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  • Domenica 31 gennaio 2016

Come risarcire chi ha perso una gara per via di atleti dopati

La riassegnazione della medaglia non risarcisce tutti i danni subiti: alcuni atleti chiedono rimborsi per premi e contratti persi

(Warren Little/Getty Images)
(Warren Little/Getty Images)

L’ultimo scandalo legato al doping nell’atletica leggera è sicuramente uno dei più grossi mai verificatisi nella storia recente dello sport. È così rilevante perché il sistema creato da alcuni membri della federazione di atletica leggera russa per coprire l’uso di sostanze dopanti degli atleti non coinvolge solo il ministero dello Sport e l’agenzia anti-doping russa, ma anche il comitato olimpico internazionale e diversi importanti membri della IAAF (Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera) e della WADA, l’agenzia mondiale anti-doping. Uno dei personaggi principali dello scandalo è Lamine Diack, ex presidente della IAAF, accusato di aver ricevuto grosse quantità di denaro mentre era in carica per coprire l’uso di sostanze dopanti di alcuni atleti.

Negli ultimi anni, e non solo come conseguenza dell’ultimo scandalo riguardante il doping, a numerosi atleti sono state quindi tolte le medaglie ottenute in competizioni in cui è stato accertato il loro uso di sostanze dopanti: in questi casi le medaglie vengono poi riassegnate agli atleti che nella stessa gara si sono posizionati subito dietro, anche a distanza di una decina di anni fra la gara e la squalifica. Questo è l’unico risarcimento che al momento ricevono gli atleti “puliti”, ma i danni provocati dall’uso di doping vanno oltre.

Alcuni giorni fa l’atleta canadese Evan Dunfee ha detto che gli atleti russi trovati positivi nei test anti-doping degli ultimi anni hanno “rubato” 1,7 milioni di dollari di premi agli atleti “puliti” nelle competizioni di atletica leggera. Questo perché non è prevista anche la confisca dei premi e la loro riassegnazione, ma solo quella della medaglia. Prima dello scandalo dello scorso novembre, i casi di doping riguardavano specialmente atleti, dottori e allenatori: la IAAF era una delle parti lese. Ora però, dopo il coinvolgimento di alcuni importanti dirigenti dell’organizzazione (tra cui l’allora presidente), alcuni atleti hanno fatto notare di aver gareggiato in competizioni falsate non solo dai concorrenti dopati ma anche dall’organizzazione che le gestiva. Oltre ai premi negati, gli atleti “puliti” hanno perso anche influenza nei contratti stipulati successivamente: un atleta che ha vinto la medaglia d’oro in una disciplina ha la possibilità di richiedere premi e contratti di sponsorizzazione più alti degli avversari sconfitti.

Il nuovo presidente della IAAF, Sebastian Coe, ha detto che il risarcimento o la riassegnazione dei primi in denaro sarebbe abbastanza complicata dal punto di vista legale e che per il momento non sta pensando a questa soluzione. Nel caso dei risarcimenti c’è poi il problema di stabilire chi dovrebbe pagarli: la IAAF, l’atleta squalificato o la sua federazione nazionale?

L’ex atleta statunitense Adam Nelson, medaglia d’oro olimpica nel lancio del peso, ha proposto la creazione di un fondo “fair play”, controllato dalla IAAF, destinato a essere utilizzato per premiare gli atleti che in dieci anni (il limite di tempo in cui si può ricontrollare un campione di un test anti-doping) non sono mai risultati positivi. Nelson ha detto inoltre che gli atleti dovrebbero avere un ruolo più attivo nel mondo dell’atletica leggera e non lasciare un controllo così ampio alla IAAF. Oggi esiste già una commissione di atleti nella IAAF, ma sia Nelson che Dunfee ritengono che sia troppo soggetta alle decisioni dell’organizzazione.