Storie di sessismo quotidiano

Un progetto britannico ha raccolto online 50 mila racconti in meno di due anni (ed è stato anche molto criticato)

A female participant of the "Slut Walk" writes a message on a board in New Delhi on July 31, 2011 during a protest against sexual harassment of women. Hundreds of women and men marched to join the country's first "Slut Walk", a protest against the alarming rise in sexual assault cases and to curb the growing sense of insecurity among women. AFP PHOTO/ MANAN VATSYAYANA (Photo credit should read MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)
A female participant of the "Slut Walk" writes a message on a board in New Delhi on July 31, 2011 during a protest against sexual harassment of women. Hundreds of women and men marched to join the country's first "Slut Walk", a protest against the alarming rise in sexual assault cases and to curb the growing sense of insecurity among women. AFP PHOTO/ MANAN VATSYAYANA (Photo credit should read MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)

Questa settimana, a meno di due anni dal suo avvio, il progetto Everyday Sexism ha raggiunto le 50 mila testimonianze: 50 mila storie di molestie, discriminazioni, abusi e aggressioni che sono state raccontate da persone di tutto il mondo. Everyday Sexism è un sito creato nell’aprile del 2012 da Laura Bates, giovane femminista britannica che ha un blog sul Guardian e che collabora con diverse testate tra cui l’Independent e lo Huffington Post.

Il progetto è nato senza fondi e senza pubblicità, come esperimento e semplice luogo di discussione a partire dalle testimonianze dirette delle donne vittime di discriminazioni sessuali. La fondatrice sperava inizialmente di raccogliere un centinaio di storie: dopo un solo anno il sito aveva invece pubblicato più di 25 mila racconti, che sono raddoppiati arrivando a 50 mila nel dicembre del 2013. Il progetto ha avuto molto successo, se ne è occupata la stampa internazionale ed è stato avviato anche in molti altri paesi: Stati Uniti, Canada, Australia, Sudafrica, Nuova Zelanda, Russia, Paesi Bassi, Portogallo, Brasile, Spagna, Argentina, Germania, Austria, Francia e anche in Italia. Un gruppo di volontari (presente in ogni paese) aiuta a selezionare e raccogliere i testi che possono essere scritti in inglese o nella propria lingua madre, con uno pseudonimo o con il proprio nome.

Il sito è molto semplice: ci sono varie pagine ognuna dedicata a una nazione. Nella presentazione si legge:

Siamo nel 2013 e le donne, in tutto il mondo, stanno ancora cercando di ottenere l’uguaglianza. Sono mal rappresentate a quasi tutti i livelli del potere politico ed economico, sono marginalizzate e represse, subiscono violenze basate sul sesso, e le loro voci sono messe sotto silenzio. Tutti i giorni. Questo sito esiste semplicemente per catalogare esperienze di donne che abbiano a che fare con la diseguaglianza di genere ad ogni livello. Dagli incidenti più lievi a quelli più gravi. Per provare al mondo quanto è grave il problema e quante donne colpisce, ogni giorno. Aggiungi la tua storia, quella di tua madre, di tua sorella o delle tue amiche. Dì ad altre di scrivere anche la loro. E nessuno potrà più impedirci di parlarne.

Ci sono storie di donne che hanno perso il lavoro in seguito ad una gravidanza, adolescenti che sono state molestate e a cui è stato detto che era colpa loro, uomini che sono stati derisi per aver chiesto un congedo di paternità, dipendenti regolarmente aggredite in ufficio e storie di donne di tutte le età che semplicemente si sono abituate a ricevere commenti sessisti per la strada. Qualche esempio:

Ero solo una ragazzina, no nemmeno, ero una bimba di 10 forse 11 anni.
Nella pensione al mare, i proprietari della quale erano amici dei miei genitori, decido di guardare la televisione nella saletta comune, vuota, mentre tutti gli altri si rifugiano in camera per la pennichella. Il proprietario (padre di famiglia con una bimba poco più piccola di me) si siede con me. Mi mette una mano intorno alle spalle, mi prende per mano e mi dice che vuole farmi vedere le cucine del ristorante.  Mi appoggia contro il muro e mi bacia accarezzandomi. Sono scappata, rossa in volto e non capendo bene cosa fosse successo. Non l’ho mai raccontato e sono ormai passati più di 20 anni. Ho ancora un rabbia cocente che mi pervade al solo pensiero, per lui e per me che non ho avuto il coraggio di dire nulla.

***

Avevo concluso un buon affare per l’azienda per cui lavoravo e il mio capo immediatamente mi disse: “Hai fatto un pompino per questo?” Ero così scioccata e indignata, ma tutti gli altri ridevano come se fosse solo uno scherzo.

Si possono anche leggere diverse testimonianze di stupri. Una di queste si conclude così:

La parte peggiore è venuta dopo, quando entrambi i miei genitori mi hanno detto che non avrei dovuto bere così tanto, che avrei dovuto essere più attenta. Come se fosse colpa mia se qualcuno mi ha violentata mentre ero incosciente. 

Il sito ha ricevuto delle critiche, anche da parte di molte donne. La principale accusa è che il progetto non fornisca alcuna conoscenza oggettiva sulla questione sessista, limitandosi ad un elenco di aneddoti nel quale si trovano uno accanto all’altro episodi banali o veri e propri casi di molestie. Questa modalità, inoltre, danneggerebbe non solo i risultati ottenuti fin qui nell’emancipazione delle donne ma le donne stesse: il concetto alla base di Everyday Sexism è che tutte le donne sono naturalmente vittime del dominio maschile, dunque passive. Infine il sito non fornisce alcuno strumento utile per combattere realmente la disuguaglianza di genere, ma è solo un modo che contribuisce a diffondere l’idea che le donne sono delicate e fragili.

Bates sostiene invece che tutte queste storie

sono un promemoria quotidiano delle disuguaglianze che le donne di tutto il mondo affrontano e continueranno ad affrontare. L’obiettivo è quello di cambiare l’opinione pubblica, di provocare reazioni così numerose e di ampia portata che il problema non potrà più essere ignorato. Vogliamo segnalare il modo in cui è stato considerato, per costringere le persone ad alzarsi e a dire ‘questo non è giusto’, anche se il fatto non è grande o scandaloso o scioccante. Anche se si è ormai abituati a pensare che si tratta solo del modo in cui stanno le cose: è proprio a questa normalità che non ci vogliamo abituare.