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  • Mercoledì 7 maggio 2014

I risultati del referendum in Crimea sono stati manipolati?

Un sito legato alla presidenza della Russia ha pubblicato un documento che riferisce dati molto diversi da quelli "ufficiali"

Pro-Russian people celebrate in Lenin Square, in Simferopol, Ukraine, Sunday, March 16, 2014. Polls have closed in Crimea's contentious referendum on seceding from Ukraine and seeking annexation by Russia. The vote, unrecognized both by the Ukrainian government and the West, was held Sunday as Russian flags fluttered in the breeze and retirees grew weepy at the thought of reuniting with Russia. (AP Photo/Vadim Ghirda)
Pro-Russian people celebrate in Lenin Square, in Simferopol, Ukraine, Sunday, March 16, 2014. Polls have closed in Crimea's contentious referendum on seceding from Ukraine and seeking annexation by Russia. The vote, unrecognized both by the Ukrainian government and the West, was held Sunday as Russian flags fluttered in the breeze and retirees grew weepy at the thought of reuniting with Russia. (AP Photo/Vadim Ghirda)

Quasi due mesi dopo il referendum che ha deciso l’annessione della Crimea alla Russia, un sito ufficiale legato alla presidenza russa ha pubblicato alcuni dati su affluenza ed esito del voto molto diversi da quelli comunicati ufficialmente a metà marzo. I dati sono stati messi online sul sito del Consiglio per la società civile e i diritti umani, un organo consultivo istituito per assistere il presidente russo “nell’esercizio delle sue responsabilità costituzionali nella garanzia e protezione delle libertà e dei diritti umani”: secondo questi nuovi dati, l’affluenza al referendum sarebbe stata tra il 30 e il 50 per cento – molto lontana dall’82,7 per cento comunicato – e i voti favorevoli all’annessione sarebbero stati tra il 50 e il 60 per cento, contro l’ufficiale 97 per cento.

Dei nuovi dati ne ha scritto per primo Paul Roderick Gregory, collaboratore del sito della rivista Forbes, che ha ripreso la notizia data domenica 4 maggio da un importante sito ucraino, TSN.ua. Secondo Gregory i dati sarebbero stati diffusi “per errore”, anche se rimangono alcuni dubbi su quest’ultimo punto: mentre la versione inglese della pagina con i dati del referendum è stata messa offline poco dopo la sua pubblicazione, la versione russa dello stesso documento è ancora online e si può trovare qui. Nel documento si spiega che i dati riportati sono stati elaborati sulla base di interviste con numerosi funzionari della Crimea, esponenti della società civile, esperti di vario tipo e cittadini comuni. Si legge:

«Nell’opinione di quasi tutti gli esperti e cittadini intervistati:

– La grande maggioranza dei cittadini di Sebastopoli [la capitale della Crimea, ndr] ha votato a favore dell’unificazione con la Russia (50-80 per cento); diversi dati mostrano che in Crimea il 50-60 per cento di chi ha votato si è espresso per l’unificazione, con un’affluenza del 30-50 per cento.»

Come nota Ilya Somin sul Washington Post, dai dati diffusi dal sito legato alla presidenza russa emerge che solo il 15-30 per cento degli aventi diritto al voto ha effettivamente espresso la sua preferenza per l’annessione della Crimea alla Russia. Il dato sarebbe quindi molto lontano dai risultati ufficiali comunicati, che comunque erano stati già a loro volta contestati dalla stampa internazionale per altre ragioni, come l’impossibilità di garantire il regolare funzionamento di un referendum in una regione occupata militarmente dai soldati di uno stato straniero, e senza garanzie da parte di osservatori internazionali e indipendenti (e le urne trasparenti).

Una situazione analoga a quella della Crimea, scrive Gregory su Forbes, potrebbe verificarsi di nuovo il prossimo 11 maggio a Donetsk, in Ucraina orientale, dove i separatisti filorussi che hanno occupato degli edifici governativi hanno indetto un referendum per l’indipendenza – o annessione alla Russia, non si sono ancora messi d’accordo – dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk. Anche qui la Russia potrebbe usare la sua forte influenza per bloccare l’attività di controllo di osservatori internazionali e manipolare i risultati delle elezioni.