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  • Venerdì 27 novembre 2015

E i migranti?

Il flusso di persone dalla Turchia verso l'Europa è meno costante ma sempre molto intenso: oggi sono affondate due barche, in Macedonia ci sono molte persone bloccate

Una fila di persone che aspettano di salire su un traghetto per Atene a Lesbo, 25 novembre 2015 (AP Photo/Muhammed Muheisen)
Una fila di persone che aspettano di salire su un traghetto per Atene a Lesbo, 25 novembre 2015 (AP Photo/Muhammed Muheisen)

Negli ultimi giorni, soprattutto a causa della maggiore attenzione sul terrorismo in molti paesi europei dopo gli attacchi di Parigi, il problema della gestione dei migranti in arrivo in Europa è passato un po’ in secondo piano sui principali media europei e internazionali. Gli arrivi dal Medio Oriente attraverso la cosiddetta “rotta balcanica” – ancora oggi la più frequentata – stanno continuando, sebbene siano parzialmente diminuiti. Parallelamente stanno diminuendo i naufragi, anche se ancora oggi sono affondati due barconi nel tratto di mare fra Grecia e Turchia.

Sulla terraferma, la tensione è da giorni molto alta soprattutto al confine fra Grecia e Macedonia, il cui governo già la settimana scorsa aveva deciso di impedire l’accesso al paese ai cosiddetti “migranti economici”, cioè persone che arrivano in Europa per sfuggire alla povertà e non alla guerra. Diversi migranti bloccati in Macedonia stanno protestando in vari modi contro il blocco alla frontiera, e giovedì alcuni di loro si sono scontrati con la polizia macedone. In tutto questo domenica 29 si terrà un nuovo incontro fra Turchia e Unione europea per trovare un accordo per limitare il flusso di migranti in arrivo proprio dalla Turchia.

Cos’è successo negli ultimi giorni
La notizia più rilevante di oggi è il naufragio di due barconi fra Turchia e Grecia. L’agenzia stampa statale turca Anadolu ha scritto che una barca diretta a Kos che trasportava 20 persone è affondata nei dintorni di Bodrum, in Turchia: la maggior parte delle persone a bordo si è salvata, ma sono annegate due sorelle di uno e quattro anni. Alcune ore dopo una barca con a bordo circa 55 persone è partita da Ayvacik, un’altra città turca, ed è affondata, causando la morte di quattro bambini afghani. Secondo una stima citata oggi da Human Rights Watch, solamente nel 2015 ci sono stati 585 dispersi nel tratto di mare fra Grecia e Turchia.

L’altro luogo problematico da diversi giorni a questa parte è Idomeni, un paese greco al confine con la Macedonia: da questa estate è diventato il tratto di confine più trafficato della rotta balcanica fra Grecia e Macedonia, ma da circa una settimana le autorità macedoni impediscono il passaggio alle persone che non provengono da zone di guerra come Siria, Afghanistan e Iraq (lo stesso provvedimento è stato preso dalle autorità serbe sul confine con la Macedonia). Da giorni diverse centinaia di persone – giovedì erano circa 1.500 – sono accampate nella terra di nessuno fra Macedonia e Grecia, dato che sono state respinte dalle autorità macedoni. Secondo Associated Press almeno dieci persone stanno facendo uno sciopero della fame per protestare contro la parziale chiusura del confine. Reuters ha scritto che giovedì centinaia di marocchini, algerini e pachistani hanno assalito la rete di filo spinato che separa i due confini: alcuni hanno tirato pietre alla polizia, altri hanno pregato in ginocchio i poliziotti di farli entrare. La polizia era schierata in tenuta antisommossa e ha riportato in Macedonia un gruppo di loro che era riuscito a passare il confine. L’UNHCR, l’agenzia ONU per i rifugiati, ha condannato da giorni la scelta di restringere il passaggio dei migranti sulla base della nazionalità.

Un po’ di cifre
Negli ultimi giorni i numeri delle persone che arrivano in Grecia dalla Turchia, e che cioè percorrono la prima tappa della “rotta balcanica”, sono stati molto variabili. Lunedì 23 per la prima volta da diverso tempo nemmeno un migrante è arrivato a Lesbo, mentre già mercoledì 25 secondo l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni, una rispettata ONG internazionale, gli arrivi in Grecia dalla Turchia sono stati più di cinquemila. Gavin Lee, un giornalista di BBC che da mesi si sta occupando della “rotta balcanica”, ha detto comunque che finora a novembre sono arrivate in Grecia dalla Turchia in media 4.500 persone, contro le 6.800 di ottobre. Lee ha anche suggerito che la colpa possa essere del cattivo tempo, che già negli scorsi anni era il motivo principale per cui le migrazioni via mare si fermavano o quasi nel periodo invernale.

Resta ancora il problema delle persone che fin qui ci sono arrivate, in Europa occidentale. Il programma della spartizione dei richiedenti asilo in “quote” diverse per ciascun paese, approvato a settembre e che doveva interessare 160mila persone arrivate in Grecia e Italia, finora è stato un fallimento: a diverse settimane dall’inizio del programma sono stati ricollocati solamente 148 o 158 migranti (il numero varia secondo le fonti).

guard Una stima del Guardian del 18 novembre

E quindi?
Mentre la redistribuzione dei richiedenti asilo è un problema ancora aperto, l’Unione europea sta cercando di impedire che nel 2016 si ripeta un flusso simile a quello visto quest’anno. Domenica 29 ci sarà un nuovo incontro fra Turchia e Unione europea, che da più di un mese stanno discutendo un accordo che prevede che il governo si impegni a moderare il flusso di persone in direzione dell’Europa occidentale in cambio di alcuni finanziamenti (anche se non è ancora chiaro cosa intenda fare la Turchia per rispettare un eventuale accordo del genere). Da settimane i principali giornali europei scrivono che la Commissione europea ha negoziato un finanziamento di 3 miliardi di euro, ma che l’accordo non è ancora stato trovato. Sull’edizione europea di Politico il giornalista Jacopo Barigazzi ha raccontato qualche dettaglio in più sulla bozza di accordo di cui si discuterà domenica.

Uno dei problemi è quello di costringere tutti i paesi a contribuire affinché si trovino i 3 miliardi di euro. In una riunione tenuta all’inizio di novembre a Malta la Commissione europea ha fatto una proposta che prevede che i paesi contribuiscano per 2,5 miliardi al totale della somma. Questa settimana ha pubblicato un documento che spiega il contesto legale del possibile accordo, e ha spinto i paesi dell’Unione a impegnarsi per versare la cifra entro il 21 dicembre, così che i soldi possano cominciare ad essere inviati in gennaio.

Ma non tutti i paesi sono d’accordo: un diplomatico europeo ci ha detto che «alcuni stati membri sostengono che la Commissione debba mettere più soldi dal proprio budget». L’accordo prevede che la Germania paghi 534 milioni di euro, il Regno Unito 410, la Francia 386 e l’Italia 281. Finora solo il Regno Unito ha annunciato il proprio appoggio. Altri paesi hanno detto di avere già destinato quei soldi nel proprio budget, ci hanno detto alcune fonti diplomatiche.