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  • Martedì 24 giugno 2014

Perché Sky e Mediaset litigano

Sky ha vinto l'asta per trasmettere le partite del campionato italiano sia sul satellite che sul digitale terrestre, ma ne è nato un pasticcio di accuse e tentativi di mediazione

MESSINA, ITALY - OCTOBER 21: Antonio Busce of Empoli looks directly down the lens of a television camera after scoring the second equalising goal during the Serie A match between Messina and AC Milan at the Stadio Giovanni Celeste on October 21, 2006 in Messina, Italy. (Photo by New Press/Getty Images)
MESSINA, ITALY - OCTOBER 21: Antonio Busce of Empoli looks directly down the lens of a television camera after scoring the second equalising goal during the Serie A match between Messina and AC Milan at the Stadio Giovanni Celeste on October 21, 2006 in Messina, Italy. (Photo by New Press/Getty Images)

Negli ultimi giorni è nata una confusa polemica tra le due principali emittenti televisive private in Italia – Sky e Mediaset – riguardo l’assegnazione dei diritti per trasmettere il campionato di calcio della Serie A fra il 2015 e il 2021: le squadre di Serie A avrebbero dovuto approvare i risultati della nuova asta già lunedì 23 giugno ma tutto è stato rinviato a mercoledì 25, il giorno prima del termine ultimo fissato dal bando. Per capire bene questa storia bisogna sapere però un paio di cose su come funziona la distribuzione dei diritti per trasmettere le partite di calcio in Italia.

I diritti per la trasmissione delle partite vengono venduti in blocco dalla Lega Nazionale Professionisti Serie A (chiamata comunemente “Lega Serie A”), cioè l’associazione cui partecipano i dirigenti delle squadre che partecipano al torneo, il più importante fra i campionati professionistici di calcio in Italia. Questo significa che nessuna squadra può trattare da sola con le piattaforme televisive per cedere i diritti di trasmissione delle proprie partite. È così dal 2007, da quando cioè venne approvata la legge 106 di quell’anno che ne impose la commercializzazione collettiva su proposta dell’allora ministro dello Sport Giovanna Melandri. Da allora, a gestire le trattative e le aste per l’assegnazione dei diritti è la Lega Serie A, che a sua volta si appoggia alla Infront, una società svizzera di consulenza che organizza l’asta e suddivide l’intera mole dei diritti in “pacchetti” – differenti per piattaforma (satellitare e digitale) e per importanza delle squadre – per venderli separatamente e guadagnare più soldi. Per questo lavoro e per altri compiti che svolge durante l’anno, Stefano Carli ha scritto su Repubblica che in questi anni Infront ha ricevuto dalla Lega Serie A «tra i 30 e i 40 milioni l’anno».

La situazione negli anni scorsi
Come spiega Repubblica, per trasmettere in Italia tutte le 380 partite del campionato di Serie A, Sky ha pagato nell’ultima stagione 570 milioni di euro l’anno; Mediaset per un pacchetto simile ha pagato meno della metà, 270 milioni. Un divario che «ha due giustificazioni: le partite sono una cinquantina in meno (ma i big match e i derby ci sono tutti) e il contratto risale a prima dello switch off del digitale terrestre, quando la copertura era ridotta». Mediaset, quindi, in questi anni ha pagato una cifra notevolmente più bassa per un prodotto molto simile a quello di Sky, anche se nel frattempo le condizioni sono cambiate: dal luglio 2012 in tutta Italia le trasmissioni televisive sono visibili solo sul digitale terrestre, e non più sul segnale analogico.

Negli anni scorsi, Sky Italia possedeva inoltre i diritti per trasmettere la Champions League, il più importante torneo europeo di calcio per club: nel febbraio del 2014 però, nel corso di un’altra asta, Mediaset ha vinto la gara per trasmetterla in esclusiva per tre anni a partire dalla stagione 2015-2016.

Com’è andata quest’anno
Per l’asta dei diritti di trasmissione della Serie A fra il 2015 e il 2021 i pacchetti principali erano fondamentalmente tre. Racconta Marco Bellinazzo, giornalista del Sole 24 Ore, che erano così suddivisi:

a) un primo pacchetto con un’offerta mista per la piattaforma satellitare che includerà tutti di diritti di trasmissione di 8 squadre, inclusi quelli via internet (e i parametri da ultizzare per comporre il panel permettono di ritenere che dentro questo gruppo ci saranno Juventus, Milan, Inter e Napoli più altre 4 squadre);

b) un secondo pacchetto per la piattaforma digitale terrestre, analogo, a quello precedente con le 4 big e 4 squadre medio-piccole;

c) un’offerta in esclusiva per prodotto con eventi non superiori al 35% del torneo di serie A (in pratica in questo pacchetto ci saranno le 132 partite che le 12 squadre non incluse nei pacchetti “primari” giocano tra loro, ed è molto probabile che dentro ci sia la Roma)

Sky ha offerto per il primo pacchetto e per il secondo pacchetto rispettivamente 355 e 420 milioni, battendo l’offerta di Mediaset che ne ha offerti 350 e 275. Mediaset ha inoltre presentato un’offerta di 306 milioni per il terzo pacchetto vincolandola all’acquisto di uno fra i primi due, più alta di quella di Sky (ma non risulta che le regole dell’asta permettessero un simile vincolo).

La soluzione ideale per la Lega Serie A, dunque, sarebbe in teoria cedere a Mediaset per 350 milioni il primo pacchetto, a Sky per 420 milioni il secondo pacchetto e ancora a Mediaset per 306 milioni il terzo pacchetto. In questo modo, secondo la Gazzetta dello Sport, la Lega otterrebbe un aumento delle entrate attorno al 30 per cento nel giro di un anno (fino alla stagione scorsa, sommando quello che pagavano Sky e Mediaset, guadagnava infatti a seconda delle cifre fra 839 e 840 milioni di euro). Ma di fatto bisognerebbe cambiare in corsa le regole dell’asta, perché Sky ha presentato le offerte più alte per i primi due pacchetti (e quindi anche per il terzo, che Mediaset intende comprare solo insieme a uno dei primi due). Questa soluzione comunque è quella proposta da Infront.

Dove nasce il problema?
Un primo problema riguarda una possibile violazione della legge Melandri sulla ripartizione dei diritti televisivi, in quanto secondo alcuni Sky compierebbe un abuso di posizione dominante. Un secondo riguarda le effettive entrate per le squadre: Mediaset, infatti, si era riservata di comprare a una cifra molto alta un particolare pacchetto di partite “minori”, ma solo a condizione che avesse ottenuto il diritto di trasmettere le partite principali o sul digitale terrestre o via satellite.

Un ulteriore problema è però dato dal fatto che la divisione italiana di Infront fa capo a Marco Bogarelli, un manager che Repubblica definisce dal «passato vicino al mondo Fininvest»; Giorgio De Nova, il legale a cui la Lega Serie A ha affidato un parere, ha rappresentato Fininvest nel processo del cosiddetto “lodo Mondadori”, una lunga vicenda processuale che riguardò Fininvest e la CIR di Carlo De Benedetti: quindi – secondo alcuni – sarebbero entrambi legati alla lontana a Mediaset, uno dei due principali soggetti della vicenda. E il vicepresidente della Lega è Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan, la squadra del proprietario di Mediaset. Questi dubbi sono stati raccolti e descritti oggi dal giornalista Andrea Sarubbi:

Dice una leggenda – confermata però da più fonti, dunque al confine con la cronaca vera – che la sorpresa più grande di quest’anno, per i gestori dell’asta sui diritti tv del calcio, sia stata l’asta stessa. Erano abituati a ricevere una busta per ciascun pacchetto: all’interno, una cifra di un euro superiore al minimo; i protagonisti si dividevano la torta (il satellite, il digitale terrestre, gli highlights, la Coppa Italia) e l’armistizio reggeva ancora un po’. Ma stavolta, dopo aver perso la Champions League, Sky ha deciso di far saltare il banco, appoggiata tra l’altro dall’ingresso di competitor inattesi: tipo Eurosport, ad esempio, che negli anni scorsi si era tenuta fuori dai giochi e che – dopo essere stata acquisita da Discovery – mira a proporsi come nuovo polo.

La leggenda non descrive nel dettaglio la faccia del capo di Infront, l’advisor della Lega calcio, alla prima apertura delle buste, per controllarne la regolarità: pare solo che abbia bofonchiato qualcosa e le abbia messe via. Fatto sta che il giorno dopo alcuni club erano già stati avvisati: la cosa “andava sistemata”, perché “c’era una possibile violazione dell’antitrust”. L’Antitrust, in realtà, c’entra abbastanza poco: la realtà è che, pur rispettando le linee guida approvate dall’Authority, Sky si era portata a casa sia il satellite che il digitale terrestre, finora divisi a metà con Mediaset; e ad Infront – con un capo che fa anche il consigliere di Milan Channel e un vice che proviene dai diritti sportivi Fininvest – si è improvvisamente alzato il sopracciglio.

“Vogliamo vederci chiaro”, ha detto a quel punto la Lega, che invece di stappare champagne per le cifre d’acquisto dei diritti televisivi ha chiesto immediatamente un parere legale. Il vicepresidente della Lega si chiama Adriano Galliani, che insieme a Barbara Berlusconi è anche vicepresidente e amministratore delegato del Milan, ma deve trattarsi di una coincidenza. Così come è certamente un caso che il legale scelto per il parere sia il professor Giorgio De Nova, già membro del collegio difensivo della Fininvest nell’appello sul lodo Mondadori.

Ci sarebbe parecchio ancora da ironizzare, se l’ironia bastasse a cambiare le cattive abitudini. E invece c’è da farsi qualche domanda – mettendo da parte i diritti sportivi e financo le fedi calcistiche, che spesso obnubilano la ragione – sulla credibilità dell’Italia stessa, di fronte agli investitori internazionali. Perché alla fine è di questo che si tratta: nei giorni in cui il presidente del Consiglio andava in Vietnam a stringere un accordo di interscambio commerciale da 5 miliardi di euro (con una ricaduta diretta sull’Italia di un quarto, forse anche meno), una grande società americana ne metteva sul piatto 3 (un miliardo all’anno, per tre anni), vincendo un’asta vera e rispettandone le procedure. Piuttosto complicate, a dire il vero, ma scritte nero su bianco e poggiate su tre paletti: vince chi offre di più, nessuno può comprare tutti e 5 i pacchetti (infatti Sky ne ha vinti 2, sebbene siano i principali), nessuno può condizionare la propria offerta per un pacchetto all’ottenimento di un altro (come ha fatto invece Mediaset per l’esclusiva di alcune partite).

Le proteste di Sky
Lunedì, mentre era ancora in corso l’assemblea della Lega Serie A in cui si discuteva del problema, Sky ha inviato una diffida al presidente della Lega Maurizio Beretta in cui spiegava di non poter accettare che «l’assegnazione dei diritti della Serie A avvenga secondo principi e ipotesi non regolari e non previste dal bando». Secondo il Messaggero, Sky ha già anche un accordo con Telecom Italia per affittare cinque canali del digitale terrestre per trasmettere le partite. Mediaset ha risposto con una lettera in cui accusa Sky di aver partecipato «irregolarmente» anche al bando di assegnazione per i diritti sul digitale terrestre, perché già in possesso di monopolio sul mercato della tv a pagamento.

La Lega Serie A dice di aver consultato l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (chiamata anche Antitrust). Secondo il Corriere della Sera, l’AGCOM starebbe inoltre lavorando affinché si realizzi la soluzione proposta da Infront e in seguito Mediaset e Sky si “scambino” i rispettivi diritti, conservando il proprio “territorio” (la piattaforma satellitare per Sky e quella digitale per Mediaset).

foto: Claudio Villa/Getty Images