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  • Mercoledì 19 giugno 2013

I complicati negoziati con i talebani

Gli Stati Uniti hanno detto ufficialmente di voler aprire una trattativa, Karzai si è arrabbiato e ha sospeso i suoi colloqui con gli americani

Afghan President Hamid Karzai speaks during a joint press conference with NATO Secretary General Anders Fogh Rasmussen following a security handover ceremony at a military academy outside Kabul on June 18, 2013. Afghan forces took control of security across the country on June 18, marking a major milestone as US-led combat troops prepare to withdraw after 12 years of fighting the Taliban. Speaking at a military academy outside Kabul, President Hamid Karzai said the police and army were ready to take on insurgents, but a bomb in the city underlined persistent instability. AFP PHOTO/ SHAH Marai (Photo credit should read SHAH MARAI/AFP/Getty Images)
Afghan President Hamid Karzai speaks during a joint press conference with NATO Secretary General Anders Fogh Rasmussen following a security handover ceremony at a military academy outside Kabul on June 18, 2013. Afghan forces took control of security across the country on June 18, marking a major milestone as US-led combat troops prepare to withdraw after 12 years of fighting the Taliban. Speaking at a military academy outside Kabul, President Hamid Karzai said the police and army were ready to take on insurgents, but a bomb in the city underlined persistent instability. AFP PHOTO/ SHAH Marai (Photo credit should read SHAH MARAI/AFP/Getty Images)

Il governo dell’Afghanistan ha sospeso i negoziati in corso con gli Stati Uniti sull’accordo bilaterale di sicurezza, che dovrebbe definire i termini della presenza americana in Afghanistan nei prossimi anni e dopo la fine della missione di combattimento nella NATO. L’annuncio è stato fatto dal portavoce del presidente afghano Hamid Karzai, Aimal Faizi: «In una riunione speciale da lui presieduta, il presidente Karzai ha deciso di sospendere i colloqui sul patto per la sicurezza con gli Stati Uniti: c’è una contraddizione tra ciò che il governo americano dice e ciò che fa in merito alle discussioni di pace», ha detto. La ragione della decisione del governo afghano è un controverso annuncio fatto ieri dagli Stati Uniti, sul coinvolgimento dei talebani nei negoziati.

L’attuale guerra in Afghanistan è iniziata il 7 ottobre del 2001 e ha visto il progressivo coinvolgimento dei paesi che aderiscono alla NATO. L’invasione del territorio afghano controllato dai talebani è stata giustificata con le necessità di smantellare parti della rete terroristica di al Qaida e di catturare e uccidere Osama bin Laden, cosa che è poi avvenuta con un blitz in Pakistan nel 2011. In Afghanistan sono impegnati oltre 110mila soldati che fanno parte della International Security Assistance Force (ISAF), la missione di sostegno al governo del paese il cui comando è stato affidato alla NATO. Diversi paesi partecipanti alla coalizione, a partire dagli Stati Uniti, hanno ridotto nel tempo il numero di soldati nel paese in vista del completo affidamento della gestione di sicurezza alle sole forze afghane. Il ritiro completo delle forze ISAF è previsto per la fine del 2014.

I negoziati per l’accordo di sicurezza tra gli Stati Uniti e l’Afghanistan sono partiti all’inizio di quest’anno. Dovrebbero prevedere la presenza nel paese di nuove basi militari americane e di alcuni convogli anche dopo il 2014, per addestrare e consigliare l’esercito afghano, ma senza alcun coinvolgimento nei combattimenti. I negoziati non hanno però avuto fino ad ora un esito positivo perché, come spiega un giornalista di BBC, il presidente Karzai teme che questa soluzione possa compromettere la sovranità afghana.

L’annuncio della sospensione arriva il giorno dopo che il governo degli Stati Uniti ha affermato che saranno avviati dei negoziati diretti con i talebani per tentare di porre fine al conflitto, e che il primo incontro formale avverrà già la prossima settimana: il compito è stato affidato all’inviato speciale per l’Afghanistan e Pakistan, James Dobbins. I talebani hanno aperto una sede diplomatica, un vero e proprio ufficio politico di rappresentanza, a Doha, capitale del Qatar, un emirato che si trova su una piccola penisola che confina a sud con l’Arabia Saudita e che ha coltivato buone relazioni sia con il mondo islamico che con quello occidentale: durante e dopo la Primavera araba, il Qatar ha sostenuto da subito i ribelli di Libia ed Egitto e quindi gli emergenti partiti islamici; gli Stati Uniti in Qatar hanno inoltre la base militare più grande di tutta l’area.

Da mesi circolano notizie, mai confermate, secondo cui nel corso del 2012 i rappresentanti degli Stati Uniti e i talebani si sarebbero incontrati segretamente diverse volte in Europa e nel Golfo Persico. Karzai aveva già manifestato la propria insofferenza di fronte al fatto che le trattative potessero avvenire altrove rispetto all’Afghanistan e aveva anche ritirato il proprio ambasciatore dal Qatar, come segno di protesta, per poi tornare sui propri passi e dire che l’Afghanistan accettava i negoziati fra i talebani e gli Stati Uniti. Ieri, dopo l’annuncio di Obama, è stato comunicato che anche il governo afghano invierà i propri emissari a Doha per incontrare i rappresentanti dei talebani. Oggi il portavoce di Karzai è tornato a dire che il governo dell’Afganistan «si oppone» alla denominazione di “Emirato islamico dell’Afghanistan” (come si definisce il regime dei talebani) «per la semplice ragione che tale entità non esiste». E ha aggiunto che «gli americani erano ben consapevoli della posizione del presidente».

Il portavoce dei talebani, Zabiullah Mujahid, ha detto che la sede in Qatar servirà a favorire il dialogo «con il mondo». E in un comunicato, ha fatto sapere di sostenere una soluzione politica al conflitto e gli sforzi per «ripristinare la pace». Nel frattempo ieri ci sono stati due attentati: il primo a Kabul, in cui sono morte tre persone dopo che un kamikaze si è fatto esplodere vicino al veicolo di Haji Mohammad Mohaqiq, storico leader della resistenza anti-talebana che è rimasto illeso; il secondo con un attacco alla base aerea di Bagram in cui sono stati uccisi quattro soldati statunitensi.