L’informazione non funziona
Dave Winer, famoso esperto di internet e tecnologia, spiega come i social network e i media tradizionali assieme ormai ci offrano solo "emozioni"
di Dave Winer
Questo post parla del fallimento del giornalismo nel 2016. Ma prima vi racconto un paio di storie sulla matematica e l’informatica. All’inizio degli anni Settanta studiavo alla Tulane University di New Orleans e mi stavo specializzando in matematica. Mi ricordo che una volta un professore si arrabbiò durante un lezione di matematica, una cosa di equazioni differenziali o analisi, probabilmente: «Si immagina che lo capiate se una dimostrazione è giusta». Gli studenti avevano consegnato un compito in cui dovevano dimostrare un qualche cosa di matematico, e tutti noi avevamo dato delle soluzioni che non funzionavano.
Qualche anno dopo mi successe una cosa simile mentre facevo il dottorato in informatica alla University of Wisconsin di Madison. Facevo l’assistente e tra le altre cose dovevo dare esempi di codici che gli studenti avrebbero usato nei loro compiti. Una volta, diedi un codice che conteneva un errore di sintassi. Non passava dal compilatore C, che lo respingeva e mostrava un messaggio del tipo «correggi questo errore e riprova». Una dottoranda che supervisionava il mio lavoro si arrabbiò, proprio come all’epoca aveva fatto il mio professore della Tulane. «Verifica quello che fai», mi disse. Ero imbarazzato, ma avevo capito il messaggio. Da allora, prima di dare un codice, lo inserisco nel sistema per assicurarmi che faccia le cose che penso debba fare. Ovviamente, in questo modo si scoprono molti errori.
Ok, e questo cosa c’entra col giornalismo?
Non abbiamo capito neanche lontanamente come funzioni l’informazione nell’era di internet. Non sappiamo dove sbattere, siamo confusi, inefficaci, e in tutto questo ne abbiamo bisogno, di un buon sistema d’informazione. La dimostrazione: il modo in cui facciamo delle scelte politiche. E ancora: stiamo tornando indietro sul tema dell’uguaglianza razziale. Il mio professore di matematica, in piedi in aula nel 1974 potrebbe dire: «Si immagina che lo capiate se avete risolto un problema!». Non l’abbiamo risolto.
Provate a fare un esercizio.
Provate a informarvi.
È impossibile. Ci arrivano solo impressioni. Emozioni. Spinte verso una direzione basica o in un’altra. Prevale la paura. Le persone che fanno quella che chiamiamo informazione sanno come funziona, e producono paura. La paura crea eccitazione, ed è una sensazione piacevole, ma cosa succede se vuoi invece che qualcuno ti spieghi cosa sta succedendo? Facebook non lo fa. Twitter tanto meno. Sembrava che a Facebook volessero fare qualcosa in questa direzione, ma poi hanno mollato il colpo. E credo non fossero preparati a quello che è successo due settimane fa in Minnesota, quando la funzione Facebook Live è stata usata per trasmettere in diretta i momenti successivi a un omicidio. Probabilmente pensavano che sarebbero arrivati video di gattini, di gente sullo skateboard o di persone che si svuotano secchi di acqua ghiacciata in testa.
Tra parentesi, trovo notevole che la ragazza, Diamond Reynolds, conoscesse Facebook Live, che lo sapesse usare, che lo avesse sul suo telefono, e che in un momento di emergenza (rischiava la vita) le sia venuto in mente di usarlo. Facebook Live c’è da molto poco tempo. Sono rimasto molto colpito anche da come abbia mantenuto la freddezza mentre un poliziotto le agitava una pistola davanti e ovviamente dava fuori di matto perché aveva appena sparato all’uomo che le stava di fianco, che stava morendo mentre lei trasmetteva in diretta.
Dico sul serio: dovrebbero darle un Pulitzer.
Mentre nel mondo succede questo, ecco invece uno screenshot delle notizie che Facebook mi ha presentato oggi:
L’unica che mi interessava in questa lista era quella su Mark Zuckerberg. Facebook è una società che dice di usare un algoritmo per personalizzare le sue notizie sulla base dei miei interessi e di quelli dei miei amici. Gli ho dato molti dati su cui lavorare. E questo è quello che hanno saputo fare? Durante il giorno, l’elenco delle notizie non cambia granché. Sono fuori bersaglio, non hanno niente a che fare con me, e in alcuni casi non so nemmeno cosa significhino. Chi è Amanda Nunes e cos’è la T-Mobile Arena? Non riesco a immaginarmi come mi potrebbe interessare. Lo stesso vale per Chaka Khan o Chewbacca Mom. Ho sentito la storia dei detenuti che hanno contribuito a salvare la vita a una guardia, e non ci ho cliccato. È SPAZZATURA.
Mi dispiace ma non mi importa che qualcuno ci guadagni dei soldi. Il nostro mondo sta finendo giù per il cesso perché tutto quello che ci arriva sono emozioni. Cose che ci danno la sensazione che il mondo sia una grande famiglia (e non lo è per niente). Storielle delle buona notte. Nascondiamo le cose che succedono veramente finché non ci esplodono in faccia. Allora la realtà torna a farsi sentire.
Mi dispiace se pensate che Facebook abbia trovato la soluzione, ma non è così. Dobbiamo risolvere il problema. Dobbiamo darci una mossa, che il business dell’innovazione sia pronto o no.
Dave Winer è uno sviluppatore di software, imprenditore e autore americano, considerato uno degli ideatori dei blog e uno dei maggiori esperti degli sviluppi tecnologici e culturali di internet: questo post è stato pubblicato in inglese sul suo blog.