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  • Martedì 28 maggio 2013

Niente più embargo sulla vendita di armi alla Siria

Lo hanno deciso i ministri degli Esteri dell'UE, come avevano chiesto Francia e Regno Unito, ma per ora nessuno venderà armi ai ribelli

British Foreign Secretary William Hague, left, talks with Belgium's Foreign Minister Didier Reynders, during the EU foreign ministers meeting, at the European Council building in Brussels, Monday, May 27, 2013. The European Union nations remain divided on Monday whether to ease sanctions against Syria to allow for weapons shipments to rebels fighting the regime of Syria's President Bashar Assad. (AP Photo/Yves Logghe)
British Foreign Secretary William Hague, left, talks with Belgium's Foreign Minister Didier Reynders, during the EU foreign ministers meeting, at the European Council building in Brussels, Monday, May 27, 2013. The European Union nations remain divided on Monday whether to ease sanctions against Syria to allow for weapons shipments to rebels fighting the regime of Syria's President Bashar Assad. (AP Photo/Yves Logghe)

La sera di lunedì 27 maggio i ministri degli Esteri dei paesi dell’Unione Europea, riuniti a Bruxelles, hanno deciso di non estendere ulteriormente l’embargo sulla vendita delle armi alla Siria che durava dal maggio 2011. Della questione si era parlato molto negli ultimi mesi, da quando alcuni paesi europei avevano espresso l’intenzione di abolire queste sanzioni in modo da poter inviare armi ai ribelli, per rafforzare la loro capacità militare contro l’esercito del presidente siriano Bashar al Assad.

L’annuncio è stato fatto a termine dell’incontro da Wiliam Hague, ministro degli Esteri britannico, che ha aggiunto che al momento il Regno Unito non ha comunque intenzione di inviare armi all’opposizione siriana. L’accordo è arrivato dopo 12 ore di confronto e con grandi differenze di posizioni tra i diversi paesi europei: ha riguardato l’intero pacchetto di sanzioni che da due anni l’Unione Europea impone alla Siria e che scadrà a mezzanotte di venerdì 30 maggio.

Lunedì sera Catherine Ashton, capo della diplomazia europea, ha letto un comunicato che riassume i punti dell’accordo raggiunto dai ministri UE. Le sanzioni che non riguardano la vendita delle armi sono state estese per altri 12 mesi: tra queste sono state confermate il congelamento dei beni di Assad e dei suoi più stretti alleati, le restrizioni sul commercio di petrolio e quelle sulle transazioni finanziarie. I paesi europei non hanno trovato il modo di accordarsi per estendere le sanzioni sulla vendita delle armi, che riguardavano entrambe le parti del conflitto. Formalmente da sabato 31 maggio ciascun governo europeo può decidere autonomamente se inviare armi in Siria – quindi ai ribelli, visto che nessun paese europeo si è schierato ufficialmente a favore di Assad. In pratica Ashton ha detto che per ora nessuno lo farà, almeno fino all’inizio di agosto, dopo che si sarà tenuta, a metà giugno, l’importante Conferenza di Ginevra organizzata da Stati Uniti e Russia per trovare una soluzione alla crisi siriana.

Secondo il quotidiano libanese Daily Star, i ministri degli Esteri dell’UE hanno discusso diverse opzioni. Francia e Gran Bretagna hanno spinto per cancellare l’embargo sulle armi, in modo da poter iniziare a venderle ai ribelli. Già a metà marzo i due paesi si erano detti pronti a inviare armi alla Coalizione Nazionale Siriana – unica opposizione civile riconosciuta a livello internazionale – anche senza l’appoggio dell’Unione Europea. Nonostante il piano non sia stato poi effettivamente attuato, in diverse occasioni Hague e Laurent Fabius, ministro degli Esteri francese, avevano chiesto agli altri paesi dell’UE di agire con più decisione in Siria.

Austria, Repubblica Ceca, Finlandia, Olanda e Svezia avrebbero invece preferito estendere l’embargo sulla vendita di armi per altri 12 mesi: il ministro degli Esteri austriaco ha sintetizzato questa posizione dicendo che inviare armi è “contro i principi” dell’Europa, che è una “comunità di pace”. La Germania e l’Italia sembra che abbiano mantenuto invece una posizione intermedia, per favorire un compromesso.

A favore della posizione francese e britannica potrebbero avere pesato gli ultimi rapporti di intelligence (britannici, statunitensi e israeliani) che avevano dimostrato l’uso ripetuto di armi chimiche da parte dell’esercito di Assad contro civili e oppositori: l’ultima prova è arrivata proprio nella giornata di ieri, quando il quotidiano francese Le Monde ha pubblicato una lunga e dettagliata inchiesta sulle armi chimiche in Siria, realizzata per la prima volta da due giornalisti occidentali.

Inoltre, nell’ultima settimana diversi paesi europei stavano discutendo molto sul coinvolgimento sempre più importante di Hezbollah, gruppo sciita libanese pro-Assad, nella guerra siriana. Nelle zone della Siria vicine al confine con il Libano, come l’importante città di Qusayr, la partecipazione dei militanti di Hezbollah a fianco dell’esercito siriano sta diventando sempre più decisiva, e molti villaggi della regione sono finiti sotto il controllo di Assad. Tra le opzioni valutate per frenare la forza di Hezbollah, c’è stata l’inserimento del gruppo nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’UE, come richiesto una settimana fa dal Regno Unito, e l’aumento della capacità militare dei ribelli, inviandogli delle armi.

foto: William Hague, ministro degli Esteri britannico, e Didier Reynders, ministro degli Esteri belga (AP Photo/Yves Logghe)