Le novità sul caso di Alma Shalabayeva

Che diventa sempre più complicato: l'espulsione della moglie del dissidente kazako è stata annullata dal governo, mentre i giornali pubblicano nuovi particolari

Venerdì 12 luglio il governo italiano ha fatto sapere con un comunicato stampa che è stata annullata l’espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, e della loro figlia di sei anni, Alua. Le due persone erano stata espulse dall’Italia in modo piuttosto frettoloso e poco chiaro alla fine di maggio e oggi si trovano agli arresti domiciliari nella città di Almaty, in Kazakistan.

Oggi la vicenda è sulle prime pagine di quasi tutti i principali quotidiani con nuovi dettagli ed editoriali molto critici sull’operato del governo (ad esempio quello di Massimo Giannini di Repubblica, intitolato “Un atto di viltà”). Il caso è tornato d’attualità dopo che il 5 luglio scorso il tribunale di Roma ha stabilito che Shalabayeva e sua figlia non andavano espulse e che non sussisteva il presupposto che giustificò l’espulsione – cioè un passaporto diplomatico della Repubblica Centrafricana in possesso della donna e considerato falso.

Nei giorni scorsi la gestione del caso da parte del governo è stata criticata anche dall’opposizione: SEL e Movimento 5 Stelle hanno chiesto le dimissioni del ministro degli Interni Angelino Alfano e il presidente del Consiglio Enrico Letta ha risposto alle domande sul caso durante il question time del 10 luglio alla Camera, ripetendo che avrebbe fatto chiarezza.

Cosa dice il governo
I risultati dell’indagine sono stati diffusi ieri nel comunicato, con il quale il governo ha annunciato l’annullamento dell’espulsione. Non è del tutto chiaro perché il governo abbia deciso in questo senso, anche se alla base ci sarebbe l’acquisizione di alcuni nuovi documenti – si tratta probabilmente delle nuove carte che riguardano il passaporto di Shalabayeva e di cui ha parlato anche il tribunale di Roma.

Le procedure formali per il provvedimento, ricorda il comunicato, erano state rispettate: l’espulsione è stata convalidata tra il 30 e il 31 maggio con quattro diversi provvedimenti delle autorità giudiziarie italiane. Questa correttezza era stata ripetuta pochi giorni dopo l’espulsione anche dal ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, che il 5 giugno aveva definito “perfette” le procedure seguite. Cancellieri disse di essersi informata “subito” sul fatto, pare di capire ad espulsione avvenuta.

Sempre secondo quanto scritto nel comunicato, infatti, nessun membro del governo Letta era stato avvertito in precedenza della procedura di espulsione: né Letta, né Cancellieri, né il ministro degli Interni Alfano. Una mancanza che viene definita «grave» e su cui il capo della polizia aprirà un’indagine – anche se, visto quanto scritto poco sopra, difficilmente si può considerarla una violazione formale della procedura. Il governo sembra sottintendere che tutta la vicenda è stata gestita in autonomia dalla Questura di Roma, ma restano grandissimi dubbi su chi abbia preso l’iniziativa e su quale ruolo abbiano le autorità kazake in tutto questo.

Il motivo della decisione di annullare l’espulsione, dice la presidenza del Consiglio, sarebbe la scoperta di alcuni nuovi documenti, acquisiti dal governo quando i legali della famiglia di Ablyazov hanno presentato ricorso contro l’espulsione. Nel comunicato non è specificato quando questo ricorso sarebbe stato presentato né la natura precisa di questi documenti, che hanno spinto il governo a decidere  di «riesaminare i presupposti alla base del provvedimento di espulsione pur convalidato dall’autorità giudiziaria».

Le novità sull’espulsione
L’espulsione di Shalabayeva e di sua figlia è avvenuta in tempi molto rapidi. Il 29 maggio circa 50 agenti della DIGOS hanno fatto irruzione nella casa dove vivevano con alcuni familiari nella periferia di Roma. Tre giorni dopo, il 31 maggio, entrambe le donne venivano imbarcate su un aereo noleggiato dal governo kazako e su cui era presente almeno un diplomatico di quel paese. Dal loro arrivo in Kazakistan, le due donne si trovano agli arresti domiciliari nella città di Almaty.

Il Corriere della Sera ha pubblicato sabato 13 luglio diversi nuovi dettagli sull’irruzione degli agenti della DIGOS e i giorni primi dell’espulsione. Secondo il Corriere, il 28 maggio l’Interpol ha segnalato alla polizia di Roma la presenza di Ablyazov, il marito di Shalabayeva, in una casa nella periferia di Roma e lo ha definito “armato e pericoloso”, e per questo motivo la polizia sarebbe intervenuta con circa 50 agenti.

Nella casa non c’era Ablyazov, ma soltanto la moglie insieme alla figlia e ad altri familiari. Sempre secondo il Corriere, durante l’irruzione Shalabayeva ha dichiarato di godere dell’immunità diplomatica. Per verificarlo, la polizia ha inviato un fax all’ufficio del Cerimoniale al ministero degli Esteri, che ha risposto negativamente. Shalabayeva aveva con sé un passaporto della Repubblica Centrafricana che le prime perizie ritennero falso, mentre il tribunale di Roma ha stabilito il 5 luglio che era autentico (finora non sono state date spiegazioni sul perché avesse un passaporto di una nazione africana).

Chi è Mukhtar Ablyazov
Oggi La Stampa ha pubblicato una lettera in cui Mukhtar Ablyazov ringrazia il governo per la revoca dell’espulsione, ma sostiene che sia arrivata troppo tardi:

Caro Mr Letta grazie per questa decisione coraggiosa ma adesso temo che il regime di Nazarbayev reagirà mandando mia moglie Alma in prigione e la mia bambina Alua all’orfanotrofio.

Ablyazov, 50 anni, è un ex banchiere di BTA (una delle più grandi banche kazake) e un ex politico del Kazakistan. Nel 2001, dopo essere stato per diverso tempo alleato con il presidente Nursultan Nazarbayev – alla guida del Kazakistan dal 1990 – e ministro dell’Industria e dell’Energia nel 1998-1999, Ablyazov decise di fondare il partito Scelta Democratica del Kazakistan, un movimento politico di opposizione di cui facevano parte diversi politici e importanti uomini d’affari kazaki.

Nel luglio 2002, Ablyazov fu condannato per abuso di potere a 6 anni di carcere, e come lui finirono in prigione altri compagni di partito. Il Parlamento Europeo e Amnesty International dissero che la sentenza era stata motivata politicamente, e che non c’era stato un processo giusto.

Inoltre dissero che in prigione Ablyazov era stato maltrattato e torturato. Fu rilasciato dopo soli 10 mesi di carcere, con la promessa che non sarebbe rientrato in politica – ma non la mantenne, per questo Nazarbayev disse di essere stato tradito per due volte. Nel 2003 si trasferì a Mosca e fu nominato nel 2005 presidente del Consiglio di amministrazione di BTA. Secondo alcuni, da allora Ablyazov finanziò con milioni di dollari i gruppi di opposizione e i mezzi di comunicazione indipendenti.

Foto: il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev (AP Photo/Sergei Grits)