sarà la prossima».

Mercoledì sera tocca a Tim Kaine, il candidato alla vicepresidenza dei Democratici, ma soprattutto a Barack Obama e Joe Biden. Hillary Clinton, invece, chiuderà la convention giovedì sera.