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  • Mercoledì 10 settembre 2014

L’atteso discorso di Obama sull’IS

Questa sera il presidente degli Stati Uniti potrebbe autorizzare per la prima volta attacchi aerei in Siria, senza passare per il Congresso

President Barack Obama speaks about the economy, Iraq, and Ukraine, Thursday, Aug. 28, 2014, in the James Brady Press Briefing Room of the White House in Washington, before convening a meeting with his national security team on the militant threat in Syria and Iraq. (AP Photo/Evan Vucci)
President Barack Obama speaks about the economy, Iraq, and Ukraine, Thursday, Aug. 28, 2014, in the James Brady Press Briefing Room of the White House in Washington, before convening a meeting with his national security team on the militant threat in Syria and Iraq. (AP Photo/Evan Vucci)

Mercoledì 10 settembre alle 21 ora di Washington (saranno le 3 del mattino in Italia) il presidente statunitense Barack Obama terrà un atteso discorso sulla nuova strategia che gli Stati Uniti hanno intenzione di adottare per combattere lo Stato Islamico (IS), gruppo estremista operante in Siria e in Iraq prima conosciuto come ISIS. Secondo la stampa americana, tra cui il New York Times, Obama è pronto ad autorizzare attacchi aerei contro l’IS in Siria: si tratterebbe del primo intervento militare diretto americano nella guerra civile siriana che prosegue ormai da oltre tre anni. Si tratterebbe anche di un notevole cambio di atteggiamento degli Stati Uniti in quell’area del Medio Oriente, dove finora – a eccezione degli attacchi aerei mirati contro postazioni dell’IS nel nord-ovest dell’Iraq – l’amministrazione americana non ha voluto farsi coinvolgere.

Secondo una nota diffusa dalla Casa Bianca, questa sera Obama spiegherà agli americani la sua strategia per “distruggere il gruppo terrorista”, cioè l’IS. Secondo alcuni fonti riprese dalla stampa americana, il piano di Obama contiene una campagna militare di lungo termine, molto più complessa rispetto agli interventi che gli Stati Uniti hanno compiuto in diverse aree di crisi negli ultimi anni, come quelli contro al Qaida in Yemen e Pakistan.

Tra le altre cose, Obama starebbe pensando a un modo per addestrare e armare una forza di terra che sia in grado di combattere l’IS in Siria, senza però fornire aiuto militare indiretto al presidente siriano Bashar al Assad. La situazione è molto complessa, soprattutto nella guerra siriana: l’IS combatte Assad, ma allo stesso tempo combatte gli altri gruppi ribelli che a loro volta combattono Assad. Per questa ragione addestrare un gruppo militare che si opponga all’IS rischierebbe di produrre dei vantaggi militari al regime siriano, che già da oltre un anno sta beneficiando delle divisioni interne al fronte dei ribelli.

Il cambio di strategia dell’amministrazione Obama è il segnale che la minaccia proveniente dall’IS è ora vista come “vitale” per la sicurezza degli Stati Uniti. Il possibile intervento nella guerra siriana è emblematico di questo nuovo approccio: negli ultimi tre anni Obama si era rifiutato di vendere una quantità massiccia di armi ai ribelli siriani, per la paura che queste stesse armi finissero nelle mani dei gruppi ribelli più estremi, come il Fronte al-Nusra – il gruppo che “rappresenta” al Qaida nella guerra siriana – e l’IS. L’ipotesi di un intervento militare diretto era già emersa nell’autunno scorso, quando diverse fonti indipendenti avevano provato con quasi assoluta certezza che il regime di Assad era responsabile del bombardamento chimico su due quartieri di Damasco che nell’agosto 2013 aveva ucciso oltre mille persone. Anche grazie a una proposta del segretario di stato John Kerry, appoggiata dalla Russia, Assad era riuscito a evitare un intervento americano, accettando di smantellare il suo arsenale di armi chimiche.

Martedì 9 settembre Obama ha informato del suo piano anche i leader dei democratici e repubblicani al Congresso, dicendogli tra le altre cose di avere l’autorità di estendere le operazioni militari contro l’IS in Medio Oriente anche senza un passaggio parlamentare. Ad ogni modo, ha aggiunto Obama, un’azione del Congresso in linea con il suo piano “è benvenuta”. Non è ancora chiaro quale sarà la posizione del Congresso rispetto al piano di Obama: il New York Times, per esempio, scrive che ci potrebbero essere resistenze a causa delle elezioni di metà mandato previste per il  prossimo novembre, che potrebbero spingere diversi deputati e senatori a non esporsi direttamente appoggiando un piano militare in Medio Oriente.

Obama potrebbe incontrare resistenze anche da alcuni suoi alleati, tra cui la Turchia: il governo turco, infatti, ha espresso molta preoccupazione per la sorte dei 49 cittadini turchi – tra cui diversi appartenenti al corpo diplomatico – tenuti in ostaggio dall’IS nella città irachena di Mosul. Un intervento militare duro nei confronti del gruppo potrebbe portare i miliziani a compiere violente ritorsioni contro gli ostaggi, sostiene il governo turco. Anche l’Arabia Saudita – che nel corso degli ultimi anni ha finanziato massicciamente l’opposizione ad Assad – ha espresso diverse preoccupazioni per un intervento americano contro l’IS, che potrebbe portare i numerosi estremisti sunniti sauditi a protestare contro la decisione del governo di appoggiare l’azione militare.