Il punto sul caso di Alma Shalabayeva

Oggi molti giornali scrivono che i collaboratori del ministro Alfano sapevano dell'espulsione, mentre altri aggiungono particolari sulla figura di Ablyazov

Il caso dell’espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, e della figlia della coppia Alua, è anche oggi sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani. Il Corriere della Sera e Repubblica hanno riportato notizie provenienti da fonti anonime all’interno del gabinetto del ministro degli Interni Angelino Alfano, che raccontano alcuni passaggi di quello che è avvenuto subito prima dell’espulsione.

Il Fatto Quotidiano ha riportato, tradotti dal Financial Times, alcuni estratti della ricostruzione che Shalabayeva ha fatto dei giorni dell’espulsione. Ieri il governo kazako ha fatto sapere che Shalabayeva non si trova agli arresti domiciliari, ma che ha l’obbligo di dimora nella città di Almaty a causa di un’indagine per corruzione che riguarda lei e il marito.

Il caso fino ad oggi
Il 31 maggio Alma Shalabayeva e sua figlia sono state espulse all’Italia. Shalabayeva è la moglia di Mukhtar Ablyazov, un ex ministro del Kazakistan ed ex alleato dell’attuale presidente Nursultan Nazarbayev. Ablyazov, che non è chiaro al momento dove si trovi, prima di fuggire dal Kazakistan è stato il leader di uno dei principali partiti di opposizione ed è indagato per frode in diversi paesi.

Sua moglie, a quanto si è compreso finora, è stata espulsa perché trovata in possesso di un passaporto della Repubblica Centrafricana ritenuto falso. Non è ancora chiaro perché possedesse un passato di un paese africano. Il 5 luglio il tribunale di Roma ha stabilito che il passaporto fosse autentico, riportando il caso all’attenzione dei media e del governo, che venerdì 12 ha deciso di annullare l’espulsione.

La presidenza del Consiglio ha fatto sapere con un comunicato ieri che le procedure per l’espulsione sono state “formalmente” rispettate, anche se i membri del governo non ne erano stati informati e sono venuti a conoscenza del caso soltanto dopo che l’espulsione era avvenuta. Al momento è in corso un’indagine interna da parte del capo della polizia che, sempre secondo il comunicato della presidenza del Consiglio, ha lo scopo di accertare perché i membri del governo non sono stati avvertiti del caso.

Le novità 
Le ricostruzioni di Fiorenza Sarzanini sul Corriere e di Carlo Bonini su Repubblica si concentrano proprio sulla smentita di questa tesi. Entrambi i giornali sostengono di aver parlato con diversi membri del gabinetto e “dell’entourage” del ministro dell’Interno Alfano. Repubblica dice anche di aver esaminato dei documenti interni e delle relazioni della polizia scritte pochi giorni dopo l’espulsione, e ha pubblicato una lista in cui riassume in 10 punti le molte cose da chiarire sul caso.

Secondo queste ricostruzioni il 28 maggio, il giorno prima dell’irruzione della DIGOS nella casa di Shalabayeva, c’è stato un incontro tra il capo di gabinetto del ministro Alfano, Giuseppe Procaccini, e l’ambasciatore del Kazakistan in Italia, dopo che questi aveva provato ad ottenere un appuntamento con lo stesso Alfano. L’ambasciatore avrebbe fatto pressioni per fare arrestare Ablyazov, che secondo lui si trovava a Roma in quel momento.

Repubblica, che riporta più dettagli sull’incontro, sostiene che i due diplomatici abbiano mostrato a Procaccini e ad altri funzionari di polizia le prove, raccolte da un’agenzia investigativa di nome “Syra”, che Ablyazov si trovasse in un’abitazione alla periferia di Roma. I due giornali concordano che Ablyazov venne definito “armato e pericoloso” – uno dei motivi per cui l’irruzione è stata compiuta da 50 agenti.

Le ricostruzioni dei giornali discostano leggermente sui vari funzionari che hanno partecipato all’incontro e sui loro ruoli nell’organizzare l’irruzione. Entrambi i giornali scrivono che dopo aver ricevuto i due diplomatici kazaki, il capo di gabinetto Procaccini ha passato la pratica alla polizia che avrebbe dovuto occuparsi di arrestare Mukhtar. Le fonti dei due giornali affermano che Procaccini non avvertì Alfano dell’incontro e del suo contenuto – anche se non spiegano perché, visto che stando al loro racconto, i diplomatici kazaki avevano inizialmente chiesto di incontrare proprio il ministro.

Il fax al ministero degli Esteri
Oggi fonti interne del ministero degli Esteri hanno risposto all’ANSA su un altro aspetto della vicenda di cui si era parlato ieri: il caso del fax inviato dalla polizia al ministero degli Esteri poco dopo l’irruzione a casa di Shalabayeva. Durante l’irruzione, secondo alcune ricostruzioni, Shalabeyava ha dichiarato di godere dell’immunità diplomatica. Per verificarlo, la polizia ha inviato un fax all’ufficio del Cerimoniale del ministero degli Esteri, che ha risposto negativamente.

Alcuni giornali avevano suggerito che l’esistenza di questo fax, mai confermata da fonti ufficiali, rendesse impossibile sostenere la tesi che il ministero degli Esteri non fosse a conoscenza dell’espulsione. Le fonti del ministero hanno confermato, secondo l’ANSA, l’esistenza del fax, ma hanno anche sostenuto che era impossibile fare un collegamento con Ablyazov partendo da un fax in cui veniva domandato se una certa Alma Shalabayeva – che è il suo nome da nubile – godeva di un passaporto diplomatico.

La versione di Shalabayeva e di Ablyazov
Il Fatto Quotidiano ha pubblicato oggi alcuni estratti di quelli che chiama i “diari di Alma Shalabayeva”. Si tratta di una traduzione molto libera di una dichiarazione in cui Shalabayeva descrive i giorni della sua espulsione, pubblicata dal Financial Times. Nella ricostruzione, Shalabayeva descrive l’irruzione di circa 50 poliziotti nella sua casa e racconta di essere stata trattata in modo molto rude e irrispettoso.

Sul Giornale, Fausto Biloslavo ha pubblicato un articolo in cui ricorda il passato di Ablyazov e i numerosi punti oscuri della sua carriera. In particolare, oltre al suo ruolo prima al governo del Kazakistan accanto all’attuale presidente Nazarbayev e poi all’opposizione, Biloslavo ricorda i suoi trascorsi giudiziari: Ablyazov fu accusato di avere sottratto illegalmente circa 5 miliardi di dollari a una delle più importanti banche del Kazakistan e per questo reato è al momento oggetto di un mandato di cattura internazionale e di un processo nell’Alta Corte di Londra. Nel 2012 il tribunale lo ha giudicato colpevole di oltraggio alla corte e per avere mentito sulle sue ricchezze, e lo ha condannato a 22 mesi di prigione (ne avevamo parlato qui).