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  • Giovedì 15 agosto 2013

Giovedì in Egitto

Notte tranquilla ma i Fratelli Musulmani manifesteranno di nuovo: per le strade ci sono ancora i resti del massacro di mercoledì

Egyptians on a motorbike pass by burnt poster of Egypt's ousted President Mohammed Morsi in Nahda Square, near Cairo University in Giza, Cairo, Egypt, Thursday, Aug.15, 2013, a day after Egyptian police in riot gear swept in with armored vehicles and bulldozers cleared two sprawling encampments of supporters of the country's ousted Islamist president in Cairo. Arabic on the posters read, "Yes for legitimacy." (AP Photo/Amr Nabil)
Egyptians on a motorbike pass by burnt poster of Egypt's ousted President Mohammed Morsi in Nahda Square, near Cairo University in Giza, Cairo, Egypt, Thursday, Aug.15, 2013, a day after Egyptian police in riot gear swept in with armored vehicles and bulldozers cleared two sprawling encampments of supporters of the country's ousted Islamist president in Cairo. Arabic on the posters read, "Yes for legitimacy." (AP Photo/Amr Nabil)

Al Cairo, in Egitto, è finito alle 6 del mattino il coprifuoco imposto dal governo egiziano mercoledì 15 agosto, al termine di una giornata di violentissimi scontri tra sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi e forze di sicurezza. Secondo le ultime cifre ufficiali i morti sono 525 e i feriti 3717, ma fonti dei Fratelli Musulmani parlano di cifre – non ancora confermate – molto più alte: più di 2000 morti e diecimila feriti, solo al Cairo. BBC ha pubblicato sul suo sito le riprese aeree del Cairo dopo i violenti scontri di ieri: le immagini sono impressionanti, sembrano quelle di una città in guerra.

Questa mattina, dopo la notte di coprifuoco, la situazione al Cairo sembra tranquilla: non si hanno notizie di nuovi sit-in, in giro c’è poca gente, il traffico è stato riaperto e dovunque ci sono i resti degli scontri di ieri. I Fratelli Musulmani hanno però indetto un’altra manifestazione per oggi al Cairo.

 

Il governo egiziano ha imposto per un mese lo stato di emergenza – un vecchio strumento legislativo dei governi autoritari, che in Egitto è rimasto valido con poche interruzioni dal 1967 al 2012 – e il vicepresidente Mohamed El Baradei, uno dei politici più moderati del governo ad interim formato dopo la deposizione di Morsi, si è dimesso dal suo incarico, dicendo che sarebbe stato possibile agire pacificamente e non con tanta violenza. Nella serata di ieri il primo ministro ad interim Hazem Beblawi ha difeso le operazioni della polizia, dicendo che non saranno permessi altri sit-in d’ora in avanti in nessuna città dell’Egitto.

Mercoledì sera diversi paesi hanno condannato duramente le violenze in Egitto e la reazione – considerata incredibilmente sproporzionata – della polizia nei confronti dei manifestanti pro-Morsi concentrati nei due sit-in del Cairo, a piazza Rabaa Al-Adawiya (nell’est della città) e piazza Nahda (nei pressi dell’Università). Praticamente tutti i più importanti paesi europei hanno chiesto la fine delle violenze in Egitto, e anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha condannato la decisione del governo di usare la forza contro i sostenitori dei Fratelli Musulmani. Diversi sostenitori dell’ex presidente Morsi hanno organizzato piccole manifestazioni di fronte alle ambasciate egiziane della Giordania, Turchia, Tunisia, Israele e a Gaza.

La dichiarazione più attesa è stata comunque quella del segretario di stato statunitense John Kerry, che il 2 agosto aveva detto che l’intervento dei militari contro Morsi aveva “ripristinato la democrazia in Egitto”. Mercoledì Kerry ha tenuto una conferenza stampa in cui ha condannato le violenze e in cui ha detto che quello che è successo è stato «un duro colpo al processo di riconciliazione e alle speranza della popolazione egiziana per una transizione verso la democrazia e l’inclusione». Nonostante la condanna, comunque, l’amministrazione statunitense non ha annunciato alcuna sospensione del programma di aiuti annuale di 1,3 miliardi di dollari in vigore con l’Egitto dagli accordi di Camp David.

Diversi giornali internazionali hanno descritto le violenze di ieri come un vero e proprio massacro. Le testimonianze riportate dai diversi giornalisti che erano presenti al sit-in che più ha resistito agli attacchi della polizia egiziana – quello di piazza Rabaa Al-Adawiya – hanno raccontato di scene di grande violenza e brutalità: per diverse ore è stata in un vero e proprio stato d’assedio, in cui nessuno poteva né entrare né uscire. Su Twitter sono circolate moltissime foto di cadaveri con ferite da proiettili e molti testimoni hanno parlato della presenza di cecchini che sparavano sulla folla, anche fuori dagli ospedali. Non è chiaro cosa possa succedere ora in Egitto. Ieri Mohamed el-Beltagy, uno dei leader della Fratellanza, ha parlato dopo avere confermato l’uccisione da parte della polizia di sua figlia di 17 anni. Ha chiesto ai sostenitori del suo movimento politico di scendere di nuovo in piazza, e continuare a protestare per il ritorno di Morsi al potere.