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  • Lunedì 6 aprile 2015

Il blocco dei social network in Turchia

Il governo ha impedito l'accesso a Twitter e Facebook per qualche ora, dopo la pubblicazione delle foto del procuratore sequestrato e ucciso la scorsa settimana

People stand on April 1, 2015 near a large Turkish flag during a funeral ceremony for senior Istanbul prosecutor Mehmet Selim Kiraz, killed the day before after being held at his offices by leftist militants in a hostage drama, inside the courthouse where the hostage taking took place in Istanbul. Kiraz had been investigating the politically-sensitive case of a teenager who died of injuries inflicted by police during anti-government protests in 2013. Turkish authorities on April 1 rounded up over 30 suspected members of the radical leftist group behind a bloody hostage standoff that left a top Istanbul prosecutor dead and shocked the country. AFP PHOTO / OZAN KOSE (Photo credit should read OZAN KOSE/AFP/Getty Images)
People stand on April 1, 2015 near a large Turkish flag during a funeral ceremony for senior Istanbul prosecutor Mehmet Selim Kiraz, killed the day before after being held at his offices by leftist militants in a hostage drama, inside the courthouse where the hostage taking took place in Istanbul. Kiraz had been investigating the politically-sensitive case of a teenager who died of injuries inflicted by police during anti-government protests in 2013. Turkish authorities on April 1 rounded up over 30 suspected members of the radical leftist group behind a bloody hostage standoff that left a top Istanbul prosecutor dead and shocked the country. AFP PHOTO / OZAN KOSE (Photo credit should read OZAN KOSE/AFP/Getty Images)

Aggiornamento 23.30 – La Turchia ha sbloccato Twitter dopo la rimozione delle immagini del procuratore turco sequestrato e ucciso.

Lunedì pomeriggio la Turchia ha bloccato Twitter, Facebook e YouTube per aver pubblicato foto scattate al procuratore turco Mehmet Selim Kiraz la settimana scorsa, mentre era detenuto come ostaggio da due uomini armati del gruppo marxista-leninista DHKP/C. Il blocco è stato ordinato da un tribunale di Istanbul e riguarda un totale di 166 siti internet, riporta il giornale turco Hurriyet Daily News, che hanno pubblicato le foto che mostrano, tra le altre cose, un terrorista che punta una pistola alla tempia di Kiraz. Anche molti giornali avevano pubblicato le immagini nei giorni successivi all’attentato – in cui sono morti sia il procuratore che i terroristi – provocando polemiche tra le autorità turche, che li avevano accusati di aver favorito la «propaganda terrorista». Il primo aprile il primo ministro turco Ahmet Davutoğlu ha ritirato a 13 giornali e giornalisti il permesso di assistere alla conferenza stampa e ai funerali di Kiraz, mentre il giorno successivo è stata aperta un’inchiesta contro i giornali che avevano pubblicato le foto.

Tayfun Acarer, capo dell’Autorità per le tecnologie per l’informazione e la comunicazione turca, ha detto che il blocco a Facebook è già stato tolto, dato che il social network ha rimosso le foto di Kiraz. Ibrahim Kalin, portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha spiegato la decisione dicendo che «Quello che è accaduto dopo l’uccisione del procuratore è spaventoso quanto l’attentato stesso». In conferenza stampa ad Ankara ha aggiunto che «la richiesta del tribunale è che questa immagine non venga utilizzata da nessuna piattaforma elettronica da nessuna parte».

Non è la prima volta che la Turchia ha bloccato siti e social network: nel marzo 2014 per esempio aveva bloccato Twitter dopo che alcuni utenti avevano pubblicato alcune controverse conversazioni telefoniche tra lui e il figlio Bilal, legate a uno scandalo di corruzione tuttora in corso. In quel periodo Erdogan aveva anche attaccato i social network in tv dicendo che «Siamo determinati a non lasciare che la popolazione della Turchia venga sacrificata a YouTube e Facebook. Queste persone [gli utenti dei social network] incitano a ogni tipo di immoralità o spionaggio per il beneficio di quelle istituzioni». Secondo dati forniti da Twitter, da luglio a dicembre del 2014 la Turchia è il paese al mondo che ha chiesto più volte di rimuovere un contenuto dal social network.

Foto: Persone affacciate alle finestre durante il funerale del procuratore Mehmet Selim Kiraz, Istanbul, 1 aprile 2015. (OZAN KOSE/AFP/Getty Images)