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  • Martedì 29 settembre 2015

Cosa dice la nuova legge sulla cittadinanza

È in discussione alla Camera e introduce la possibilità di ottenere la cittadinanza in seguito a un certo percorso scolastico e una forma di "ius soli"

(Christopher Furlong/Getty Images)
(Christopher Furlong/Getty Images)

Aggiornamento di martedì 13 ottobre: la Camera dei deputati ha approvato la nuova legge sulla cittadinanza con 310 voti a favore, 66 contrari e 83 astenuti. Il testo passa ora all’esame del senato.

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Lunedì 28 settembre è iniziato alla Camera l’esame di una nuova legge sulla cittadinanza. Si tratta di un testo unificato: si occupa soprattutto dell’acquisto della cittadinanza da parte dei minori e modifica in parte la legge sulla cittadinanza del febbraio 1992. L’Italia è uno dei paesi in Europa con le regole più severe per acquistare la cittadinanza.

La novità principale della proposta consiste nella combinazione del cosiddetto ius sanguinis, il diritto di sangue su cui si basa oggi la cittadinanza italiana, e dello ius soli cioè il diritto che si acquisisce per nascita sul suolo italiano. Inoltre è stato introdotto un nuovo parametro per l’acquisto della cittadinanza in seguito a un certo percorso scolastico (cosiddetto ius culturae). Durante l’iter in commissione Affari costituzionali della Camera il testo è stato però modificato in senso restrittivo da due emendamenti proposti da Nuovo Centrodestra (alleato del PD al governo) e Scelta Civica.

Ius soli (ma temperato)
Il testo della nuova legge prevede il riconoscimento della cittadinanza per nascita a chi è nato in Italia da genitori stranieri, di cui almeno uno sia in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di 5 anni.

Nella prima versione della proposta si parlava però semplicemente di “residenza legale”: si riconosceva cioè la cittadinanza italiana a chi era «nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno» fosse «residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni, antecedenti alla nascita». Nella nuova versione in discussione alla Camera, invece, la «residenza legale» non è più sufficiente, ma è necessario il permesso di soggiorno a tempo indeterminato di uno dei genitori (o il fatto di averne fatto richiesta prima della nascita del figlio). Questo permesso viene rilasciato allo straniero cittadino di stati che non fanno parte dell’Unione europea e che abbia certi requisiti:

– titolarità, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità;
– reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale;
– disponibilità di alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge;
– superamento di un test di conoscenza della lingua italiana.

La questione del riconoscimento della cittadinanza legato al reddito delle famiglie ha suscitato le critiche maggiori soprattutto da parte delle opposizioni e delle associazioni che si occupano di diritti dei migranti: in pratica si stabilisce che certe persone saranno cittadine italiane e altre no anche in base a una differenza di reddito dei loro genitori.

Ius culturae (ma con successo)
Il nuovo testo prevede che si possa ottenere la cittadinanza se il minore straniero, nato in Italia o arrivato in Italia entro il compimento del dodicesimo anno di età, abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli scolastici. L’emendamento introdotto in commissione prevede che il ciclo delle scuole primarie (cioè le elementari) si concluda «in modo positivo»: se il minore viene bocciato non può ottenere la cittadinanza (o, comunque, dovrà aspettare la promozione). Inoltre per fare richiesta di cittadinanza si dovrà dimostrare anche la residenza legale dei genitori.

Naturalizzazione
Oltre alle prime due ipotesi, il testo introduce la naturalizzazione, categoria che riguarderà soprattutto i minori stranieri che abbiano fatto ingresso nel territorio italiano tra il dodicesimo e il diciottesimo anno di età. I requisiti necessari per ottenere la cittadinanza sono: l’arrivo in Italia prima del compimento della maggiore età, la residenza legale da almeno sei anni, la frequenza regolare e fino a conclusione di un ciclo scolastico sul territorio nazionale.

Retroattività?
Nel testo della proposta in discussione non è stata ancora risolta la questione della retroattività. Non è chiaro infatti se queste nuove regole riguarderanno le persone nate e arrivate in Italia al momento dell’entrata in vigore della nuova legge o se saranno valide anche per chi è nato o arrivato in Italia in precedenza ma risponda ai requisiti richiesti.

“Ius sanguinis” e “Ius soli”
Esistono tradizionalmente due sistemi di trasmissione della cittadinanza alla nascita. Uno viene chiamato ius soli, il diritto che si acquisisce per nascita su un territorio e indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori, secondo cui chi nasce in una nazione è cittadino di quella nazione. Il sistema storicamente è stato adottato soprattutto da quei paesi che sono stati interessati da una forte immigrazione e che possiedono un’ampia superficie territoriale (Canada, Stati Uniti, Brasile, Argentina). L’altro è lo ius sanguinis, il diritto di sangue, secondo cui la cittadinanza si trasmette dai genitori ai figli, al di là del luogo in cui questi nascono. Il sistema si ritrova, a tutela dei discendenti, soprattutto in quegli stati che hanno una storia di emigrazione: tra questi, anche l’Italia. Attualmente, la maggior parte degli stati europei adotta lo ius sanguinis ma con norme meno rigide che in Italia.

Come funziona in Italia, ora

La cittadinanza italiana è oggi basata sullo ius sanguinis, il diritto di sangue, e non prevede lo ius soli, il diritto che si acquisisce per nascita sul suolo italiano indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. La condizione giuridica dei bambini figli di immigrati nati in Italia è quindi strettamente legata alla condizione dei genitori: se i genitori ottengono la cittadinanza (dopo dieci anni di residenza legale) questa si trasmette anche ai figli per “discendenza”. Acquisisce la cittadinanza italiana anche chi è nato in Italia da genitori ignoti o apolidi, il figlio di ignoti trovato nel territorio italiano di cui non è possibile provare il possesso di altra cittadinanza, lo straniero residente da tre anni o nato in Italia con ascendenti diretti italiani, lo straniero maggiorenne adottato da italiani e residente da cinque anni in Italia.