Storie di incredibili rimonte ai ballottaggi

Le ha raccontate Paolo Griseri su Repubblica, cercando di capirne regole, costanti e categorie

(PEDRO PARDO/AFP/Getty Images)
(PEDRO PARDO/AFP/Getty Images)

Sabato 11 giugno Paolo Griseri ha raccontato su Repubblica le storie di alcuni ballottaggi alle elezioni amministrative in cui il candidato dato per favorito o più votato al primo turno ha subito invece una sconfitta clamorosa. I ballottaggi esistono dal 1993 quando in Italia fu approvata la legge che stabilì l’elezione diretta del sindaco. Scegliendo, come spesso accade, una metafora calcistica Griseri parla di “remontada” e cioè del “mito dello sconfitto al primo turno che smentisce tutte le previsioni” cercando di capirne regole, costanti e categorie (quella del “tradimento” o la “sindrome del pescecane”, ad esempio):

La remontada, il mito dello sconfitto al primo turno che smentisce tutte le previsioni. Il candidato che lascia di sasso i più raffinati analisti politici e conquista l’inattesa vittoria per la disperazione del favorito della vigilia. Ogni ballottaggio, naturalmente, fa storia a sé. Ma nel corso del tempo anche i ballottaggi sono cambiati. «Nello scontro a due — osserva Lorenzo Pregliasco, cofondatore di Youtrend — contano sempre meno le indicazioni di partito». Infatti negli ultimi anni l’apparentamento ha perso appeal. Con la trasformazione dei partiti in gruppi di opinione non sempre uniti al loro interno, l’indicazione di un leader per il candidato di un’altra formazione politica ottiene sempre meno seguito.

All’inizio della storia dei ballottaggi, subito dopo il varo della legge per l’elezione diretta dei sindaci, nel 1993, Torino conosce due clamorose remontade, tutte favorevoli a Valentino Castellani, candidato del centrosinistra. Nel ’93 Castellani vince contro Diego Novelli in uno scontro sinistra-sinistra che sarebbe rimasto sostanzialmente unico nella storia politica delle grandi città italiane. Lì il gioco fu relativamente semplice: Castellani arrivò per un soffio al secondo turno ma di fronte alla prospettiva di consegnare la città a una maggioranza fondata sui consiglieri di Rifondazione comunista, riuscì a coagulare su di sé il voto di tutti gli altri, dai liberali di Zanone agli ex comunisti del Pds.

È una regola di fondo: spesso chi subisce la remontada ha consumato al primo turno tutte le sue cartucce e si trova senza colpi nello scontro decisivo. «La prima regola — dice Pregliasco — è quella di considerare la partita del primo turno come se non esistesse. Nei tempi supplementari un incontro di calcio ricomincia da zero».

Ma la seconda regola, che spiega sconfitte clamorose, è che al secondo turno non ci sono i voti di preferenza: «Al ballottaggio un candidato dalla personalità forte senza partiti forti alle spalle vince quasi sempre su chi aveva fatto il pieno di preferenze al primo turno». È il cosiddetto «sgambetto della zia». Al primo turno delle elezioni locali i candidati sindaci che hanno molte liste a sostegno finiscono per usufruire indirettamente del voto degli amici e dei parenti di centinaia di candidati. Ma al secondo turno quell’effetto svanisce.

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