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  • Lunedì 22 febbraio 2016

I quattro referendum in Svizzera

Si voterà il 28 febbraio su questioni come il raddoppio del San Gottardo e l'inserimento della "famiglia tradizionale" nella Costituzione

(Rolf Haid/picture-alliance/dpa/AP Images)
(Rolf Haid/picture-alliance/dpa/AP Images)

Domenica 28 febbraio in Svizzera si voterà per quattro referendum: uno sul raddoppio della galleria del San Gottardo, uno su un’iniziativa per dare sconti fiscali alle coppie sposate e inserire nella Costituzione una definizione di matrimonio come unione tra un uomo e una donna; uno per espellere gli stranieri che commettono reati e un altro per vietare la speculazione sulle materie prime alimentari. Il governo e il parlamento chiedono di votare “no” a tutti i quesiti tranne quello più discusso: il raddoppio del San Gottardo.

Il raddoppio del San Gottardo
Il tunnel di San Gottardo è una galleria lunga 17 chilometri che unisce il Canton Ticino con il Canton Uri. È uno dei tunnel più lunghi d’Europa ed è un’arteria fondamentale per il traffico tra Italia ed Europa del nord. Dopo 36 anni dalla sua apertura, la galleria ha bisogno di alcune operazioni di ristrutturazione e quindi dovrà essere chiusa. Governo e parlamento propongono un referendum per modificare la costituzione e permettere la costruzione di un secondo tunnel, in modo da mantenere aperta la strada anche quando la prima galleria sarà chiusa. Oggi il San Gottardo ha due corsie, una per senso di marcia. Quando i lavori di risanamento saranno terminati, la vecchia galleria diventerà unidirezionale, mentre la nuova sarà utilizzata per andare nel senso opposto.

Dice: cosa c’entra la costituzione? Chi si oppone al referendum sostiene che in questo modo, quando saranno terminati i lavori, si aumenterà la capacità della galleria e di conseguenza ci sarà un aumento del traffico di autoveicoli, una cosa esplicitamente vietata dalla costituzione svizzera, che in un articolo sulla “protezione delle Alpi” introdotto vent’anni fa vieta la creazione di infrastrutture che potrebbero aumentare la quantità di traffico che attraversa il paese. Il governo ha risposto che non ci sarà alcun aumento perché soltanto una corsia in entrambe le gallerie rimarrà aperta, quindi il numero totale non cambierà rispetto a oggi: delle due corsie aperte oggi nel vecchio tunnel ne rimarrà aperta una soltanto in una direzione, mentre nel nuovo tunnel resterà aperta una sola corsa nella direzione opposta.

Sono contrari al raddoppio molti parlamentari di sinistra, associazioni ambientaliste e residenti nell’area: temono che il governo non mantenga l’impegno a utilizzare i due tunnel soltanto a metà della loro capacità. Secondo gli oppositori del referendum il governo finirà con il cedere alla pressione dell’Unione Europea e dei trasportatori e prima o poi aprirà tutte e quattro le corsie, creando quindi un incentivo a utilizzare il San Gottardo rispetto ad altri passi, ma favorendo anche il trasporto su gomma rispetto a quello su ferrovia (e danneggiando così il traffico nel nuovo tunnel ferroviario ad alta velocità costruito a pochi chilometri di distanza).

L’iniziativa contro la discriminazione della famiglia tradizionale
Si tratta di una proposta composta da due parti, e un po’ subdola. La prima parte prevede di introdurre sconti fiscali per le coppie sposate, che secondo i promotori del referendum sono penalizzate dal punto di vista della tassazione. In Svizzera, infatti, quando si calcolano le imposte per una coppia sposata i redditi dei due coniugi vengono sommati. A causa della progressività fiscale, per cui a maggior reddito corrispondono aliquote più elevate, due coniugi rischiano di pagare più tasse rispetto a una coppia non sposata i cui membri vengono tassati individualmente. Governo e parlamento suggeriscono di respingere questa proposta. Se è vero che esiste questa “discriminazione”, infatti, governo e parlamento sostengono che viene equilibrata dal fatto che le coppie sposate possono contare su sconti e detrazioni di altro tipo che non possono sfruttare le coppie non sposate.

Il quesito però ha una seconda parte che introdurrebbe nella costituzione una definizione di matrimonio come “unione tra un uomo e una donna”, una norma che secondo i critici della proposta serve a impedire l’approvazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Inizialmente il Consiglio Federale, cioè il governo svizzero, era favorevole all’iniziativa, appoggiata dal Partito popolare democratico e dall’Unione democratica di centro, due partiti conservatori; in parlamento però la proposta ha incontrato l’opposizione di tutte le altre forze politiche ed è stata messa in minoranza. Per legge il governo non può raccomandare un referendum che ha incontrato l’opposizione del parlamento, quindi entrambi oggi chiedono di votare “no” alla proposta.

L’attuazione dell’espulsione degli stranieri
La proposta chiede di attuare in maniera molto severa il contenuto di un altro referendum votato nel 2010. All’epoca gli svizzeri votarono un’iniziativa che obbligava il governo ad approvare entro cinque anni nuove leggi per espellere gli stranieri che commettevano reati. Le leggi sono state approvate per tempo, ma i promotori del primo referendum – una serie di associazioni e parlamentari di centrodestra – nel frattempo hanno proposto un secondo referendum in cui chiedono un ulteriore inasprimento della legge: gli stranieri devono essere espulsi indipendentemente dalla gravità del reato che commettono e al giudice non deve essere lasciato alcun margine per decidere. Governo e parlamento chiedono di votare “no” alla proposta, perché ritenuta troppo severa e in contrasto con i principi di proporzionalità.

L’iniziativa contro la speculazione sul cibo
Si tratta di una proposta lanciata dai giovani del Partito Socialista e da alcune ONG e prevede di vietare l’utilizzo di strumenti speculativi sulle materie prime alimentari. Secondo gli autori dell’iniziativa, l’utilizzo di titoli come i futures ha causato oscillazioni nel prezzo del cibo e contribuito ad aumentare la fame in varie parti del mondo. Il governo e il parlamento chiedono che si voti “no” al referendum, perché la Svizzera non possiede piazze d’affari dove vengono discusse grandi quantità di materie prime alimentari e quindi un divieto del genere applicato solo in Svizzera non avrebbe sostanzialmente alcun effetto. La legge, però, imporrebbe comunque la creazione di una struttura di controllo, che sarebbe al contempo inutile e costosa (e comunque, come avevamo scritto sul Post, non ci sono prove che la speculazione causi un aumento dei prezzi del cibo, anzi).