Le motivazioni della sentenza De Magistris

Il tribunale di Roma ha spiegato che quella di De Magistris e Genchi fu una «violazione consapevole» della legge

Foto LaPresse - Marco Cantile
03/10/2014 Napoli, Italia
Cronaca
Manifestazione Flah-Mob in sostegno del sindaco di Napoli Luigi de Magistris, sospeso dal suo incarico in seguito al processo Why Not.
Nella foto: de Magistris arriva alla manifestazione accolto da applausi e strette di mano e prende la parola
Foto LaPresse - Marco Cantile 03/10/2014 Napoli, Italia Cronaca Manifestazione Flah-Mob in sostegno del sindaco di Napoli Luigi de Magistris, sospeso dal suo incarico in seguito al processo Why Not. Nella foto: de Magistris arriva alla manifestazione accolto da applausi e strette di mano e prende la parola

Il tribunale di Roma ha pubblicato mercoledì le motivazioni della condanna per abuso d’ufficio decisa il 24 settembre nei confronti di Luigi De Magistris, ex magistrato e attuale sindaco di Napoli (benché sospeso dal prefetto, in seguito alla condanna, per effetto della cosiddetta legge Severino). De Magistris è stato condannato in primo grado a un anno e tre mesi di reclusione in conseguenza della sua conduzione dell’inchiesta “Why Not”, portata avanti fra il 2006 e il 2008: è accusato di avere ottenuto, da pubblico ministero, i tabulati telefonici di alcuni parlamentari, senza averne legittimità. Le motivazioni della sentenza spiegano che quella di De Magistris e Gioacchino Genchi – il consulente informatico che collaborò all’indagine, condannato anche lui a un anno e mezzo di carcere – fu «una violazione comune e consapevole delle disposizioni di legge».

«La logica era quella di procedere senza rispettare le garanzie per cariche parlamentari, affatto sconosciute, e di giustificare ‘ex post’ le violazioni che fossero emerse” per poi sanarle “con una ratifica successiva rinviabile ad oltranza»

«L’obiettivo degli imputati non era quello investigativo, ma disattendendo le norme, era quello di conoscere il traffico dei parlamentari tramite l’acquisizione di tabulati: attività illecita perché dolosamente inosservante della legge Boato».

«La ragione che guidava il comportamento delittuoso era quella di utilizzare le comunicazioni dei parlamentari per ‘incrociarne’ le risultanze e collegare le inferenze di traffico con informazioni bancarie e localizzazioni così da tracciare contatti, relazioni, movimentazioni degli onorevoli nell’immanenza delle funzioni parlamentari esercitate»

foto: LaPresse – Marco Cantile