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  • Sabato 23 aprile 2016

Lo Shakespeare che è in noi

Le frasi delle opere del drammaturgo inglese che sono rimaste nel nostro linguaggio comune, a 400 anni di distanza

Il ritratto Droeshout di William Shakespeare, dal First Folio (Wikipedia)
Il ritratto Droeshout di William Shakespeare, dal First Folio (Wikipedia)

Nella sua vita William Shakespeare – che morì il 23 aprile 1616, 400 anni fa – scrisse 38 opere teatrali, tra tragedie, commedie e drammi storici. Alcune frasi contenute nelle opere di William Shakespeare sono particolarmente famose – non solo per i madrelingua inglesi – grazie ai molti film che sono ispirati alle sue opere e alle citazioni in libri, giornali, epigrafi e pubblicità. Molte battute dei personaggi di Shakespeare si usano nelle conversazioni e nelle occasioni più disparate, anche se alcune hanno assunto un significato un po’ diverso da quello che avevano per Shakespeare.

Forse le citazioni più famose e usate sono quelle tratte da Amleto: «C’è del marcio in Danimarca», che Marcello dice a Orazio nella quarta scena del primo atto, viene usata ad esempio per dire che sta succedendo qualcosa di losco o scorretto in qualche posto. Poi c’è stato chi l’ha usata fuori dal contesto – cioè urlandola senza una ragione precisa – come Totò nel film Chi si ferma è perduto.

Un’altra frase celebre tratta da Amleto è rivolta dallo stesso Amleto a Orazio: «Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante se ne sognano nella vostra filosofia». Chi legge la rivista Internazionale la conosce bene dato che è scritta in ogni numero, nella pagina degli editoriali: il significato della frase è che ci sono sempre cose nuove da scoprire. Poi c’è l’inizio del monologo più famoso di Shakespeare, il cosiddetto “Essere o non essere”, pronunciato nella prima scena del terzo atto, in cui in sostanza Amleto rimpiange di non essere morto e di dover continuare a vivere e a subire ingiustizie. È molto famosa l’interpretazione di questo monologo di Vittorio Gassman, registrata nel 1955 (“Essere o non essere” inizia al minuto 4:49 di questo video).

L’altra tragedia più famosa di Shakespeare, a sua volta molto citata anche se in contesti diversi, è Romeo e Giulietta. Ad esempio, nella seconda scena del secondo atto, Giulietta è la protagonista di un monologo in cui dice che non importa se Romeo appartiene alla famiglia rivale dei Capuleti, e che un nome non ha importanza (in questo caso il cognome di Romeo, Montecchi):

GIULIETTA – Che cos’è un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.

Un’altra frase celebre da Romeo e Giulietta è la maledizione pronunciata in punto di morte da Mercuzio, l’amico di Romeo, nella prima scena del terzo atto: «La peste alle vostre due famiglie: hanno fatto di me pasto da vermi». E poi naturalmente c’è «Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre, e rifiuta il tuo nome!», della seconda scena del secondo atto.

Altre citazioni di Shakespeare adatte alla conversazione

In La Tempesta, nella prima scena del quarto atto, c’è una frase ripresa anche nella pubblicità di un’automobile:

PROSPERO – Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita.

Una delle citazioni più famose dell’Otello, invece, è una frase pronunciata dal personaggio di Iago nella terza scena del terzo atto, che riguarda la gelosia:

IAGO – Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre.

Nella terza scena del quarto atto di Il racconto d’inverno, un personaggio loda la birra mentre canta:

AUTOLICO – Un boccale di birra è un pasto da re.

Nella tragedia Re Lear, nella prima scena del quarto atto, c’è una frase spesso riutilizzata nelle discussioni di politica:

GLOUCESTER – Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi.

Sempre dal Re Lear, e in particolare dalla prima scena del quarto atto, arriva una delle citazioni preferite dei pessimisti cronici:

EDGARDO – Finché possiamo dire: “quest’è il peggio”, vuol dir che il peggio ancora può venire.

Nella commedia Come vi piace si parla di stupidità e saggezza, nella prima scena del quinto atto:

PIETRACCIA – Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio.

E poi c’è quella famosa metafora sul mondo, gli uomini e le donne, nella settima scena del secondo atto:

IACOPO – Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti.

Per dare giudizi sulle persone e sulle loro azioni si può citare anche Giulio Cesare, in particolare una battuta della seconda scena del terzo atto:

ANTONIO – Il male che gli uomini compiono si prolunga oltre la loro vita, mentre il bene viene spesso sepolto insieme alle loro ossa.

Nel Riccardo III infine c’è una famosissima esclamazione, nella quarta scena del quinto atto:

RICCARDO – Un cavallo! Un cavallo! Il mio regno per un cavallo!