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  • Lunedì 21 settembre 2015

Gli 8 referendum di Possibile

Il nuovo partito di Pippo Civati sta cercando di raccogliere una montagna di firme per votare su scuola, lavoro, ambiente e legge elettorale, e ha tempo fino al 30 settembre

Pippo Civati – ANSA/ MAURIZIO DEGL'INNOCENTI
Pippo Civati – ANSA/ MAURIZIO DEGL'INNOCENTI

Mercoledì 30 settembre scadrà il termine per raccogliere le firme a sostegno della presentazione di otto referendum proposti da Possibile, un movimento politico fondato dal parlamentare Giuseppe Civati dopo essere uscito dal Partito Democratico nel maggio 2015. Gli otto quesiti proposti riguardano quattro temi diversi – lavoro, ambiente, scuola e democrazia – e, come tutti i referendum in Italia, sono abrogativi: se verranno raccolte in tempo 500.000 firme, dopo che un ufficio avrà verificato la loro validità, la Corte Costituzionale dovrà esprimersi sull’ammissibilità dei quesiti in base a quanto previsto dalla Costituzione per l’istituto dei referendum. Qualora la Corte desse parere favorevole, i quesiti sarebbero sottoposti al voto degli elettori.

Non è ancora chiaro a che punto è la raccolta delle firme. A metà settembre Civati ha detto che molti comitati locali stanno lavorando in tutta Italia e avevano raccolto tra le 200mila e le 300mila firme, e si era detto fiducioso di riuscire a raggiungere le 500.000 firme entro la fine di settembre. Se verranno raccolte le firme necessarie e non ci saranno intoppi con la loro verifica e col parere della Corte Costituzionale, si potrebbe votare per i referendum già nella primavera del 2016. Ogni referendum è indipendente dagli altri: chi vuole sostenerli tutti e otto deve firmare otto volte, quindi Possibile deve raccogliere in tutto almeno 4 milioni di firme.

I referendum proposti da Civati si occupano prevalentemente di questioni su cui ha legiferato il Parlamento attualmente in carica, e quindi su cui ha deciso l’attuale maggioranza da cui Civati si è allontanato uscendo dal Partito Democratico. Per questa ragione, anche se i temi di cui si occupano i referendum sono quelli storici della sinistra come lavoro, scuola e ambiente – la campagna non ha avuto il sostegno del Partito Democratico. Neanche il principale partito di opposizione di sinistra in Parlamento – SEL, il partito di Nichi Vendola – e la CGIL, che ha molto contrastato il Jobs Act, si sono espressi però a favore dei referendum di Possibile. Fuori dal movimento di Civati, per il momento hanno espresso sostegno alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle a titolo personale, come il parlamentare Alessandro Di Battista e il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, e alcuni partiti a livello locale come i Verdi in Trentino Alto-Adige.

I quesiti
Due dei referendum per cui si stanno raccogliendo le firme riguardano la  nuova legge elettorale approvata il 4 maggio dal parlamento, il cosiddetto Italicum: uno chiede di eliminare la norma che prevede la possibilità di presentare liste elettorali con i capilista “bloccati”, ovvero non scelti tramite la preferenza ma che vengono votati automaticamente con il voto alla lista, l’altro chiede di abrogare tout court la nuova legge elettorale (e tornare così al cosiddetto “Consultellum”, cioè il proporzionale puro frutto dell’intervento della Corte Costituzionale sul cosiddetto “Porcellum”).

I referendum sull’ambiente sono tre: riguardano le trivellazioni in mare, cioè le operazioni di trivellazione ed estrazione di idrocarburi dal fondale marino, e le cosiddette “grandi opere”. Alcune norme approvate prima dal governo Monti e poi dal governo Renzi hanno reso più facile ottenere i permessi per le trivellazioni di esplorazione e per lo sfruttamento di eventuali giacimenti petroliferi in mare, aumentando anche il numero di anni di durata delle concessioni – sia di esplorazione che di sfruttamento – e rendendo possibili anche le trivellazioni a meno di 12 miglia dalla costa. I referendum chiedono che vengano abrogate le nuove regole sulle trivellazioni in mare e che si torni a quelle precedenti più restrittive. Il quesito sulle grandi opere, invece, riguarda l’abrogazione delle norme approvate nel 2001 dal governo Berlusconi che hanno reso più facile la costruzione di grandi infrastrutture pubbliche (strade, ferrovie, etc) semplificandone le procedure di approvazione.

I due referendum sul lavoro riguardano due aspetti introdotti dai decreti attuativi del Jobs Act, la recente legge sulla riforma del lavoro: la possibilità del “demansionamento” del lavoratore nell’ambito di una riorganizzazione aziendale – cioè assegnargli mansioni inferiori rispetto alla sua qualifica – e l’eliminazione del reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti motivati da ragioni economiche (e non discriminatorie). I due quesisti referendari proposti servono ad abrogare questi due aspetti del Jobs Act.

Infine, il referendum sulla scuola riguarda l’abrogazione di due aspetti della riforma della scuola diventata legge lo scorso luglio: la possibilità per i presidi di nominare direttamente gli insegnanti (quindi senza seguire la graduatoria, ma scegliendo autonomamente tra i vincitori di concorso e gli ammessi in graduatoria) e la possibilità di offrire incarichi triennali agli insegnanti.