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  • Domenica 29 giugno 2014

Cosa resta dopo i Mondiali

Quattro anni dopo, in Sudafrica si fatica a trovare una destinazione d'uso a molti nuovi stadi: alcuni propongono addirittura la demolizione

South African ruling party African National Congress former armed wing member dressed in military fatigue, gestures from an empty stadium sector prior to the Labour Day celebration an event organized by the African National Congress, Confederation of the South African Union and the South African Communist Party on May 1, 2014 in Polokwane.
 AFP PHOTO/GIANLUIGI GUERCIA (Photo credit should read GIANLUIGI GUERCIA/AFP/Getty Images)
South African ruling party African National Congress former armed wing member dressed in military fatigue, gestures from an empty stadium sector prior to the Labour Day celebration an event organized by the African National Congress, Confederation of the South African Union and the South African Communist Party on May 1, 2014 in Polokwane. AFP PHOTO/GIANLUIGI GUERCIA (Photo credit should read GIANLUIGI GUERCIA/AFP/Getty Images)

In Sudafrica, a quattro anni di distanza dai Mondiali di calcio, si fatica ancora a trovare una destinazione d’uso permanente per molti degli stadi e delle strutture costruite nel 2010: sono grandi, costosi e spesso costruiti in zone delle città scomode da raggiungere per i tifosi. Secondo il giornalista T.O. Molefe – che ne ha scritto sul New York Times – il problema è che la volontà di ospitare un grande evento sportivo fa soprassedere sui problemi che causerà, ma secondo altri c’è un problema aggiuntivo: le aspettative per quello che i Mondiali possono fare sono troppo alte.

Lo stadio di Green Point, a Città del Capo, è stato costruito apposta per i Mondiali del 2010: ha 55 mila posti ed è costato 600 milioni di dollari. Per le ultime quattro stagioni è stato usato dall’unica squadra cittadina che milita nel massimo campionato di calcio sudafricano, l’Ajax Cape Town, ma il contratto di affitto tra la squadra e la città scadrà quest’estate. Se il contratto non verrà rinnovato, l’Ajax tornerà a giocare nel suo vecchio stadio: a circa 20 chilometri di distanza, nel quartiere popolare di Athlone.

Spiega il New York Times che prima dei Mondiali erano molti a pensare che sarebbe stata una buona idea rinnovare il vecchio stadio di Athlone: si trova in un quartiere povero, abitato in prevalenza da neri e meticci, e si pensava che gli investimenti che sarebbero arrivati se si fossero ospitate partite dei Mondiali avrebbero contribuito a ridurre la diseguaglianza. Le cose, tuttavia, andarono diversamente: principalmente a causa delle pressioni della FIFA – contraria all’idea che lo stadio fosse in una zona povera ed esteticamente brutta della città – si decise invece di costruire un nuovo stadio nel quartiere ricco di Green Point.

«Il nuovo stadio di Città del Capo simboleggia il peggio dell’eredità lasciata dalla FIFA. È una superflua megastruttura, non voluta dai ricchi residenti della zona e troppo lontana dai quartieri più poveri, dove vive la gran parte dei tifosi di calcio. Lo stadio, il cui mantenimento è costato 32 milioni di dollari dal 2010, è anche diventato un peso piuttosto consistente per il bilancio pubblico».

Il progetto originale, naturalmente, era diverso: l’idea era che dopo i Mondiali lo stadio si trasformasse in un centro sportivo polifunzionale affidato a diverse associazioni e società sportive, in grado di garantirne l’utilizzo e la manutenzione a lungo termine. A parte l’Ajax, tuttavia, nessuna società della città ha mostrato interesse nel progetto e le potenzialità dello stadio sono ampiamente sottoutilizzate. AFP ha scritto che a un recente incontro casalingo dell’Ajax Cape Town erano presenti circa 400 tifosi e sono state avanzate proposte per demolire lo stadio.

La situazione nel resto del paese non è molto migliore che a Cape Town. Per i Mondiali del 2010 sono stati costruiti cinque nuovi stadi e sono stati spesi in tutto 3,5 miliardi di dollari per lavori di adeguamento infrastrutturale. Dei nuovi stadi, dice AFP, solo il Soccer City di Johannesburg riesce a produrre degli utili, principalmente perché è il posto dove si tengono i grandi concerti di artisti internazionali che arrivano in Sudafrica; secondo BBC anche lo stadio di Soweto è finanziariamente sostenibile.

Il Mbombela Stadium, costruito ai margini della città di Nelspruit, è un altro esempio di quali sono stati i criteri con cui in Sudafrica si è investito per i Mondiali. Lo stadio è stato costruito vicino al villaggio di Matsafeni, alla popolazione locale erano stati permessi investimenti per le infrastrutture urbane di cui la zona aveva bisogno. Di queste sono state realizzate solo quelle strettamente necessarie per lo svolgimento dei Mondiali – una nuova autostrada e una linea ferroviaria ad alta velocità – mentre le promesse ai cittadini sono state disattese per mancanza di risorse: Matsafeni è ancora un posto sfornito di un decente acquedotto e dove bisogna fare la fila davanti ai pochi pozzi disponibili. La costruzione dello stadio, inoltre, è costata oltre tre volte quanto preventivato e ci sono state diverse accuse di corruzione per appalti pilotati.

Si stima che la FIFA abbia guadagnato circa 3 miliardi di dollari dai Mondiali in Sudafrica, ma di questi soldi solo una piccola parte è stata data al Sudafrica. Secondo Danny Jordaan, la persona che ha organizzato i Mondiali del 2010, anche se la FIFA avesse lasciato tutti i guadagni derivati dalla Coppa del Mondo non sarebbe stato sufficiente per risolvere i problemi del Sudafrica. Secondo Jordaan il problema è che le attese sono troppo alte: «le aspettative dell’impatto che 30 giorni di calcio possono avere in un paese sono irrealistiche».

Secondo Molefe c’è un altro problema che fa sì che i Mondiali di calcio vengono gestiti sempre con gli stessi criteri e con poco riguardo per i paesi che li ospiteranno, ed è testimoniato dal fatto che in Sudafrica una vera discussione sull’eredità dei Mondiali stia avvenendo solo adesso, con diversi anni di ritardo. La FIFA, scrive sul New York Times, «usa l’universale amore per il calcio e per la Coppa del Mondo per convincere le persone e i loro governi a firmare accordi le cui linee guida sono: i guadagni alla FIFA, al paese ospite i costi».

Simili preoccupazioni riguardo all’eredità dei Mondiali sono state espresse anche a proposito dei Mondiali in Brasile, per cui sono stati costruiti moltissimi nuovi stadi alcuni dei quali in posti quasi irraggiungibili. Si è parlato molto dello stadio di Manaus, costruito in una città della Foresta Amazzonica dove si arriva solo nave o in aereo e che non ha una squadra di club che potrebbe usarlo. Secondo Foreign Press anche lo stadio di Natal, l’Arena das Dunas, rischia di non essere usato per le sue potenzialità, visto che non ci sono squadre di primo piano in città, e ci sono dubbi che le cose possano andare meglio per gli stadi di Cuiaba e Brasilia, il secondo dei quali ha quasi 70.000 posti.

Come ha ricordato Anne Applebaum, in Brasile negli ultimi anni ci sono state diverse manifestazioni contro ai Mondiali, proprio per la preoccupazione che i costi di ospitare i Mondiali superino i benefici.

Da mesi manifestanti di vario genere protestano davanti agli stadi, travestono la mascotte del Mondiale da mafioso e dipingono murali di protesta per le strade, come quello che mostra un bambino affamato e in lacrime con un pallone sul piatto. Avendo visto, in altri paesi, i debiti crescere e i profitti diminuire dopo i Mondiali, gli elettori brasiliani sanno già benissimo che alcuni dei loro stadi diventeranno cattedrali nel deserto. Non hanno bisogno di attendere che i turisti tornino a casa per capire che i soldi investiti in tutte queste infrastrutture tirate su all’ultimo momento saranno soldi buttati.

Secondo Applebaum, quindi, è ragionevole pensare che con il tempo saranno solo i paesi totalitari, che non devono confrontarsi con le proteste dell’opinione pubblica, a ospitare grandi eventi sportivi. In generale, infatti, la preoccupazione per quello che rimane dopo aver ospitato un grande evento come i Mondiali o come le Olimpiadi sta aumentando parecchio e il Washington Post, qualche settimana fa, aveva spiegato che sempre meno paesi si candidano a ospitare le Olimpiadi, visto che poi la gran parte delle strutture costruite ex novo restano per la maggior parte inutilizzate.