Un ricercatore stava smentendo una bufala e forse ha fatto una scoperta sensazionale

Stava verificando la storia falsa delle "tracce fecali nella barba" e ha scoperto una possibile soluzione alla resistenza antibiotica

di Sarah Kaplan - Washington Post

(HZI/Getty Images)
(HZI/Getty Images)

Mentre era alla ricerca di tracce fecali nella barba degli uomini, il microbiologo Adam Roberts ha trovato un indizio interessante per portare a una svolta nella lotta globale contro le infezioni resistenti ai farmaci. Un buon compromesso per un ricercatore che lavora intensamente per aiutare a scongiurare un’apocalisse degli antibiotici che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il direttore del Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CDC) e lo stesso Roberts sarebbe imminente.

La ricerca è iniziata per via di una falsa notizia su internet. Se avete la barba, o se baciate qualcuno che ce l’ha, o semplicemente vi piacciono le storie disgustose sull’igiene personale, forse vi ricorderete di diversi articoli pubblicati la scorsa primavera con titoli come “Uno studio sconvolgente rivela che alcune barbe contengono più cacca di un WC”. Lo “studio” citato da questi articoli era in realtà un progetto condotto da una giornalista televisiva di Albuquerque (New Mexico), che aveva passato tamponi nella barba di alcuni uomini per poi far analizzare le colture da un microbiologo, ha spiegato il giornalista del Guardian Nick Evershed. Tra le altre cose, lo scienziato aveva trovato nelle barbe alcuni batteri “enterici”, che di solito si trovano nell’intestino. Dal momento che batteri e materia fecale sono due cose diverse, e che non è poi così raro trovare particolari tipi di batteri sia nell’intestino sia sulla pelle, la notizia non era esattamente vera (provate però a dirlo a un giornalista che è finalmente riuscito a convincere il suo direttore a fargli usare la parola “cacca” in un titolo).

Al di là del merito scientifico, la storia suscitò l’interesse di Roberts, un microbiologo dello University College of London che – con la sua una squadra di ricercatori – lavora per trovare nuovi antibiotici che potrebbero contribuire a bloccare le crescente difficoltà legate al fenomeno della resistenza ai farmaci. Da quasi un anno, Roberts gestisce un programma chiamato “Swab and Send” (“Tampona e Invia”), in cui persone comuni sono invitate a inviare campioni prelevati dall’ambiente che li circonda, per testarne le proprietà antimicrobiche. Roberts ha ricevuto campioni da tastiere di computer, banconote egiziane, dal pavimento di una linea della metropolitana di Londra, e dall’interno di un WC di un bagno pubblico («Ci vuole coraggio anche solo per avvicinarcisi», ci ha scherzato su Roberts), riuscendo a isolare per ora venti ceppi interessanti, capaci di uccidere batteri e lieviti. È un risultato importante, ha detto Roberts in un’intervista telefonica mercoledì scorso, perché l’uso eccessivo e improprio degli antibiotici ha fatto sì che batteri causa di malattie – come lo Stafilococco ed E. Coli – sviluppassero una resistenza alla maggior parte dei farmaci prescritti per curarli. «Gli esseri umani hanno usato gli antibiotici in modo indiscriminato fin dalla loro scoperta, e non ne abbiamo trovati molti», ha detto Roberts, «Continuiamo ad affidarci ai pochi che abbiamo trovato, fornendo così una grande selezione ai batteri resistenti». Fino a che i ricercatori non troveranno decine o centinaia di nuovi antibiotici – e non solo una manciata – secondo Roberts «continueremo ad aggirare l’ostacolo» dei ceppi farmaco-resistenti, sempre più mortali. Negli Stati Uniti, questi “super batteri” causano 2 milioni di infezioni e 23mila morti ogni anno, secondo i CDC.

Ma tutto questo era solo un pensiero nel retro della testa di Roberts, quando la BBC gli chiese di condurre un piccolo studio sulla teoria delle “feci tra i peli facciali” per la serie “Trust Me, I’m a Doctor” (“Fidatevi, sono un medico”). Dopo aver prelevato campioni dalla barba di venti uomini con altrettanti tamponi, Roberts iniziò a classificare i circa cento tipi di batteri che aveva trovato. I nostri amici barbuti – e i loro ammiratori – possono tirare un respiro di sollievo: Roberts non trovò nessuna prova di batteri fecali nella barba.

Roberts non si aspettava di scoprire altro dallo studio, ma dato che il suo laboratorio è specializzato in resistenza antibiotica, con i suoi collaboratori fece per prassi alcuni test su tutte le colture isolate, sistemandole su un terreno di coltura che era stato pre-inoculato con un altro tipo di batterio, per studiare l’interazione tra i due ceppi. Sorprendentemente, circa il 25 per cento delle colture isolate dalla barba iniziarono a uccidere gli altri ceppi. «Producevano i loro antibiotici», ha detto Roberts. Effettivamente, i batteri usati per testare i campioni erano relativamente deboli: Roberts e i suoi colleghi dovranno effettuare altri test per capire esattamente come agiscono le colture antimicrobiche isolate, e se sono efficaci contro ceppi farmaco-resistenti più seri, come E. Coli, MRSA e Candida Albicans, che causa infezioni da lievito.

La speranza è che i batteri della barba e altre colture isolate dal progetto di Roberts possano favorire lo sviluppo di nuovi antibiotici, un settore scientifico che si trova in fase di stallo dopo l'”età d’oro” delle scoperte degli antibiotici negli anni Cinquanta e Sessanta. Il processo però è lungo e costoso: anche se Roberts scoprisse domani un tipo completamente nuovo di antimicrobico, ci vorrebbero almeno dieci anni e dieci milioni di dollari prima dell’arrivo di un nuovo farmaco sul mercato. Nuovi antimicrobici, tuttavia, permetterebbero ai medici di alternare ciclicamente l’uso di farmaci nel corso degli anni, rimuovendoli dal sistema sanitario prima che i batteri sviluppino una resistenza completa, ed evitando di arrivare al punto in cui tutti gli antibiotici disponibili sono inefficaci contro le infezioni più comuni. «È questo il messaggio serio dietro la parte divertente» dello studio sulla barba, ha detto Roberts. «L’hanno definita una lenta catastrofe», ha aggiunto paragonando la resistenza agli antibiotici al riscaldamento globale, «Sappiamo più o meno che sta succedendo, ma nessuno crede di poterci fare niente».

Ma non è così, secondo Roberts: la cosiddetta “apocalisse antibiotica” potrebbe essere scongiurata se i governi, i medici, le case farmaceutiche e tutte le altri parti coinvolte agissero, e se noi pensassimo due volte prima di mandar giù una pastiglia. «Tutti i consumatori di antibiotici del mondo stanno lentamente aumentando la pressione selettiva [per la resistenza ai farmaci], ha detto Roberts, «Ogni consumatore ha però anche il potere di ridurla».

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