Contro il nuovo logo di Google

C'è un dibattito, che credevate? E gira soprattutto intorno a un tema secolare del design: grazie o niente grazie?

(Justin Sullivan/Getty Images)
(Justin Sullivan/Getty Images)

Da martedì 1 settembre Google ha cambiato il suo logo, quello che ogni giorno centinaia di milioni di persone vedono usando internet: lo aveva già fatto altre volte in passato, ma in questo caso il cambiamento è stato molto più evidente, e di conseguenza molto discusso. Google ha spiegato che il suo nuovo logo è stato creato per introdurre “un nuovo linguaggio visivo”, capace di adattarsi ad ogni tipo di schermo (anche quelli più piccoli di certi smartphone) e a ognuna delle molte applicazioni di Google.

Il nuovo logo è una semplificazione del precedente e data la sua familiarità ha generato discussioni e molti commenti online, tra coloro a cui è piaciuto o no. La principale e più articolata critica al nuovo logo di Google è stata pubblicata sul New Yorker, dove Sarah Larson ha definito la vecchia grafica “l’ultima vittima” di una esasperata tendenza alla ricerca della modernità e della semplicità. “Il vecchio logo aveva un rassicurante richiamo al passato”, ha scritto il New Yorker; quello nuovo evoca invece “i magneti per frigoriferi usati dai bambini, le patatine fritte di McDonald’s e il Comic Sans”, ovvero il famigerato font reputato da anni il prodotto più brutto della storia del lettering digitale.

Il nuovo logo di Google continua a presentare la parola Google e conserva i precedenti colori delle lettere: è però cambiato il font, il tipo di carattere con cui è scritta la parola. La principale differenza tra vecchio e nuovo font è l’assenza delle “grazie”, (serif, in inglese): le “grazie” sono, in tipografia, gli ornamenti che certe lettere hanno alle loro estremità. In una sintesi un po’ sommaria, un font “graziato” è di solito più autorevole e “classico”; un font “senza grazie” è considerato più moderno e leggibile, ma meno elegante. Come spiega nel dettaglio un articolo di Gizmodo il nuovo logo di Google è molto più semplice sotto ogni punto di vista: è più facile da disegnare, ed è molto più semplice da “comprimere” (e quindi molto più facile da caricare ovunque).

Secondo il New Yorker il vecchio logo di Google sembrava dire: «Rilassati, siamo geni, ma siamo ragionevoli: siamo la miglior combinazione possibile tra uomo e tecnologia. Ora troveremo ciò di cui hai bisogno». Quel logo era quindi “intelligente e amichevole”, senza mai essere autoritario o manipolativo, senza intimorire: indicava un servizio moderno e innovativo con una voce familiare e antica. Sarah Larson dice che proprio il logo le ispirava talmente tanta fiducia che c’è stato un tempo in cui lei cliccava di proposito sulle pubblicità ospitate da Google, per finanziare a suo modo la società. Secondo Larson il nuovo logo è come un tradimento e ha “simbolicamente diluito la nostra fiducia”. Larson aggiunge: «amavamo il vecchio logo e amavamo quello che Google rappresentava. Qualsiasi siano le sue intenzioni Google dovrebbe provare a mantenere il nostro amore».

Le lettere del vecchio logo erano, secondo Larson, “sobriamente autorevoli”: «la solida e bellissima “G”; le imponenti e accattivanti “oo”; la piacevole “g”, che ricordava le lettere di una macchina da scrivere; l’elegante “l”; la riflessiva “e”». Nel nuovo logo ogni lettera ha ora un gusto diverso: «una insipida “G”; due “oo” che ricordano gli occhi di un gufo; una “g” che fa molto aula scolastica; una noiosa “l”; una pazza “e” che vuole troppo mettersi in mostra. L’idea di Larson è che le nuove lettere e il nuovo logo facciano parte di un più grande piano di Google che lei definisce “Operazione Innocenza Infantile”. In questa operazione rientrerebbero anche altre scelte di Google, non solo grafiche: la scelta, per esempio, di creare Alphabet, una società “ombrello” che controllerà tutti i diversi progetti di Google e delle società che controlla.

Margaret Rhodes scrive invece su Wired che attraverso il nuovo logo Google vuole proporsi come una “guida generosa”, e non come una “potente entità che sa tutto e controlla tutto”. Google non ha fatto nulla di diverso da quello che fanno le società tecnologiche in questo periodo: «ha modificato la sua grafica per un mondo che è sempre più “mobile”, ha semplificato tutto e ha definito “friendly”, amichevole, la sua nuova identità». Alexandra Petri, che cura Compost, un blog satirico del Washington Post, condivide la tesi secondo la quale Google doveva aggiornare il suo logo, scrive però che l’ha fatto nel peggior modo possibile. Petri scrive che “una delle grandi gioie della vita è usare un font graziato” e si chiede come mai Google le abbia eliminate, le grazie. Petri dice quindi di avere “una mezza idea di iniziare a disegnare “grazie” sui loghi che non li hanno, come atto di protesta” e del nuovo logo di Google scrive: «è orribile, castrato. Ha perso il suo slancio. È il Google+ dei loghi. È monotono, goffo, banale».