Cosa non va con i sottosegretari

L'editoriale di Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera e la critica ad alcune nomine nel nuovo governo Renzi

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
28-02-2014 Roma
Politica
Palazzo Chigi - Giuramento sottosegretari di Stato
Nella foto Matteo Renzi

Photo Roberto Monaldo / LaPresse
28-02-2014 Rome (Italy)
Chigi Palace - Oath of the undersecretaries of State
In the photo Matteo Renzi
Foto Roberto Monaldo / LaPresse 28-02-2014 Roma Politica Palazzo Chigi - Giuramento sottosegretari di Stato Nella foto Matteo Renzi Photo Roberto Monaldo / LaPresse 28-02-2014 Rome (Italy) Chigi Palace - Oath of the undersecretaries of State In the photo Matteo Renzi

Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera critica le nomine da parte del governo Renzi di alcuni sottosegretari: quella di Antonio Gentile, innanzitutto, al centro di una discussa telefonata, e quella di Cosimo Ferri e Enrico Costa. Queste nomine secondo Ferrarella denunciano il «vero nodo» della questione: «e cioè l’assenza nel premier, almeno sinora, di una idea di giustizia».

Con La grande bellezza agli Oscar siamo applauditi, ma con «la grande ipocrisia» siamo imbattibili: tutti a impallinare il neosottosegretario alle Infrastrutture, senatore Gentile, al quale il direttore de l’Ora della Calabria aveva ricondotto le pressioni intermediate dallo stampatore del quotidiano per bloccare la pubblicazione di una notizia sul figlio indagato del senatore calabrese.

Giustissimo, ma Gentile non si è nominato da solo. E, soprattutto, la storia delle pressioni sulla stampa nell’interesse del senatore che ieri ha però affermato di non averle mai chieste, non è stata una sorpresa sfortunatamente appresa dal premier dopo la nomina: era invece stata già da giorni ampiamente trattata sulle prime pagine dei giornali. Anzi, se si riascolta l’audio della telefonata pubblicato sul sito del giornale calabrese, la pressione sul direttore era motivata dallo stampatore del quotidiano proprio con la necessità di non rovinare l’immagine di Gentile nel momento in cui lo si sapeva appunto in corsa per un posto da sottosegretario. Ecco perché questa nomina, che oggettivamente ha premiato una pressione sul giornale anziché sanzionarla con il discredito reputazionale, più ancora di Gentile interpella il presidente del Consiglio, il cui frequente «ci metto io la faccia» mal si concilia ora con la goffa giustificazione da Prima Repubblica, per cui la nomina sarebbe stata frutto di una non rifiutabile indicazione del socio di maggioranza governativa Alfano, che di Gentile è il capopartito e lo sponsor.

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