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  • Martedì 4 novembre 2014

Le elezioni di metà mandato, ora per ora

Una guida semplice per chi vuole restare sveglio a seguire i risultati elettorali: si comincia intorno alle 23 – ora italiana – con i seggi di Kentucky, Virginia e Georgia

WASHINGTON, DC - NOVEMBER 03: The afternoon sun hits the U.S. Capitol on the eve of the nation's mid-term elections, November 3, 2014 in Washington, DC. On November 4, Americans will head to the polls to cast their vote in the mid-term elections with the control of the U.S. Senate in question. (Photo by Mark Wilson/Getty Images)
WASHINGTON, DC - NOVEMBER 03: The afternoon sun hits the U.S. Capitol on the eve of the nation's mid-term elections, November 3, 2014 in Washington, DC. On November 4, Americans will head to the polls to cast their vote in the mid-term elections with the control of the U.S. Senate in question. (Photo by Mark Wilson/Getty Images)

Il 4 novembre del 2014 negli Stati Uniti si vota per le elezioni “di metà mandato” del parlamento: quelle che gli americani chiamano midterm elections (e per questo qualcuno in Italia le chiama di “medio termine”). Si vota il 4 novembre perché negli Stati Uniti le elezioni per il Congresso (il parlamento americano) e per la presidenza si tengono sempre il giorno dopo il primo lunedì di novembre. Si rinnovano innanzitutto tutti i 435 seggi della Camera – dove il mandato di ogni deputato dura solo due anni – e 33 seggi al Senato, dove i senatori restano in carica sei anni e ogni due anni se ne rinnova un terzo. Si vota anche per scegliere i governatori di 36 dei 50 stati americani. I primi stati in cui si va a votare aprono i seggi alle 7 del mattino, le 12 ora italiana.

Alla Camera i Repubblicani manterranno la loro maggioranza, salvo sorprese davvero clamorose. Al Senato i Democratici sono la maggioranza dal 2006: in questo momento hanno 55 senatori – in realtà 53 più 2 indipendenti che votano quasi sempre con i Democratici – contro i 45 dei repubblicani. La vera e più grande storia di queste elezioni di metà mandato è questa: i Repubblicani riusciranno a ottenere la maggioranza anche al Senato, e quindi nell’intero Congresso, come era successo l’ultima volta con la vittoria di Bush nel 2004?

Chi vuole seguire i risultati elettorali stanotte, dovrà tenere d’occhio queste cose: non sono tutti gli stati, i seggi e le cose in ballo, ma sono le cose che contano di più. Gli orari sono italiani.

23:00 p.m. – 0:00a.m. — Chiudono i seggi in Kentucky, Virginia e Georgia
Il Kentucky sarà un primo indizio su come andrà la serata. Il senatore uscente è Mitch McConnell, il capogruppo dei Repubblicani al Senato. È un anziano, noioso e imbolsito politico Repubblicano di lungo corso, come quelli dei film, ma è il candidato favorito contro un’agguerrita trentacinquenne Democratica che si chiama Alison Lundergan Grimes. Se McConnell vincerà facilmente, buon segno per i Repubblicani. Se gli exit poll saranno equilibrati, buon segno per i Democratici. In Virginia vale più o meno lo stesso, al contrario: guardare a quanta fatica farà il Democratico Mark Warner, grande favorito, a essere rieletto. La Georgia è uno di quegli stati che potrebbe lasciarci in sospeso: se nessun candidato supererà il 50 per cento dei voti, si farà un ballottaggio più avanti.

0:30 a.m. – 1:00 a.m. – Chiudono i seggi in West Virginia, Arkansas, New Hampshire e North Carolina
In West Virginia il candidato Repubblicano è sicuro di vincere. In North Carolina le cose invece sono più equilibrate: gli exit poll saranno un altro primo segnale sull’andamento della serata. Poi c’è l’Arkansas, altro stato in bilico: il senatore uscente è il Democratico Mark Pryor, molto centrista e religioso, mentre il Repubblicano si chiama Tom Cotton ed è una specie di giovane e popolare eroe di guerra, che ha combattuto in Iraq e in Afghanistan collezionando medaglie al valore, è laureato ad Harvard ed è molto di destra.

Tenere d’occhio anche il New Hampshire: stando alle attese la senatrice uscente, la Democratica Jeanne Shaheen, dovrebbe battere il Repubblicano Scott Brown. Dovesse fare fatica – o dovesse addirittura perdere – sarebbe un buon segno per i Repubblicani; altrimenti, buon segno per i Democratici.

2.00 a.m. – Chiudono i seggi in Kansas, Colorado, Louisiana e South Dakota
Questa è l’ora in cui inizieremo ad avere un’idea più precisa di come stanno andando le cose. Il Kansas, infatti, è uno degli stati dove i Repubblicani rischiano di perdere un senatore (non dai Democratici ma da un candidato indipendente). In South Dakota il candidato Repubblicano è molto favorito, in Colorado le cose sembrano più equilibrate. La Louisiana è un altro stato che non fa le primarie e quindi vota oggi per una specie di primo turno, con tutti i candidati insieme, Democratici e Repubblicani: se nessuno otterrà più del 50 per cento, si terrà un ballottaggio il 6 dicembre. Se i repubblicani vincono in tre di questi quattro seggi, i giochi sono praticamente fatti.

3:00 a.m.— Chiudono i seggi in Montana e in Iowa
In Montana i Repubblicani sono stra-sicuri di vincere. In Iowa sono molto favoriti: la candidata è quella dei maiali castrati. Se i Repubblicani dovessero vincere entrambi questi seggi, forse potete anche andare a dormire.

6:00 a.m. – Chiudono i seggi in Alaska
Potrebbe non valere niente. Ma se la situazione nella notte si svilupperà in modo equilibrato, quest’ultimo seggio in ballo potrebbe essere quello decisivo. Il senatore uscente è Mark Begich ed è Democratico: sei anni fa vinse di pochissimo e oggi dovrebbe perdere, ma il suo sfidante Repubblicano non è un granché.

Non è tutto qui
La partita del Senato è la più importante ma ci sono altre cose in ballo. La Camera, innanzitutto, anche se il risultato è scontato. E poi si vota per i governatori in 36 stati, alcuni parecchio combattuti e interessanti: su tutti il Colorado (dove cerca la rielezione un governatore Democratico, John Hickenlooper) e Wisconsin (dove cerca la rielezione un governatore Repubblicano, Scott Walker).

Poi ci sono i referendum di iniziativa popolare sulla legalizzazione della marijuana a scopo ricreativo in Oregon, Alaska e nel District of Columbia, e solo a scopo terapeutico in Florida. Secondo gli ultimi sondaggi, solo nel District of Columbia c’è un’alta possibilità che la legalizzazione passi, mentre in Florida la legge impone ai Sì di raggiungere il 60 per cento per vincere. Ci sono alcune differenze nelle proposte di legge: rimane uguale per tutti il tetto massimo di piante da coltivare in proprio, sei, e l’età minima richiesta, 21 anni. In Oregon però si potranno possedere fino a 8 once di marijuana (circa 220 grammi), in Alaska ci sarà un massimo di un’oncia (meno di trenta grammi), mentre il District of Columbia consentirà due once di marijuana (circa 55 grammi).

Ci sono anche referendum su altre questioni, come aborto, armi e salario minimo: questo articolo di Studio li riassume bene.