Cosa c’è nei decreti attuativi del Jobs Act

Tra le altre cose, l'eliminazione dei contratti a progetto e un nuovo contratto per i dipendenti del settore privato che prevede il "superamento" dell'articolo 18

Foto Fabio Cimaglia / LaPresseRoma 20-02-2015PoliticaConferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri n° 51Nella foto Matteo Renzi, Giuliano PolettiPhoto Fabio Cimaglia / LaPresseRome 20-02-2015PoliticCouncil of Ministers n 51In the photo Matteo Renzi, Giuliano Poletti
Foto Fabio Cimaglia / LaPresseRoma 20-02-2015PoliticaConferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri n° 51Nella foto Matteo Renzi, Giuliano PolettiPhoto Fabio Cimaglia / LaPresseRome 20-02-2015PoliticCouncil of Ministers n 51In the photo Matteo Renzi, Giuliano Poletti

Il governo guidato da Matteo Renzi ha approvato ieri in via definitiva i decreti attuativi sul contratto a tutele crescenti e sui nuovi ammortizzatori sociali che fanno parte del cosiddetto “Jobs Act”, la legge delega per la riforma del lavoro approvata dal Parlamento all’inizio di dicembre. Il governo ha anche approvato in via preliminare i decreti attuativi che riguardano i congedi parentali e di maternità e i nuovi tipi di contratto. Questi ultimi due decreti ora dovranno passare all’esame delle Camere che daranno un parere non vincolante prima dell’approvazione definitiva da parte del governo. In quanto legge “delega”, il Jobs Act è stato votato da entrambe le Camere, ma conteneva solamente una serie di principi direttivi entro i quali il governo era stato “delegato” a legiferare, tramite appunto i decreti attuativi.

Le novità più importanti, come ha detto lo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi ieri, sono l’approvazione definitiva del contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti per le nuove assunzioni, l’eliminazione dell’articolo 18 (di cui però sopravvivono alcuni effetti) e quella dei contratti a progetto, che a partire dal primo gennaio 2016 non potranno più essere stipulati (quest’ultima norma però, fa parte dei decreti approvati solo in maniera preliminare). Di seguito, le decisioni più importanti contenute nei decreti attuativi.

Licenziamenti, contratti e indennizzi
La novità forse più importante prevista dalla legge delega riguarda il contratto a tutele crescenti, un nuovo tipo di contratto per i nuovi assunti a tempo indeterminato che prevede una serie di garanzie destinate ad aumentare man mano che passa il tempo. In pratica, in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo il datore di lavoro dovrà versare al dipendente un indennizzo pari a due mesi di stipendio per ogni anno di lavoro nell’azienda, da un minimo di 4 a un massimo di 24 mesi di indennizzo. Le nuove regole prevedono anche la possibilità di ricorrere alla conciliazione veloce, nella quale il datore di lavoro offre una mensilità per ogni anno di anzianità fino a un massimo di 18 mensilità.

L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, invece, prevedeva per i licenziamenti senza giusta causa o giustificato motivo un risarcimento che andava da un minimo di 12 a un massimo di 24 mensilità, ma si applicava solo alle imprese con più di 15 dipendenti: resta comunque valido per coloro che hanno stipulato il loro contratto prima dell’entrata in vigore della legge e delle tutele simili rimangono in vigore per i licenziamenti discriminatori e per quelli disciplinari per i quali venga provata l’insussistenza del fatto contestato (per i quali viene imposto il reintegro del dipendente).

Contratto a progetto, e apprendistato
A partire dal primo gennaio 2016 saranno eliminati i contratti a progetto, con cui in Italia sono impiegate circa 502 mila persone. Durante il 2015 non potranno essere stipulati dei nuovi contratti a progetto: quelli ancora in vigore rispetteranno comunque la scadenza naturale. Dall’1 gennaio 2016 contratti a progetto potranno essere trasformati in contratti a tempo indeterminato grazie ad alcune agevolazioni. Non sono stati modificati i contratti a tempo determinato (che fra proroghe e rinnovi dal maggio del 2014 non possono comunque superare i 36 mesi) e il lavoro a chiamata. Per quanto riguarda l’apprendistato, saranno ridotti i costi per le aziende, con lo scopo di incentivarne l’utilizzo.

Maternità, congedi e part time
I dieci mesi massimi di congedo parentale dovuti ai genitori naturali potranno essere utilizzati fino ai 12 anni del bambino: dalla nascita del bambino fino ai 6 anni si potrà richiedere il congedo parzialmente retribuito (pari al 30 per cento dello stipendio percepito nel mese o periodo precedente alla nascita), dai 6 ai 12 anni quello non retribuito. Il congedo parentale verrà riconosciuto in uguale forma anche ai genitori adottivi, contrariamente alle norme attuali. In caso di malattia grave del dipendente, inoltre, ci sarà un meccanismo che garantirà il passaggio a un orario di lavoro part time.

Indennità e disoccupazione
Entrerà in vigore il nuovo sistema di sussidi per i disoccupati, che sostituirà l’ASPI. Si chiamerà NASPI e prevede un sussidio decrescente della durata massima di 24 mesi (che saranno però ridotti a 18 nel 2017, per il momento). Spiega il Corriere della Sera:

La Naspi, nuova assicurazione sociale per l’impiego, riguarda tutti i disoccupati involontari dal 1° maggio 2015, compresi tutti i lavoratori che sono stati precari per almeno 24 mesi, durata che scenderà a 18 mesi dal 2017. L’ammontare dell’indennità non può eccedere i 1.300 euro. Dopo i primi 4 mesi di pagamento, la Naspi viene ridotta del 3% al mese. L’erogazione è condizionata alla partecipazione a programmi di politiche attive.

Anche i lavoratori con contratti co.co.co. – i predecessori dei contratti a progetto – potranno disporre di un assegno di disoccupazione della durata massima di sei mesi, nel caso perdano il lavoro e abbiano versato più di tre mesi di contributi.

foto: Fabio Cimaglia / LaPresse