Perché salvare Azzollini

Luigi Manconi spiega perché ha votato no alla richiesta di arresto di un senatore di NCD

Il senatore Antonio Azzolini, nel 2014 (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
Il senatore Antonio Azzolini, nel 2014 (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

Mercoledì 29 luglio il Senato ha respinto la richiesta di arresto presentata dalla procura di Trani nei confronti di Antonio Azzollini, senatore del NCD accusato di associazione a delinquere. La decisione è stata molto discussa perché la giunta per le immunità del Senato aveva dato invece parere favorevole alla richiesta e perché il PD, contrariamente a quanto aveva fatto nel recente passato, ha deciso di lasciare “libertà di coscienza” ai suoi parlamentari invece che invitarli a votare a favore dell’autorizzazione a procedere.

Luigi Manconi, senatore del PD e attivista per i diritti umani, ha spiegato sull’Unità perché ha votato no alla richiesta di arresto, ricordando che ai parlamentari non spetta decidere se Azzollini è o no colpevole, ovviamente, o se le accuse contro di lui sono sufficientemente solide o no, bensì soltanto verificare se la richiesta di custodia cautelare risponda ai criteri previsti dalla legge o se ci sia invece un “intento persecutorio” da parte dei magistrati. E poi ha scritto sullo Huffington Post perché ha contribuito col suo voto a “salvare” il senatore Azzollini rispondendo a chi dice che “se si fosse trattato di un povero cristo lo avrei lasciato marcire agli arresti domiciliari”.

All’età di venticinque anni, a seguito di uno scontro con avversari politici, sono stato detenuto per sette mesi in custodia cautelare. Le condizioni di carcerazione erano pesanti. Talvolta pesantissime, ma non “disumane”: e non fu, per me, un’esperienza traumatica. E, tuttavia, da allora (ma forse anche da prima, per sottili ragioni familiari) non ho mai augurato la galera ad alcuno. Nemmeno a Silvio Berlusconi e, come usa dire, ai miei peggiori nemici.

E nemmeno, per capirci, a due figure speculari di super-carcerieri, per vocazione professionale e per un tratto di profonda immoralità, quali Marco Travaglio e Carlo Giovanardi (che pure, so per certo, non mi restituirebbero il favore). Ma nel caso di questi ultimi due, non li vorrei in carcere anche per evitare che rovinassero ulteriormente l’ambiente (ancora non totalmente pregiudicato: in tutte le accezioni possibili del termine). In ogni caso ritengo indispensabile mettersi nella prospettiva di “abolire il carcere” e, nel frattempo, ridurre al minimo il ricorso a esso, privilegiando ampiamente altre forme di pena. Altre forme più umane e – in particolare – più efficaci e utili (per tutti: vittime, autori di reato e società). Ma questa è solo la premessa.

Entro nel merito. La più suggestiva delle critiche indirizzatemi può riassumersi così: avrei, con il mio voto, concorso a “salvare” il senatore Azzollini solo perché, appunto, è Azzollini, mentre se si fosse trattato di un povero cristo lo avrei lasciato marcire agli arresti domiciliari. Penso francamente che anche la più superficiale conoscenza della mia attività pubblica possa dire l’esatto contrario. Da sempre, infatti, mi sono occupato del rapporto tra libertà e pena, responsabilità e processo, devianza e garanzie.

(continua a leggere sullo Huffington Post)