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  • Lunedì 20 maggio 2013

La foto simbolo di Dacca

Ha fatto il giro del mondo, è stata scattata dalla fotografa e attivista Taslima Akhter la notte del crollo che ha ucciso 1127 persone

03_Garment Workers in Deathtrap_ Taslima Akhter_ Nobody knows who are they, what is the relation between them but the crude reality make them closer and may be they are trying to save each other and the last moment of their life from the death trap of Savar Rana Plaza_. Embrace in Death. Near about 438 workers died as building Collapse at Savar Rana Plaza. Most of them are women. Savar Dhaka, Bangladesh, 24th April 2013
03_Garment Workers in Deathtrap_ Taslima Akhter_ Nobody knows who are they, what is the relation between them but the crude reality make them closer and may be they are trying to save each other and the last moment of their life from the death trap of Savar Rana Plaza_. Embrace in Death. Near about 438 workers died as building Collapse at Savar Rana Plaza. Most of them are women. Savar Dhaka, Bangladesh, 24th April 2013

Nelle ultime settimane sono circolate moltissime fotografie sul crollo del palazzo di otto piani a Dacca, in Bangladesh, alcune anche molto forti e impressionanti. Dopo 19 giorni di ricerche, il 13 maggio le autorità bengalesi hanno diffuso il bilancio finale: 1127 morti, molti dei quali lavoravano in cinque laboratori adibiti alla lavorazione di tessuti all’interno dell’edificio. Una delle fotografie più significative, che è circolata in brevissimo tempo sui siti e i giornali di mezzo mondo diventando il simbolo di quanto successo, è stata scattata dall’attivista e fotografa bengalese Taslima Akhter, nata a Dacca nel 1974. È stata rinominata “l’ultimo abbraccio” ed è stata pubblicata per la prima volta l’8 maggio dal settimanale Time.

La foto mostra due persone morte, un uomo e una donna, abbracciate in mezzo alle macerie dell’edificio crollato. Da un occhio dell’uomo scende del sangue, come una lacrima. Akhter ha detto di avere scattato la foto alle 2 del 24 aprile, la notte del crollo: si aggirava tra le macerie, esausta mentalmente e fisicamente, quando si è trovata di fronte questa scena incredibile. Ha raccontato a Time: «Mi sentivo come se li conoscessi, come se fossero molto vicini a me. Li guardavo nei loro ultimi momenti, come stavano insieme, come se avessero cercato di salvarsi l’uno con l’altro, di salvare le vite che amavano».

(la foto si ingrandisce con un clic)

Taslima Akhter ha detto di aver voluto rendere pubblica la fotografia affinché si inizi a discutere seriamente di come migliorare le condizioni dei lavoratori tessili in Bangladesh, salvandone il sistema industriale. Akhter non è contraria di per sé alle fabbriche del Bangladesh, ha detto al Post: «Sia i sindacati che i lavoratori vogliono sviluppo e industrializzazione, ma senza sicurezza e salari adeguati lo sviluppo non è possibile». Proprio perché questo sviluppo vada avanti bisogna intervenire, e smettere di pensare che quanto accada in Bangladesh riguardi solo il Bangladesh.

«Chi compra i prodotti dal nostro paese spendendo pochissimo fa sì che il costo del lavoro in Bangladesh resti tra i più bassi al mondo. I compratori stranieri non si preoccupano dei salari dei lavoratori e della questione della sicurezza. Per questo sia i proprietari delle fabbriche, che il governo che anche i compratori stranieri sono responsabili di questa tragedia»

Taslima Akhter è nata a Dacca nel 1974 e si è laureata in fotogiornalismo alla South Asian Media Academy di Pathshala. In passato si è occupata più volte delle condizioni dei lavoratori tessili in Bangladesh, oltre che di altri temi culturali, ambientali e di genere. Nel 2010 ha vinto il terzo premio del Julia Margaret Award per il suo lavoro “La vita e la lotta dei lavoratori tessili“, che è stato anche selezionato nel 2010 per l’Angkor Photo Festival in Cambogia ed è stato esposto in Bangladesh nello stesso anno durante uno sciopero dei lavoratori tessili finalizzato a ottenere un salario più alto.