Un terzo dell’umanità non vede più la Via Lattea :(

L'inquinamento luminoso l'ha resa invisibile nella Pianura Padana e in generale al 60 per cento degli europei, ed è un problema

La Via Lattea vista dalla Stazione Spaziale Internazionale (NASA)
La Via Lattea vista dalla Stazione Spaziale Internazionale (NASA)

A causa dell’inquinamento luminoso, più di un terzo della popolazione mondiale non riesce più a osservare la Via Lattea di notte, e in alcuni casi deve spostarsi per centinaia di chilometri prima di potere raggiungere un punto in cui è nuovamente visibile. La scia luminosa che attraversa diagonalmente la sfera celeste – la parte di cielo visibile di notte – accompagna da sempre la vita dell’uomo, è stata fonte di ispirazione per innumerevoli opere letterarie e scientifiche, ha stimolato la curiosità dei primi studiosi dello Spazio e ancora oggi affascina per la sua complessità. Per questo, secondo gli astronomi e gli astrofili, l’impossibilità di vedere la Via Lattea a occhio nudo è una grave perdita per tutti, e potrebbe incidere sul modo stesso in cui percepiamo la nostra civiltà.

Via Lattea
La Via Lattea è la galassia in cui si trova il nostro Sistema solare e, secondo gli studi più condivisi, ha una forma a spirale barrata: ha quindi un nucleo attraversato da una sorta di barra, alle cui estremità iniziano i bracci della spirale. Quella che vediamo dalla Terra è una parte della galassia e comprende stelle, nebulose e polveri interstellari. Il centro della Via Lattea non è visibile dalla Terra perché oscurato da uno strato di polveri molto dense proprio nella sua direzione.

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Il nome Via Lattea deriva dal greco galaxias, che significa proprio “latteo”: veniva chiamata così nell’Antica Grecia. Per questo motivo la Via Lattea è considerata la galassia per antonomasia. La nostra è solo una delle innumerevoli galassie che costellano l’Universo e ci vorrebbero 100mila anni per attraversarla tutta viaggiando alla velocità della luce (300mila chilometri al secondo). Secondo le stime più recenti, la Via Lattea ospita tra i 200 e i 400 miliardi di stelle.

Inquinamento luminoso
Negli ultimi anni un gruppo di ricercatori internazionali, guidato da Fabio Falchi dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso di Thiene, vicino a Vicenza, ha raccolto e analizzato i dati forniti da Suomi NPP – un satellite della NASA che compie osservazioni su particolari emissioni del nostro Pianeta – e da rilevazioni effettuate direttamente sulla Terra sul grado di luminosità di alcune aree geografiche. Le informazioni sono state elaborate e trasformate in un atlante, che con un buon grado di approssimazione mostra le aree dove l’inquinamento luminoso è maggiore, tale da rendere invisibili le stelle e da modificare in alcuni casi le abitudini di molti animali nelle ore notturne.

Secondo lo studio, il 60 per cento degli europei e quasi l’80 per cento degli statunitensi non riesce più a vedere la Via Lattea nei luoghi in cui vive. La situazione peggiora in alcuni paesi come Singapore, il Kuwait e Malta, dove si stima che tutta la popolazione non abbia più la possibilità di vedere la maggior parte delle stelle in cielo. La Via Lattea non è più visibile nel Nord Italia dalla Pianura Padana in su, nelle altre grandi città italiane e nelle loro vicinanze. La presenza di numerosi rilievi nel territorio italiano, dove c’è una minore concentrazione abitativa, rende tuttavia possibile la visione di un pezzo della nostra galassia spostandosi in molti casi di poche decine di chilometri.

Per chi vive a Parigi la situazione è più grave: si stima che ci si debba allontanare di quasi 900 chilometri dalla città per raggiungere luoghi in cui non c’è quasi inquinamento luminoso. Nel complesso, in Europa e negli Stati Uniti il problema dell’eccessiva quantità di luce di notte riguarda circa il 99 per cento della popolazione. Africa centrale e Madagascar sono tra i posti in cui l’inquinamento luminoso è più basso.

Le cose secondo i ricercatori potrebbero peggiorare nei prossimi decenni sia a causa della maggiore urbanizzazione, nei paesi in via di sviluppo, sia per il passaggio verso le luci LED per l’illuminazione. Se da un lato le luci LED consentono di risparmiare grandi quantità di energia elettrica e di puntarla meglio verso terra, dall’altra emettono più luce blu che si riflette più facilmente aumentando l’inquinamento luminoso. Il fenomeno è causato principalmente dalle luci dell’illuminazione pubblica, delle case e degli impianti industriali, cui si aggiungono quelle del traffico: la luce che s’irradia verso l’alto viene riflessa verso il basso dalle particelle d’acqua negli strati più bassi dell’atmosfera, portando al classico bagliore che si vede intorno e che sovrasta i centri abitati. Complice l’inquinamento, il cielo non diventa mai blu e resta per tutta la notte lattiginoso, rendendo impossibile la visione del cielo stellato, fatta eccezione per alcuni astri particolarmente luminosi.

La costante illuminazione complica inoltre la vita a diversi animali, che faticano ad adattarsi a cicli di veglia e sonno in assenza del buio. Diversi studi hanno evidenziato effetti anche per la salute umana, con un peggioramento della qualità del sonno. Il problema non è quindi la semplice scomparsa dal cielo della Via Lattea, ma riguarda anche la salute pubblica e ha probabilmente un costo sociale, seppure difficile da quantificare.

Gli autori della ricerca confidano che il loro atlante possa indurre i governi ad assumere qualche precauzione, per lo meno per ridurre il livello di inquinamento luminoso nei grandi centri urbani. Tra i consigli ci sono l’uso di lampioni puntati meglio verso terra e senza dispersioni, l’impiego di luci temporizzate che si spengano nelle ore centrali della notte intorno alle aree industriali, sistemi per modulare l’intensità luminosa dove possibile. Oltre a ridurre l’alone di luce in cielo, queste soluzioni permetterebbero di risparmiare denaro e risorse per la produzione di energia elettrica.