• Mondo
  • Giovedì 26 giugno 2014

I 186 ragazzi rapiti in Siria un mese fa

È una storia che va avanti da tempo, anche se i media internazionali se ne occupano poco: li ha presi l'ISIS, l'organizzazione islamista che sta conquistando l'Iraq

> on June 25, 2014 in Arbil, Iraq.
<> on June 25, 2014 in Arbil, Iraq.

Il 30 maggio scorso 186 ragazzini curdi siriani di età compresa tra i 14 e i 16 anni sono stati rapiti da un gruppo di miliziani dell’ISIS – un gruppo musulmano estremista, gli stessi che nei giorni scorsi si sono presi un pezzo dell’Iraq – mentre viaggiavano su un convoglio di minibus tra Aleppo e l’enclave curda di Kobani. I media occidentali non hanno parlato del rapimento fino agli ultimi giorni, quando è aumentata l’attenzione sulla situazione dell’Iraq e sulla crisi regionale causata dagli attacchi dell’ISIS.

I ragazzi sono stati rapiti mentre tornavano verso la loro città, Kobani, da Aleppo, dov’erano andati per sostenere gli esami scolastici di fine anno previsti dall’ordinamento didattico siriano. Il viaggio di andata verso Aleppo, spiega il Guardian, si era concluso senza problemi ma mentre il convoglio tornava verso Kobani è stato fermato da un gruppo di miliziani armati dell’ISIS che hanno separato maschi e femmine e condotto i 186 ragazzini verso un edificio scolastico di Minbej, dove la maggior parte di loro si trova ancora. Aleppo è una delle città in cui si è combattuto di più, negli ultimi tre anni di guerra civile siriana, ed è tuttora contesa dai ribelli e dall’esercito del presidente Bashar al Assad.

Il Guardian ha pubblicato il resoconto di Mustafa Hassan, uno dei ragazzini rapiti che è riuscito a scappare quattro giorni dopo il sequestro. Mustafa Hassan ha spiegato che:

«Ci hanno chiesto se volevamo entrare a far parte dell’ISIS ma non lo ha fatto nessuno. Se uno degli studenti faceva rumore o casino, veniva picchiato con dei fili elettrici. Circa dieci ragazzi venivano picchiati ogni giorno, ma la maggior parte si comportavano bene per non essere puniti. Alcuni piangevano, altri sono diventati gialli per la paura. Ci hanno fatto vedere un documentario girato in Iraq che mostrava persone che venivano uccise».

Mustafa Hassan ha anche spiegato che i miliziani parlavano con lingue e accenti diversi, e ha raccontato come sia riuscito a scappare insieme a un compagno di scuola: hanno chiesto ai loro compagni di fare rumore e distrarre le guardie, sono usciti da una porta sul retro della scuola, hanno scavalcato una recinzione e sono corsi via. Per raggiungere Kobani i due ragazzini hanno chiesto aiuto ai negozianti del paese dove si trovavano, fino a quando qualcuno non gli ha permesso di usare un telefono per chiamare casa.

Il fatto che i bambini siano tenuti in una scuola non è casuale: l’associazione Human Rights Watch ha spiegato in un comunicato che l’ISIS ha preso di mira i bambini come parte di un’operazione di reclutamento. Ai bambini vengono impartiti addestramento militare e educazione islamica.

A circa un mese di distanza dal rapimento non si hanno informazioni sui rapiti, fatta eccezione per i racconti di Mustafa Hassan. Alcuni dei genitori, riporta il Guardian, temono che i loro figli possano essere stati uccisi. La cosa singolare è che – al contrario del noto caso delle ragazze rapite in Nigeria – in questo caso in molti dicono di sapere dove si trovano i ragazzi rapiti.

Kobani è una citta che si trova al confine tra la Siria e l’Iraq, sulla linea di fronte della guerra che i curdi e i militanti dell’ISIS stanno combattendo da qualche settimana. Molti altri studenti curdi che si trovavano ad Aleppo per ragioni scolastiche, spiega il Guardian, per paura di un altro rapimento al momento hanno deciso di non intraprendere il viaggio verso Kobani.

CNN ha scritto che ci sarebbero stati dei contatti tra i miliziani dell’ISIS e le milizie di difesa curde a proposito del rilascio dei bambini e che l’ISIS avrebbe proposto uno scambio con alcuni prigionieri attualmente nelle mani dei miliziani curdi della People’s Protection Unit (YPG).

foto: un miliziano curdo di guardia a un posto di blocco (Photo by Spencer Platt/Getty Images)