Ancora nessun accordo sulla Grecia
Le proposte dell'Eurogruppo per estendere gli aiuti – ma anche l'austerità – sono state giudicate dal governo della Grecia "assurde e inaccettabili", intanto il tempo stringe
Dopo la prima riunione dell’Eurogruppo sulla crisi della Grecia dello scorso 11 febbraio e dopo le trattative della scorsa settimana tra il governo greco e i rappresentanti dell’Unione europea e della cosiddetta Troika, si era parlato con un certo ottimismo della possibilità che venisse raggiunto presto un accordo e che l’incontro di lunedì 16 febbraio tra i ministri dell’Economia dei paesi della zona euro sarebbe stato decisivo. Invece per la seconda volta al termine della riunione a Bruxelles non è stato presentato alcun comunicato ufficiale – dunque nessun accordo – e il governo della Grecia ha definito le proposte fatte «assurde e inaccettabili». In un discorso al Parlamento martedì 17 febbraio il primo ministro greco Alexis Tsipras ha detto che la Grecia «non è una colonia» e che non si farà ricattare.
L’incontro dell’Eurogruppo è durato poco più di tre ore e poi è stato sospeso per consentire nuove trattative. Molto probabilmente verrà convocata una nuova riunione venerdì 20 febbraio. Nel frattempo alla Grecia è stato dato una specie di ultimatum: sono stati concessi cioè altri giorni per decidere esclusivamente se accettare o no le condizioni dei vari ministri dell’Economia, che prevedono in sostanza «un’estensione» del pacchetto di aiuti già avviato e in scadenza il prossimo 28 febbraio: il piano consiste in 130 miliardi totali di prestito, di cui resta da versare l’ultima tranche da 7 miliardi di euro. Questo comporterebbe anche il completamento del programma di austerità iniziato dal predecessore di Alexis Tsipras al governo della Grecia: cioè da Antonis Samaras, sconfitto nelle scorse elezioni.
Diversi giornali internazionali hanno raccontato il contenuto della bozza proposta al governo greco, che prevedeva appunto un’estensione del programma per altri sei mesi, impegni precisi del paese su debito pubblico, avanzo primario, fisco, privatizzazioni, flessibilità, riforma del lavoro, delle banche e delle pensioni. Soprattutto richiedeva al governo di Atene l’astensione su tutte le riforme elencate di «atti unilaterali»: il governo greco dovrebbe insomma rinunciare a governare su varie e importanti questioni se non in accordo con la Troika (Banca centrale, Commissione Europea e Fondo Monetario Internazionale). Quello che l’Eurogruppo avrebbe accettato è non nominare più la «Troika» ma di parlare genericamente di «istituzioni», così come chiesto più volte da Tsipras.
Il governo della Grecia da parte sua ha già rinunciato a chiedere l’annullamento di parte del debito (così come ipotizzato in campagna elettorale) e anche l’annullamento di tutto il memorandum, cioè le riforme da attuare in cambio dei prestiti: il nuovo governo greco si è infatti detto pronto ad accettare il 70 per cento delle riforme richieste ma a ridiscutere il restante 30 per cento. Propone anche un programma-ponte di qualche mese: cioè un prestito che «non pesi sui contribuenti» e che conceda «lo spazio di manovra fiscale e il tempo per iniziare ad applicare il programma e ripristinare i servizi pubblici», aveva spiegato tempo fa il primo ministro Alexis Tsipras. Si tratterebbe insomma di una «transizione » più che di «un’estensione», necessaria per guadagnare tempo in vista della negoziazione di un sistema che tenga conto della situazione sociale nel paese e anche del voto dei greci. La Grecia ha poi proposto il dimezzamento dell’avanzo primario (la differenza tra entrate e uscite delle amministrazioni pubbliche) imposto dal memorandum dal 3 per cento all’1,49, al netto quindi degli interessi sul debito.
I tempi sono comunque strettissimi: il 28 febbraio il governo greco potrebbe trovarsi da solo a dover far fronte ai creditori e ai mercati. Le banche greche inoltre sono in crisi di liquidità, nonostante il ministro greco delle Finanze Yanis Varoufakis abbia assicurato che ci sono risorse sufficienti per garantire i pagamenti per qualche mese. Va poi considerato che per quattro paesi della zona euro – Germania, Olanda, Austria e Finlandia, dove si vota ad aprile – un ipotetico programma-ponte e anche l’estensione del piano di aiuti deve essere votato dai rispettivi parlamenti per entrare in vigore. Al termine dell’Eurogruppo, il ministro dell’Economia greco Varoufakis si è comunque detto ottimista: «Non ho dubbi che i negoziati continueranno domani e non ho dubbi che ci sarà un accordo che sarà terapeutico per la Grecia e buono per l’Europa». Due recenti sondaggi in Grecia hanno mostrato che il 79 per cento dei cittadini sostiene le politiche del governo e che il 74 per cento crede i negoziati saranno alla fine un successo per il loro paese.