I graffiti contro Homeland trasmessi da Homeland
Tre artisti assunti dalla produzione hanno scritto su un muro delle frasi in arabo che accusano di razzismo la serie tv: e nessuno se n'è accorto
Domenica 11 ottobre è andata in onda The Tradition of Hospitality la seconda puntata della quinta stagione di Homeland, la popolare serie tv incentrata sull’agente della CIA Carrie Mathison, interpretata dall’attrice Claire Danes. In una scena della puntata ambientata in un campo profughi siriano in Libano si sono viste sui muri alcune scritte in arabo che – come è stato presto notato dagli spettatori – erano critiche alla serie che facevano riferimento alle accuse che le sono spesso state rivolte di essere razzista e di ritrarre gli arabi in modo stereotipato. Screenshot e GIF della scena sono subito circolati sui social network, finché mercoledì i tre artisti arabi che hanno realizzato i graffiti – Heba Amin, Caram Kapp, e un terzo soprannominato Stone – hanno scritto un breve testo per spiegare cos’era successo.
A giugno un loro conoscente che da 30 anni si occupa di street art in Germania li aveva contattati per offrirgli di lavorare sul set di Homeland a Berlino. I produttori cercavano artisti per decorare i muri del campo con scritte in arabo, così da rendere il tutto più credibile. Homeland – che ha vinto molti premi ed è apprezzata per molte cose, dalla regia alla bravura degli attori – è da anni criticata per l’approssimazione e la scarsa cura con cui rappresenta il mondo musulmano e Amin, Kapp e Stone erano restii ad accettare. Secondo loro infatti Homeland offre una «descrizione di arabi, pakistani e afghani inaccurata, omologata e molto stereotipata». Poi però hanno pensato di approfittare dell’occasione per sottolineare gli errori della serie che, spiega Amin, diffonde stereotipi «molto pericolosi perché contribuisce a formare la percezione delle persone su un’intera regione, un’enorme regione, cosa che poi ha conseguenze sulla politica estera». «È stato un modo per riappropriarci della nostra immagine», aggiunge.
Una volta arrivati sul set, spiega sempre Amin, «ci siamo accorti che nessuno prestava attenzione o chiedeva che cosa stavamo scrivendo. Abbiamo iniziato a scrivere proverbi arabi, ma poi abbiamo capito che potevamo metterci tutto quello che volevamo»: come per esempio “Homeland NON è una serie tv”, “Homeland è un cocomero”, “Questa serie non rappresenta il punto di vista degli artisti”, “Homeland è razzista”.
Homeland è piuttosto superficiale sia nel raccontare il mondo arabo, facendo confusione tra sciiti e sunniti e le loro alleanze, che nel raffigurarlo materialmente: in un episodio per esempio, le merci di un mercato ambientato in un paese arabo – e girato a Tel Aviv – avevano i prezzi scritti in ebraico. Alcuni critici l’hanno addirittura accusata di essere la serie tv “più intollerante” in circolazione, dove i musulmani si possono dividere solo tra terroristi o collaboratori degli Stati Uniti.