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  • Giovedì 25 giugno 2015

Aung San Suu Kyi non potrà candidarsi alla presidenza del Myanmar

Lo ha deciso il Parlamento birmano, dove i militari controllano ancora il 25 per cento dei seggi

Aung San Suu Kyi a una conferenza del suo partito a Yangon, Myanmar, 21 giugno 2015. (AP Photo/Khin Maung Win)
Aung San Suu Kyi a una conferenza del suo partito a Yangon, Myanmar, 21 giugno 2015. (AP Photo/Khin Maung Win)

Il Parlamento del Myanmar ha deciso di continuare a garantire il potere di veto all’esercito rispetto a qualsiasi modifica della Costituzione. 388 parlamentari di entrambe le camere del Parlamento hanno votato a favore di un emendamento che avrebbe dovuto eliminare il potere di veto dei militari: la maggioranza richiesta per approvare un tale cambiamento era però di 498 voti su 664 parlamentari totali, pari al 75 per cento. La bocciatura dell’emendamento impedirà tra le altre cose ad Aung San Suu Kyi, leader del partito politico d’opposizione birmano “Lega Nazionale per la Democrazia”, di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali che dovrebbero tenersi in autunno.

All’inizio di questa settimana Aung San Suu Kyi – 70 anni, nota per avere ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 2012 – aveva ribadito che veri cambiamenti in Myanmar sarebbero stati possibili solo dopo una modifica alla Costituzione, che contiene una norma che impedisce la presidenza a chiunque abbia un marito o figli che sono cittadini stranieri. Suu Kyi è vedova di Michael Aris, studioso inglese di cultura tibetana e professore a Oxford. Da lui ha avuto due figli che sono cittadini britannici: questa norma le impedisce dunque di candidarsi alla presidenza del paese.

La Costituzione della Birmania è stata scritta dai militari ed è entrata in vigore con le ultime modifiche nel 2008 (i militari sono al potere nel paese dal 1962, anno del colpo di stato compiuto dal generale Ne Win contro l’allora governo democraticamente eletto). Tra il 2010 e il 2011 in Myanmar è cominciato un lento e complicato processo di transizione: la giunta militare è stata sciolta, sono stati liberati molti dissidenti – fra cui Aung San Suu Kyi – e si è insediato un governo “civile”, anche se il partito vincitore delle prime elezioni parlamentari libere è stato il partito di regime (USDP) e anche se alle consultazioni presidenziali del gennaio 2011 è stato eletto Thein Sein, ex generale ed attuale presidente. Inoltre nel Parlamento birmano continuano ad avere molto potere i militari, che occupano il 25 per cento del totale dei seggi delle due Camere e non vengono eletti dal popolo, ma nominati dal comandante in capo delle forze di sicurezza nazionale.