La proposta di Grillo a Renzi

Lui e Casaleggio affermano di avere modificato la linea sulla legge elettorale: "sono avvenute due cose che hanno cambiato lo scenario"

Dopo averlo chiamato Renzie, ebetino e buffone per mesi, accusandolo di essere l’artefice di un “colpo di stato” che ha portato alla fine della democrazia in Italia, domenica 15 luglio Beppe Grillo ha pubblicato un lungo post sul suo blog invitando Matteo Renzi a confrontarsi con il Movimento 5 Stelle sulla riforma delle legge elettorale. Il post – che in queste ore sta facendo molto discutere politici, osservatori e militanti del M5S – è firmato da Grillo insieme con Gianroberto Casaleggio, che dà spesso la linea al Movimento che ha partecipato a fondare.

Per motivare l’approccio decisamente nuovo e apparentemente contraddittorio con quanto ripetuto fino a oggi, Grillo e Casaleggio spiegano che con le elezioni europee le cose sono cambiate: il Partito Democratico ha ottenuto quasi il 41 per cento grazie a Matteo Renzi, che ora può essere considerato legittimato a governare dal M5S. Fino a ora il Movimento aveva duramente contestato il modo in cui Renzi era diventato presidente del Consiglio, dopo la fine del governo di Enrico Letta, senza un passaggio elettorale (formalmente comunque non necessario, essendo la nostra una democrazia parlamentare nel quale sono Camera e Senato a dare la fiducia a un nuovo governo). Scrivono Grillo e Casaleggio:

Ora sono avvenute due cose che hanno cambiato lo scenario: il M5S ha una legge approvata dai suoi iscritti (e non discussa a porte chiuse in un ufficio del Pd in via del Nazareno) e Renzi è stato legittimato da un voto popolare e non a maggioranza dai soli voti della direzione del Pd. Quindi qualcosa, anzi molto, è cambiato.

Il post continua spiegando che il M5S è pronto a collaborare alla riforma elettorale, a patto che questa collaborazione parta dalla sua proposta, elaborata e votata nei mesi scorsi sul blog di Grillo:

La legge M5S è di impronta proporzionale, non è stata scritta su misura per farci vincere come è stato per l’Italicum, scritto per farci perdere. E ora? Se Renzi ritiene che la legge M5S possa essere la base per una discussione comune, il cui esito dovrà comunque essere ratificato dagli iscritti al M5S, Renzi batta un colpo. Il M5S risponderà.

Tra i primi a rispondere alla proposta pubblicata sul blog da Grillo e Casaleggio c’è stato Lorenzo Guerini, vicesegretario del PD. Guerini ha spiegato che l’apertura del M5S è un “segno evidente della centralità del nostro partito” e di essere disponibile al confronto “con tutti, nel rispetto dei ruoli e delle posizioni diverse”. Il dialogo non potrà però portare a strade molto diverse da quelle già percorse con l’approvazione alla Camera dell’Italicum. Guerini ha inoltre detto che “visti i precedenti con i Cinque stelle, suggeriamo comunque l’adozione dello streaming per eventuali incontri futuri”.

Intervistato dal TG5, Matteo Renzi ha detto che: “Questa volta lo streaming lo chiediamo noi. È bene che non ci siano né patti segreti né giochini strani”. Parlando di Grillo ha spiegato che “è un uomo che ci ha abituati ogni giorno ad una sorpresa. Diciamo così: con lui non ci si annoia. Fa un po’ ridere questa corsa alle riforme perché fino a tre-quattro settimane fa sembrava che le riforme le volessimo fare soltanto noi, e anzi che ci fossimo incaponiti. Ora le vogliono fare tutti, meglio così. Siamo pronti a discutere con tutti”.

La proposta di trasmettere in diretta online l’eventuale incontro è stata inizialmente respinta da Luigi Di Maio, deputato del M5S e vicepresidente della Camera indicato da Grillo e Casaleggio come uno degli interlocutori per il confronto sulla legge elettorale. Domenica Di Maio ha detto “non credo che sia necessario lo streaming”, poi ci ha ripensato e ha pubblicato un tweet dove ha detto che “lo streaming si farà”.

 

La disponibilità da parte del PD per un incontro sembra quindi esserci, ma difficilmente si potrà arrivare a qualcosa di concreto, considerate le forte differenze tra la proposta del M5S e la legge elettorale già votata dalla Camera a marzo. Debora Serracchiani del PD lo ha detto abbastanza chiaramente in una breve intervista, pubblicata oggi su Repubblica: “Cominciamo allora col mettere un paio di paletti precisi. Si ragiona a partire dall’Italicum, dalla legge approvata già alla Camera, dall’intesa con Forza Italia, il Nuovo Centrodestra e Scelta civica. […] La proposta presentata dai Cinquestelle ruota tutta attorno al proporzionale. L’Italicum va in direzione opposta”.

Il PD ha la necessità di mantenere uniti i partiti che fino a ora hanno portato avanti la riforma della legge elettorale, con i quali è anche impegnato sul tema molto complesso delle riforme istituzionali, a partire dalla modifica delle funzioni del Senato e dalla riforma dei poteri delle Regioni e delle amministrazioni locali (il Titolo V della Costituzione). Alcuni esponenti di Nuovo Centrodestra chiedono da tempo che alcune cose dell’Italicum siano riviste, come per esempio la possibilità di esprimere le preferenze non previste dal testo di legge, ma queste proposte sono state sempre respinte da Forza Italia, il principale interlocutore per le riforme del PD.

La proposta del M5S per la nuova legge elettorale è stata elaborata sulla base di una lunga serie di consultazioni online, cui hanno partecipato oltre 200mila persone, dice il Movimento. Propone un sistema proporzionale corretto con la suddivisione dell’Italia in 42 circoscrizioni, con una soglia di sbarramento intorno al 5 per cento, diversa nelle varie circoscrizioni sulla base della loro grandezza. Nessun candidato si può presentare in più circoscrizioni ed è possibile una sorta di voto disgiunto, per esprimere la preferenza per un candidato non presente nella lista del partito votato.

Il M5S propone quindi una legge elettorale molto diversa da quella su cui discutono da mesi PD, Forza Italia, Nuovo Centrodestra e Scelta Civica. Il cosiddetto “Italicum” è già stato approvato alla Camera lo scorso marzo ed è ora in attesa di essere discusso in Senato. È un sistema proporzionale valido solo per la Camera in cui i seggi sono attribuiti su base nazionale, senza preferenze, sulla base di oltre cento collegi, nei quali ogni partito o coalizione presenta una breve lista di candidati. Prevede un premio di maggioranza, ma solo per la coalizione o il partito non coalizzato che ha ottenuto almeno il 37 per cento dei voti. Nel caso in cui nessun partito o coalizione arrivi oltre questa soglia, è previsto un ballottaggio tra i due partiti o coalizioni che hanno ottenuto la maggiore percentuale di voti su base nazionale. Chi vince il ballottaggio ottiene il 53 per cento dei seggi, mentre gli altri seggi sono attribuiti proporzionalmente alle restanti forze politiche (con un sistema di sbarramenti per tenere fuori le forze politiche più piccole: il 12 per cento per le coalizioni di partiti, il 4,5 per cento per i singoli partiti che le costituiscono e l’8 per cento per i partiti che si presentano da soli).